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Cooperazione & Relazioni internazionali

Una agenda per il 2013: 4 priorità per il terzo settore in Europa

di Luca Jahier

Magistrale l’editoriale di Guido Gentili su Il Sole-24 Ore di oggi (http://t.co/Sqm2ga8N). La tesi di fondo, che condivido in pieno,  è il fatto che Agenda Monti o no, che vinca uno schieramento o l’altro, dalla primavera 2011 a dicembre 2012 il nostro legame con l’Europa non si è solo rinsaldato, ma è diventato in qualche misura irreversibile.  Qualcuno dirà che abbiamo subito i diktat (ma le prime scelte furono  fatte dal Governo Berlusconi e tutti i principali passaggi del 2012 hanno ricevuto maggioranze del’80% e oltre in Parlamento e noi siamo ancora una democrazia parlamentare…) qualcun altro dirà che questa era e rimane l’unica strada possibile  e questa anche secondo me è la ragione giusta. Ma rimane il punto che l’intera classe politica italiana ha abbracciato e scommesso sul “vincolo europeo” (compresa la missione europea di Bersani) ed ha impegnato tutta la propria forza sul suo rispetto e il suo rafforzamento. Dal Six Pact al Fiscal Compact fino alla modifica costizionale e alla legge rinforzata sul pareggio di bilancio votata a maggioranza assoluta lo scorso 20 dicembre. Da domani dunque, 1 gennaio 2013, il Fiscal compact entra n vigore in tutta l’Unione europea e questo è un fatto acclarato.

Domani inizia anche la Presidenza a rotazione semestrale dell’Irlanda, il primo grande malato della crisi finanziaria che ha travolto il mondo intero ormai cinque anni or sono. L’Irlanda festeggia il 40° anniversario della sua adesione all’UE e il ministro degli esteri, Gilmore dichiara: “Saremo il primo paese ad uscire dal programma di salvataggio dell’UE e del FMI. Servono realismo e ottimismo. Se vi sembra che le priorità irlandesi e quelle europee siano simili, non sorprendetevi: a questo punto della storia le esigenze coincidono sino in fondo!” Più chiaro di così…

E così è bene guardare alle cinque grandi priorità in agenda dell’UE nei prossimi mesi, sui quali si sta lavorando anche in questi giorni di pausa natalizia. La prima è il bilancio europeo 2014-2020: dopo il fallimento di dicembre, cruciale sarà il Vertice europeo del 7-8 febbraio (in piena campagna elettorale italiana): sul tavolo ci sono 1000 miliardi su sette anni, la Gran Bretagna vuole tagliare del 20%, in ballo ci sono soprattutto i fondi per l’agricoltura e la politica di coesione, sui quali il nostro paese ha non pochi interessi. La seconda è l’Unione bancaria, con una roadmap molto impegnativa, decisa a dicembre, per essere operativi dopo le elezioni tedesche. La terza, per ora più fumosa, è la questione della Unione economica più stretta, ad invarianza dei Trattati. La quarta è il Godot più atteso dai politici e dai cittadini europei: le misure per la crescita. Dopo l’adozione del cosiddetto Compact per la crescita di giugno 2012, ora si dovrà verificare al vertice di marzo quali sono i concreti impegni e misure adottate dai singoli governi nel quadro della Strategia Europa 2020. Il quinto è la controversa entrata in vigore delle regole di Basilea 3 sui requisiti patrimoniali delle banche, nel cui quadro l’UE vuole fare rientrare regole più stringenti sui bonus dei banchieri.

In questo quadro, che tutta la politica nazionale e, speriamo un poco anche il dibattito elettorale, è chiamata ad assumere con responsabile cognizione di causa, mi pare si possano aggiungere 4 questioni specifiche per il terzo settore, chiamato anch’esso, sempre di più, ad assumere il “vincolo” europeo come asse della propria “reformanda” Agenda.

Il primo punto è il 2013, Anno europeo dei cittadini. Al di là delle ripetute retoriche, è chiaro a tutti che l’Europa oggi deve anche far fronte ad una rinnovata e complessa sfida democratica (si veda l’ottimo libro di Goulard e Monti di poche settimane fa, o anche quello di Cohn-Bendit e Verhofstadt) che significa coinvolgere le persone, i cittadini nella costruzione attiva e partecipativa dell’Europa. Una nuova stagione di diffusa imprenditività cittadina può dare nuova linfa alle nostre economie, alle riforma dei sistemi sociali e anche alle prossime elezioni europee del 2014. L’anno europeo è una opportunità da non sprecare, speriamo….

Il secondo punto concerne l’agenda per il rilancio e il completamento del mercato interno. Le diverse e interessanti aperture già verificatesi nel 2012 sull’economia sociale, sull’impresa sociale e sui fondi per l’innovazione sociale quale priorità tematica dei nuovi fondi per le politiche di coesione, devono ora trovare una attenzione strategica. Anche per significare in Europa quegli elementi specifici della straordinaria ricchezza dell’esperienza italiana, come già sottolineato tra gli altri da Stefano Zamagni. Questo può essere il modo per dare una colorazione anche un po’ più nostra al modello dell’economia sociale di mercato, ormai divenuto riferimento nel quadro europeo. Questo può essere il modo per rilanciare quella terza via, tra Stato e mercato, di diversità di impresa che pone al centro la cura e le promozione dei beni comuni, che ha dimostrato in modo comprovato in questi anni di crisi maggiore tenuta economica e capacità diffusa di generare buona occupazione in maniera del tutto significativa.

Il terzo riguarda la drammatica realtà della povertà. Era una delle iniziative faro dell’Agenda di sviluppo dell’Unione europea denominata Europa 2020. Purtroppo grandemente dimenticata nelle applicazioni pratiche, sia a livelo europeo che dei 27 Stati membri e con una crescita rilevante sia dei poveri assoluti che delle fasce di popolazione europea a crescente rischio di povertà (siamo ormai intorno al 25%). Nessun progetto di rilancio che veda spezzarsi l’anello più debole (in questo caso 1/4 della popolazione) può sperare di avere speranza di successo. Inoltre, una scommessa consistente su questa priorità, può essere e lo sappiamo bene, uno straordinario volano per la crescita, l’occupazione e l’innovazione in tutta Europa. Ma è necessaria una grande coalizione sociale per farne una politica vera e praticata.

Il quarto riguarda il soggetto famiglia. Purtroppo è caduta l’ipotesi di fare del 2014 l’Anno europeo della famiglia. Ma nel Parlamento Europeo si è conclusa proprio nei giorni prima di Natale la raccolta di firme per fare del 2014 l’anno europeo della riconciliazione tra lavoro e vita famigliare. Anche il nuovo trio delle Presidenza UE (Irlanda, Lituania e Grecia) si è già espresso a favore. Sappiamo bene che le politiche famigliari restano di stretta competenza degli Stati membri, ma rimettere al centro dell’agenda la questione famiglia è utile non solo per le ben note sfide demografiche e sociali, ma anche per riconoscere il ruolo cruciale che essa svolge quotidianamente, in ogni angolo d’Europa, per la tenuta sociale, la garanzia educativa e la riserva economica e di coesione territoriale.

Queste quattro priorità devono certo sollecitare e interessare la politica, a tutti i livelli,  ma senza un blocco sociale ampio, guidato da un terzo settore moderno ed europeo che se ne faccia carico, non solo in termini rivendicativi, talora pur necessari, ma soprattutto in termini di progetto sociale, economico e culturale ampio e pubblico, praticato e davvero rappresentato, verrà ancora una volta mancato l’appuntamento. E questa volta il peccato di omissione potrebbe essere tragico.  

Buon 2013 a tutti i dirigenti, operatori e amici del terzo settore italiano ! Nelle nostra mani risiedono le chiavi di una sfida politica non seconda a quella che anima il dibattito di questa campagna elettorale.


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