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Famiglia & Minori

Fuori dal tunnel (della moda)

di Benedetta Verrini

Sui femminili, in questo periodo, non vedi altro: pubblicità di abbigliamento e scarpe per l’infanzia. Bambini che sembrano pronti ad affrontare (con stile) una nevicata in Minnesota, che giocano in salotti o camerette stilosissime, traboccanti opulenza, gioia domestica e anche un filino di noia.

Il gioco della pubblicità lo conosciamo, ma in tempi di crisi ci spaccia sogni talmente falsi e fuori sincrono che riconoscersi (o anche solo aspirare a farlo) diventa impossibile.Eppure, di questi piccoli Briatori ne vedo un sacco in giro, in citta’ come (se non di piu’) in provincia. E non mi spiego il perché. Non credo che un bambino sia più amato di un altro solo perché ha 500 euro di roba addosso.

Lui che cosa vuole? Secondo me vuole sporcarsi, arrampicarsi su un albero, pestare una bella cacca di cane con quelle sue scarpine firmate. E se non vogliamo fare un discorso di etica del vestire, che poi ognuno a casa sua fa quello che vuole, facciamo un ragionamento più terra-terra.

Qual e’ il ciclo di vita di un abito o di una scarpa da bambino? Da zero a sei anni e’ stagionale: non più di sei mesi. Quanta roba nuova vi resta nell’armadio? Mi piace comprare vestitini per i miei bambini, lo ammetto, ma più passano gli anni più mi rendo conto che non e’ necessario e che loro non ne sentono alcun bisogno. Forse e’ giusto avviare una stagione di semplicità, in cui lo scambio di vestiti tra sorelle, amiche, vicine di casa ha molto più senso che comprare, comprare, comprare. Alla fine di un ciclo di cinque, sei anni, molte tutine, magliette e pantaloni restano belli e integri anche per essere donati a chi ne ha bisogno sul serio.

Il settore moda bimbi fattura 4,3 miliardi di euro l’anno: non si tratta quasi mai di made in Italy, comunque non conosce recessione, perché molti pensano che i bambini non debbano avvertire i rigori di questa fase che attanaglia tutte le famiglie. E se invece a loro facesse bene? Se un atteggiamento di sobrieta’, in barba alla pubblicita’ che ci spaccia il mito di un mondo che non esiste, ci togliesse un sacco di zavorra mentale? Meno forma ma più sostanza, con un’attenzione ai figli che non si traduce in cose comprate, ma in cose fatte tutti insieme.


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