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Memorie di un vegetariano involontario

di Giulio Sensi

“Malgrado tutto credo ancora che ci sia” cantava Giorgio Gaber “è la passione, l’ossessione della tua diversità che al momento dove è andata non si sa”. Si riferiva all’ideologia.

Lo confesso: sono stato ideologico in un sacco di aspetti della mia vita sociale e personale. Oggi forse sono guarito e devo ringraziare molti pezzi di mondo che ho incontrato. Ma è altra storia. Dove non lo sono mai stato è il cibo: non ho toccato carne per quasi sette anni, mi chiamavano vegetariano. Alla gente piace un sacco attaccare etichette addoso a chi è diverso.

Ho sopportato con perfetta letizia molte derisioni, scetticismi e soprattutto considerazioni sgarbate e ignoranti. Alla fine ho capito come mai i carnivori convinti trattano i vegetariani come femminucce da molestare: perché in sostanza hanno paura che arrivi qualcosa o qualcuno a inibirgli la bistecca o il prosciutto. Una sorta di coprifuoco della proteina animale che li costringa a girare con l’osso in bocca in polverose catacombe della civiltà. E’ una reazione ad una sorta di paura ancestrale.

Così il carnivoro fanatico, quello per intenderci che per contorno al massimo mangia fagioli, l’ho sempre visto più come un uomo delle caverne che come un uomo moderno. Ma sono considerazioni del tutto personali.

Ho ceduto pochi mesi fa davanti ad un vassoio di ottimo prosciutto crudo. Colpa, o merito, di mio fratello e mia cognata e di un bel locale milanese dove l’aperitivo rinforzato mi ha rafforzato. Perché la proteina animale –ve lo dice uno che per anni non l’ha assunta- arriva, Eccome se arriva.

A chi mi chiede perché ero vegetariano rispondo: “perché non avevo più voglia di mangiare carne”. A chi mi chiede perché non lo sono più rispondo: “avevo fame”. Ideologia zero.

Per questo mi fa un po’ sgomentare vedere scannarsi sui social e al bar le persone sul fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia ufficializzato un dato scientifico che la mia professoressa di scienze alle medie già aveva bello chiaro nella testa e ce lo ripeteva sempre: che l’eccesso di carne, e soprattutto di certe carni, è cancerogeno.

Mi sgomenticchio perché ci vedo tanta banalità, tanta superficialità, tanta dabbenaggine. E insieme tanta saggezza di alcuni che dispensano perle di buona alimentazione non poi così difficili da reperire. Si dissolve così il tema delle abitudini alimentari e degli stili di vita e si accendono i riflettori sull’ennesimo fatto visibile, sull’ennesimo destra-sinistra in cui schierarsi, sull’ennessima discussione. Che pare utile più a far passare il tempo sui social alle persone e a dare a tutti la possibilità, giustamente, di sentirsi opinionisti anche della forchetta.

Il cibo poi si sa riguarda veramente ognuno di noi. Quindi tutto ok mi pare, niente di nuovo. Ma da ex vegetariano involontario una piccola perla di inutile saggezza la voglio lasciare anch’io e nasce dall’esperienza. Dopo pochi mesi senza carne mi feci fare le analisi del sangue. Un disastro: colesterolo a mille e parametri sballati. Succede a mangiare male e condire di formaggi ogni pasto. Succede anche senza carne.

Così capii una cosa molto semplice: che aldilà della mia ideologia alimentare, quello che contava era sapere di cosa mi nutrivo, privilegiare ciò che faceva bene, ridurre il più possibile la prossimità con ciò che è tossico, svariare il più possibile, avvicinare solo cose sane. Che poi guarda caso è un consiglio sempre utile nella vita. Mica solo per il cibo.

 


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