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Cooperazione & Relazioni internazionali

L’amico di Dio

di Wael Farouq

Il Corano racconta che Abramo – “che Dio scelse per Amico” (Corano 4:125) – si sedette sotto la volta celeste cercando il suo Dio sublime.  Apparve il pianeta Venere. Rapito dalla sua bellezza, Abramo disse: “Ecco il mio Dio!”. Poi, tuttavia, Venere scomparve. Allora Abramo disse: “Non posso amare quel che scompare!”

Apparve la Luna piena. Abramo disse: “Ecco il mio Dio, questo è più grande!” Ma quando la Luna sparì a sua volta, Abramo esclamò: “Non posso amare quel che scompare!”

Spuntò il Sole e Abramo, sopraffatto dalla sua magnificenza, disse: “È questo il mio Dio!” Ma quando tramontò anche il Sole, Abramo disse: “Non posso amare quel che scompare!”

Il senso di questa storia è che la sublimità, la bellezza, la grandezza e la magnificenza non hanno significato se legate all’assenza. Restano incomplete, completandosi solo con la presenza.

Ma perché la presenza? Abramo ci dà la risposta quando commenta lo scomparire di Venere, della Luna e del Sole, in altre parole la loro assenza. Lui non dice “Non posso adorare quel che scompare”, ma dice “Non posso amare quel che scompare”. Abramo cerca l’amore.

Nelle tre religioni abramitiche l’amore è legato indissolubilmente alla fede. Una tradizione orale del profeta Muhammad recita che: “Nessuno di voi crederà, finché non amerà per il prossimo ciò che ama per sé”. Nella Bibbia, d’altro canto, è scritto che: “Se uno dicesse: ‘Io amo Dio’, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”. Per non parlare del celebre comandamento: “Ama il tuo prossimo come te stesso”.

È triste, oggi, vedere molti seguaci delle religioni abramitiche ridurre queste ultime a pure dottrine, che pur sono il frutto delle esperienze di quell’amore fatte dai loro predecessori. Molti pensano che la fede sia la fine della ricerca, la conclusione della strada. Così facendo, tuttavia, si privano di quel cuore pulsante che è in grado, lui solo, di attualizzare e rendere presente (se non addirittura eterna) la religione esistente dall’inizio dei tempi. Questo cuore pulsante è la ricerca dell’amore. Senza questa ricerca, le religioni restano imprigionate nel loro passato, perché l’essere incapaci di attualizzarle attraverso la nostra esperienza significa rinunciare alla loro presenza.

L’amore è la condizione della fede. Solo chi ama può credere. Dio è più grande di quanto conosciamo di Lui. Il vero credente è colui che è mosso dalla curiosità di conoscere ancora di più su Dio, sospinto nei suoi passi dalla certezza che tutto ciò che possiamo conoscere di Lui è scritto nel suo stesso cuore. Il cuore, tuttavia, è come la pietra nella quale è latente il fuoco: se lo sfreghi, arde; se lo lasci stare, si estingue.

La pietra arde al contatto di un’altra pietra, e così il cuore. Un individuo solo, isolato, non può conoscere Dio. Dio non è conosciuto nell’isolamento, la strada verso Dio sono i cuori altrui.


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