Cooperazione & Relazioni internazionali

25 maggio: VOTATE, VOTATE, VOTATE

di Luca Jahier

Lunedì 19 maggio una notizia ha profondamente scosso la gran parte dei commentatori francesi, L’esito di un sondaggio IPSOS per Le Monde ha rivelato che solo più il 39% francesi crede che l’Unione Europea sia una buona cosa. Che il 54% ritengono che l’Euro comporti più problemi che vantaggi. Di fronte ad un euroscetticismo non nuovo (chi non ricorda la campagna referendaria francese contro il nuovo Trattato di Roma e il fatto che l’attuale Presidente Hollande, allora capo della minoranza dei socialisti francesi fece una esplicita campagna contro la ratifica del trattato, bocciato come quello che avrebbe portato alla direttiva Bolkestein e all’invasione degli idraulici polacchi….) l’accelerazione galoppante di questi risultati consegna una base certa al Fronte nazionale di Le pen, con uil 25% quotato come primo partito. Nel frattempo l’UKIP scala i sondaggi, nella stessa Germania i dati sulle fasce crescenti di lavoratori poveri danno fiato alla crescita di un partito di estrema destra oggi dato intorno al 7%, in Ungheria si teme il successo degli antisemiti di Jobbik  e in Grecia, la scorsa domenica, nelle elezioni amministrative di Atene, il partito neonazuista Alba dorata faceva il 17%….

Per carità di patria, mi astengo dai commenti sul caso italiano, ma posso solo dire di condividere totalmente gli Editoriali di stamani di Marco Zatterin su La Stampa on-li e s di Offeddu e Taino sul Corriere della sera. Anche da noi stiamo scadendo in una campagna vergognosa, liti da cortile e dimentichiamo le formidabili sfide che rappresenta per noi l’Europa. Intanto la situazione in Ucraina si aggrava di ora in ora e l’esplosione della Libia oltre all’indurimento dei controlli sulle libertà fondamentali ci ricordano che alle porte di casa interi popoli sono in subbuglio, con rischi economici, geopolitici e migratori.

https://www.youtube.com/watch?v=xCTBu450aCs&list=UU-PChJp7Tweca3oSCPPn0Aw

Ne ho scritto molte volte su queste pagine e altrove. Siamo di fronte a due fatti indubitabili.

La tremenda crisi finanziaria ed economica e sociale che abbiamo vissuto dal 2008 in poi, il Medio Oriente e l’Ucraina, per non ricordare che tre situazioni maggiori ci dicono con grande evidenza che l’ordine internazionale che abbiamo conosciuto e nel quale confidavamo come progressivo e sicuro dopo la caduta del muro e il boom degli anni ’90 sta cedendo. In questo contesto, malgrado tutti i detrattori, i limiti, le cose da cambiare, l’Unione europea non solo ha tenuto, ma è riuscita persino a rafforzarsi, sia in termini democratici (il ruolo accresciuto del Parlamento europeo e delle dinamiche partecipative dei cittadini) sia in termini di governance (Unione bancaria impensabile anche solo 5 anni fa e Unione fiscale e delle politiche economiche manco a parlarne) che di fattiva e consistente quanto mai  solidarietà (per fermare la crisi dei paesi periferici i paesi UE hanno messo sul piatto oltre 1500 miliardi Euro in due anni, cifra superiore di 13 volte all’attuale bilancio annuale dell’UE e per l’Italia ciò ha rappresentato un aumento del debito pubblico pari a 4 punti di PIL).

Ma nessuno riesce a percepire e narrare questo passo avanti e questo elemento di sicurezza e solidità. Anzi il mondo, o almeno parte di esse, legge come solidità il ritorno della Russia alla antica e mai sopita politica di potenza e di espansione, usando Putin con spregiudicatezza assoluta tutti gli strumenti nelle sue mani. A questa antica e ben nota arroganza del debole, si associa la potenza tranquilla e dilagante della Cina. Il mondo riconosce questo, ma non riesce a vedere la forza, di resilienza e di proposta dell’Europa. Persino i nostri politici e leader sociali ed economici più avveduti, salvo pochissimi, fanno una enorme fatica a rappresentare questo messaggio.

Non sono e non sono mai stato un fan delle teorie della cospirazione. Ma in quanto accade, oltre ad una stanza rassegnazione del nostro continente, vedo anche i chiarissimi segni di un interesse maggiore di altri poteri e potenze, non ultima quelle della grande finanza, a che l’Europa come costruzione politica e soggetto economico sparisca. Il suo ruolo di punta avanzata nella regolazione mondiale dei commerci, della promozione dei diritti umani, della pace, degli standard sociali (UE spende il 50% della spesa sociale mondiale, con il 25% del PIL e il 7% della popolazione), della cooperazione internazionale (siamo tutt’ora il primo donatore mondiale di aiuti), di pur traballante stabilizzazione monetaria (Euro è la seconda moneta di riserva planetaria) è un ostacolo a chi vuole meno regolazione, meno protezione, meno governance, più libertà agli spiriti animali della rapina economica, nuovi assetti dei poteri mondiali. Di fronte a tutto questo le scaramucce tra gli austeri tedeschi e finlandesi, i mercanti olandesi e britannici, gli statalisti francesi o i paesi con forti squilibri strutturali del sud dell’Europa sono semplicemente bazzecole. Rilevanti, ma bazzecole.

Il secondo fatto indubitabile è, come ha ben scritto e argomentato Kenneth Rogoff su il Sole24Ore del 10 maggio, che il mondo oggi sta meglio di 30 anni fa. Da ogni punto di vista. Nel mondo diversi miliardi di persone, soprattutto nel continente asiatico, sono usciti dalla povertà assoluta. E nella stessa Europa, in poco più di un ventennio il reddito medio pro-capite di tutti i paesi dell’Est si è moltiplicato almeno per 4 e quello dei paesi della vecchia Europa è mediamente di di 1,5 volte. E in queste due partite di progresso e di incredibile convergenza economica e sociale l’Unione europea ha giocato un ruolo indubbio, evidente, non contestabile. Certo con errori, squilibri, imperfezioni, crisi, mancanze. Ma la direzione è incontestabile e soprattutto positiva. Quella che ogni persona di buon senso desidera.

Vogliamo perdere tutto questo? Vogliamo consegnare alle generazioni future un continente nuovamente allo sfascio e disintegrato? Allora prendiamo sul serio l’appello ancora reiterato dal Presidente Napolitano in questi giorni e, andiamo a votare, tutti, con la passione civile certo, ma soprattutto con la testa sul collo e con il cervello ben funzionante, lasciando da parte le troppe sirene, che cercano la loro fortuna sulla nostra sconfitta.

E per fare questo mi si permetta di accostare le parole di due persone molto diverse tra loro, soprattutto per la funzione che esercitano. Papa Francesco ha detto nei giorni scorsi ai Vescovi italiani “non cedete al catastrofismo” E l’attuale Presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, è noto per un piccolo Haiku (breve verso giapponese, di cui è cultore), “Passo dopo passo, si va lontano“.

Nel decimo anniversario del grande allargamento dell’UE, nel 25° anniversario, tra pochi giorni, delle prime elezioni libere democratiche in Polonia che aprirono il processo di caduta della cortina di ferro, nel 100° anniversario dell’inizio della Grande guerra mondiale, che nessuno voleva, ma che divenne inevitabile, ricordiamo le parole vive di Vaclav Havel, al PE nel 1994, “Noi possiamo essere tutti diversi, ma siamo tutti nella stessa barca. Possiamo ciascuno combattere per il nostro posto e i mezzi di sussistenza su questa barca, o possiamo metterci d’accordo pacificamente. Io intendo l’Unione europea come un magnanimo slancio per scegliere la seconda strada e garantirci, per la prima volta nella storia, un ordine stabile e solido, basato sulla pace e la cooperazione”

E allora ciascuno convinca almeno un’altra persona ad andare a votare e poi ad avere fiducia in questa Europa che abbiamo costruito, una fiducia attiva e responsabile.


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