Solidarietà & Volontariato

S’apra il dibattito: può un volontario essere razzista?

di Giulio Sensi

Prima il fatto, anzi i fatti: Enzo Fasano, il presidente della Croce Rossa di Lucca, decide di non rimanere indifferente alla reazione di alcuni volontari che sui social network e nel “sentito dire” si sarebbero resi protagonisti di esternazioni e discussioni, palesando intolleranza e sfiorando il razzismo e la xenofobia nei confronti degli stranieri che arrivano nel nostro paese. Nella fattispecie quelli più visibili, quelli che si fanno trascinare nel Canale di Sicilia, quelli che ce la fanno e a cui i volontari della Croce Rossa stessa prestano assistenza.

A seguito di questi fatti, e nel contesto della più grande tragedia nel Canale di Sicilia, Fasano decide di scrivere una lettera a tutti i volontari. Lo fa per ricordare i sette valori fondamentali che chi si impegna nella Croce Rossa o nella Mezza Luna Rossa decide, o dovrebbe decidere, di scolpirsi dentro: Umanità, Imparzialità, Neutralità, Indipendenza, Volontariato, Unità e Universalità. “A questi pseudo volontari -scrive Fasano- vorrei far presente che non esistono razze, religioni, culture, colore della pelle, ecc.: esiste unicamente la razza umana!!!!!!! Sono più che consapevole del diritto di ognuno di noi ad esprimere la propria opinione (ci mancherebbe altro!!!), purchè questa non offenda la dignità altrui e non vada contro i Principi fondamentali della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, la nostra Bibbia”.

Da questo fatto nasce anche una manifestazione allegra e intelligente che i giovani della Croce Rossa di Lucca hanno fatto sabato pomeriggio scorso nella città di Lucca.

Ecco, dopo i fatti adesso qualche riflessione. La domanda di fondo in effetti è interessante: può un volontario, nella larga accezione del termine, essere razzista? Beh, perché no? Non deve stupire: il volontario non è antropologicamente diverso dal cittadino, anche il volontariato è fatto di gente, di opinioni, di approssimazioni e perché no, di ignoranza. Perché, ricordiamocelo sempre, il razzismo è ignoranza.

Ma a ben vedere, avere un’opinione critica (anche generica contro gli immigrati) può non essere ignoranza. E chiunque si approcci oggi a questo tema tremendamente attuale e drammatico dovrebbe liberarsi di dosso l’alone di santità e superiorità: se ci sono, come ci sono, così tante persone che diventano intolleranti, un motivo ci sarà. E se quel motivo è basato sull’ignoranza, beh, non occorre essere dei geni per sapere e capire che l’ignoranza ha avuto nella storia sempre più efficaci ragioni della ragione stessa.

Quindi non deve stupire se anche fra gli “angeli del volontariato” ci possano essere dei razzisti o degli intolleranti, o gente che nella vita privata tradisce i principi per cui si impegna con la propria divisa. C’è anche chi li tradisce nella vita da volontario.

Ma la lettera del presidente della Croce Rossa di Lucca e la reazione dei giovani volontari dimostra un’altra cosa: che non c’è bisogno di stracciarsi le vesti o farsi cadere le braccia, che non è uno scandalo irrimediabile incontrare gli intolleranti o addirittura i razzisti, quello che conta, come in ogni momento importante, è la reazione, la scelta, la decisione, l’impegno di affermare i principi diversi, di rimboccarsi le maniche per coltivare l’umanità in dissolvimento, anche in direzione ostinata e contraria se serve.

E non perché quelli che sbarcano dal Canale di Sicilia o che muoiono scandalosamente in mare debbano necessariamente essere salvati a spese nostre. L’ha ben pacatamente detto il sottosegretario agli interni Domenico Manzione al Festival del Volontariato proprio a Lucca: in fondo si tratta di decidere se la vita umana abbia un prezzo e quanto si è disposti a pagare per salvarla. Si tratta di una scelta, appunto, come in tutte le cose. No, non per fare i buoni, ma semplicemente per decidere se scegliere la vita o girarsi dall’altra parte.

Quindi no, ma questa è un’opinione come le altre, un volontario come ogni cittadino non dovrebbe essere razzista, dovrebbe avere ancora più equilibrio, uno sguardo più profondo e umano dentro la realtà. Capire che anche se non ha sulle spalle le sorti del mondo, può fare qualcosa per renderlo più civile anche in questo. E quel qualcosa può essere anche solo non lasciarsi andare al becero senso comune.

Perché una delle ipocrisie più grandi e sottaciute di questo momento storico ha a che fare con quel vizio antico di guardare stupidamente il dito e non la luna: incancrenirsi con l’immagine del problema -i barconi pieni di gente che non ci possiamo più permettere di accogliere, magari prendersela proprio con loro-; e ignorare ciò che muove quel problema: un’instabilità e dei conflitti sempre più diffusi nonostante secoli di pseudo-civiltà uniti all’incapacità delle Nazioni, nella fattispecie europee, ma anche della miserabile laddove presente classe politica dei Paesi di origine, di prendersi un pezzo di responsabilità in mano. E mentre la politica fallisce, l’uomo si arricchisce, la gente non capisce, ancora una volta ci si accanisce sulle vittime, salvando i carnefici.

Non sarà il buonismo a rendere più civile il mondo, ma l’umanità e l’equilibrio di trattare i problemi col loro enorme grado di complessità, scegliendo anche talvolta di tacere per capire piuttosto che di parlare per fugare ogni dubbio che non si è capito un bel niente. Anche in questo i volontari, specie quelli che assistono senza prima chiedere i documenti o guardare al colore della pelle, possono scegliere di dare nel loro mondo il bell’esempio.


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