Solidarietà & Volontariato

Se ci fosse un cane d’eroe

di Giulio Sensi

Sarà che il mio cane il massimo del blitz che può fare è quello sul pollo che le cucina mio nonno. E che blitz. Sarà che mentre sto scrivendo a tavola questo post, il mio cane mi guarda leccandosi i baffi sperando che qualcosa cada fra i suoi denti. Che Tina, il mio cane, fa paura solo ai polli morti dopo cotti nel brodo. Sarà che le storie dei cani che vanno a morire ai piedi dei loro padroni mi hanno sempre commosso, da Argo in giù. Sarà che trovo imbecille fare polemica sulla storia di un cane poliziotto che è morto compiendo un’azione estremamente seria e delicata. In un momento estremamente serio e delicato.

C’è una grande civiltà dietro la reazione degli abitanti di Parigi a quello che sta succedendo in questi giorni. Un caro e acuto amico che vive nella capitale francese me lo ha confermato oggi in due parole. Compostezza, dignità, voglia di non farsi trascinare in facili estremismi. Moderazione, quella sana. Un pezzo di questa civiltà la scorgo anche dal fatto che la polizia francese, in un momento così delicato della sua attività, abbia celebrato la morte di Diesel innalzandolo a rango di eroe nazionale. Perché considerandolo un collega hanno restituito all’opinione pubblica il senso di quanto i cani addestrati sanno dare alla società anche in termini di sicurezza e protezione.

Raccontando la morte di Diesel, la polizia francese ha fatto una buona comunicazione in un momento in cui mostrare il lato tenero della forza non era scontato. E hanno fatto vedere, con una metafora involontaria, che per essere eroi occorre prima di tutto essere normali. Normali, lineari e senza paura. Proprio come sono i cani con gli umani. Compiere il proprio dovere ogni giorno con fedeltà e rispetto. Eroi normali, come i cani.

Stamani alcune testate online mettevano la notizia della morte di Diesel fra i titoli “importanti”. Stasera l’hanno già retrocessa a box di curiosità. Qualcuno forse si è vergognato a parlare di un cane morto come se fosse una persona. Ma che giornalisti siete. Perché invece la storia di Diesel è estremamente bella. Può servire a spiegare a tutti, anche ai bambini con tenerezza e equilibrio, che questo non è il mondo che vogliamo. Che terrore e bombe non possono essere il nostro futuro. Perché non basta alzarsi in piedi e urlarlo. Serve essere normali ogni giorno. Normali, lineari e senza paura. Nonostante tutto. Come Diesel. E come tutte quelle vittime della guerra senza nome né hashtag. Che non hanno nemmeno un tweet o una candela accesa a farsi ricordare.


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