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Mission, il massimo che la tv italiana può offrire

di Giulio Sensi

Abbiamo la presunzione di credere che le questioni sollevate nel nostro piccolo in questi mesi sul programma tv Mission siano state utili e opportune. Quando ne abbiamo parlato la prima volta, quando abbiamo iniziato ad avanzare proposte per evitare certe cadute di stile e migliorare l’idea, quando abbiamo pubblicato i costi, quando ci siamo preoccupati per le prime anticipazioni.

Pare comunque, ed è onesto affermarlo, che Mission sia un programma almeno serio, anzi forse a tratti anche troppo triste. Resta da vedere, per chi ne avrà voglia, la seconda puntata, ma non è lo spettacolino che pareva dalle prime anticipazioni. Ma quelle erano discutibili e quindi è stato giusto discuterne. Può disturbare umanamente che le telecamere violino certi drammi e soprattutto che vengano coinvolti alcuni personaggi visti soprattutto nella prima parte del programma, ma il trash è stato scongiurato. Il personal show di Albano e la famiglia Carrisi in fondo è la riprova che la televisione italiana non vuole davvero cambiare e conferma che aveva ragione chi criticava la colonna portante del programma: gli ospiti VIP che c’entrano veramente poco, almeno quasi tutti.

Non vale invece per Francesco Pannofino che ci rivela quanto essere intelligenti e avere stile valga in ogni occasione, pure questa.

Si può dire che la presenza dell’Unhcr e Intersos abbia giovato alla dignitosità del programma? E’ indubbio, e il lavoro deve essere stato molto e non facile. Ma la Rai ora avrà da gestire il diritto di tante altre realtà del terzo settore italiano ad esistere anche nel servizio pubblico. La bicicletta ora va pedalata se ci hanno creduto veramente come dimostrava oggi su twitter il direttore di Rai Uno Giancarlo Leone.

Detto questo c’è tanto da lavorare per migliorare il servizio pubblico su questi temi e restiamo convinti che il buonismo non faccia bene alla cooperazione, anche se è utile alle sue casse. La giornalista di Radio24 Valentina Furlanetto sintetizza così su twitter: “non è un reality e non è trash (sollievo) ma uno pseudo reportage compassionevole dove si chiedono offerte”.

Forse Mission è il meglio che la televisione italiana può offrire. Chi vuole si accontenti, noi no.


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