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Questione di cast

di Giulio Sensi

La macchina organizzativa del programma televisivo “The Mission” viaggia già a pieno ritmo: da quello che trapela il nuovo prodotto, che andrà in onda su Rai Uno fra novembre e dicembre, sarà un vero e proprio reality show nel corso del quale una coppia di personaggi vip italiani dovrà rendere felici le popolazioni povere, accendendo i riflettori su qualche angolo “disagiato” del mondo. Albano Carrisi, uno dei pochi nomi certi del cast che è in difficoltosa via di organizzazione, non è riuscito a trattenere la sua emozione per la nuova avventura ed ha rivelato al settimanale “Chi” quanto segue: “A novembre parteciperò al reality umanitario di RaiUno Mission. Per 10 giorni vivrò tra i rifugiati del Sudan e sarò in mezzo a loro, canterò assieme a loro e mi darò da fare per cercare di aiutarli. C’è qualche rischio (è una zona molto “calda”) ma ci tengo sul serio ad andare lì perché sarà sicuramente una esperienza straordinaria. Mi arricchirà umanamente”.

È carino da parte sua precisare che sarà anche lui stesso ad essere arricchito e non solo i poveri africani che verranno allietati dalla sua miracolosa ugola. Speriamo la apprezzino anche loro, sarebbe molto scortese se non lo facessero.

I nomi del cast, dicevamo, sono ancora top secret ed alcuni dei protagonisti stanno già visitando le zone del reality in Africa per verificare un po’ la cosa. Si parla, oltre ad Albano, di Michele Cucuzza, Barbara De Rossi, Paola Barale ed Emanuele Filiberto. Sicuramente questa avventura per il principe può essere una buona occasione di crescita, ma visti i suoi precedenti musicali pare che siano in atto riti tribali da parte di numerose tribù beneficiarie per scongiurare almeno esibizioni canore. Altri nomi: Elisabetta Canalis, Vittoria Belvedere, Alba Parietti e Dario Vergassola. Capiranno le battute di quest’ultimo?

L’idea del programma non nasce chiusa nelle mura di Mamma Rai: è realizzato in collaborazione con l‘Unhcr e l’Ong Intersos. Dall’Unchr Laura Lucci assicura che stanno collaborando “a questo programma perché abbiamo l’opportunità di far capire al grande pubblico chi sono i rifugiati, perché scappano, quale è il loro background. Pochi sanno che in tutto il mondo ci sono 40 milioni di rifugiati. Molti restano nei campi anche per venti anni. Sono vite spezzate. La nostra priorità rimane quella di proteggere i rifugiati. Saranno raccontate solo le storie di chi decide di essere ripreso dalle telecamere. Saremo i primi a vigilare: i nostri operatori seguiranno passo passo la troupe televisiva, non la lasceranno neanche per un minuto”.

L’intento è quello di non scivolare nel pietismo e nella spettacolarizzazione della povertà, anche se l’idea stessa del reality e dei vip che aiutano i poveri profughi a telecamere accese pare riportare indietro la rappresentazione dei temi della cooperazione internazionale di molti anni. Cosa che sta accadendo massicciamente nel marketing delle Ong italiane, ma questa è un’altra questione che l’Involontario affronterà più avanti.

Una riflessione interessante in questo senso la trovate su Cooperazione.info, il blog degli operatori della cooperazione internazionale. Lucida ed equilibrata, vuole aprire un dibattito su dei temi sempre più difficili da affrontare nel mondo delle Ong italiane. Come negare che il profugo in prima serata accanto al vip può essere una grande operazione a costo zero per gli uffici di fund raising? Meglio che non se ne parli proprio allora? Lo show ha le sue regole e devono essere rispettate.  D’altronde senza il vip il profugo televisivamente non è nessuno -anzi la sua visione disturba il telespettatore e non lo fa sorridere- e le sue sfighe rimangono sconosciute. Meglio l’oblio o il reality?

Ma davvero tutto è lecito? Il dibattito è appunto aperto,  le domande sono molte, le risposte e le prese di posizione poche. Come su moltissimi aspetti del proprio futuro, il mondo della cooperazione internazionale italiano è assente o distratto, concentrato di più nel sopravvivere che nel ripensarsi.

Verranno pagati i vip per fare questo reality? E quanto?

Ma un servizio televisivo pubblico dovrebbe trovare il modo di parlare di quello che accade fuori dai confini nazionali (e fuori anche dalle ambasciate o dagli alberghi dei giornalisti inviati) in angoli martoriati del Pianeta utilizzando format e linguaggi diversi da questi. Evitando di legare tali temi a personaggi che, con tutta la buona volontà e siamo sicuri che ce la metteranno, sono distanti anni luce da quei mondi.

E’ possibile raccontare di più la cooperazione e il mondo nei documentari, nei telegiornali, nei programmi di informazione ed anche in quelli di spettacolo: occasioni ce ne sono molte. Nel frattempo sarà interessante seguire le evoluzioni di “The Mission”. Mi raccomando facciamolo con testa e ironia. Ma facciamolo.


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