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Solidarietà & Volontariato

Siamo ancora in tempo a tornare ad essere umani. Il coraggio di andare

di Dino Barbarossa

“Tu sei importante. Ricordati di te quando il mondo ti dimentica, lascia sempre una traccia su un cuore che passa. Che comunque tutto resta, anche se non te ne accorgi, puoi trovarli negli occhi quei ricordi mai scritti” (il coraggio di andare Pausini – Antonacci). Voglio iniziare cosi questa mia riflessione, perché – per dirla con le parole di don Tonino Bello – “quando comparirete davanti a Dio, chi vi farà le raccomandazioni non saranno né i senatori né i pezzi grossi, ma i poveri della stazione”.

#Francamente tutti noi crediamo che il cambiamento (la rivoluzione) sia impossibile perché spetta ai potenti del mondo e si fa solo armandosi gli uni contro gli altri. Non crediamo, viceversa, che possa realizzarsi attraverso le nostre opere che cambiano i comportamenti altrui.

La “traccia” che siamo chiamati a lasciare è l’insieme dei momenti spesi per il Bene. È la stessa traccia lasciata per noi da chi ci ha preceduto, nella considerazione di quanto sia effimero il nostro tempo e di quanto valga la pena di viverlo per consegnarlo a chi verrà dopo di noi. Mi ha molto colpito, a venti anni dalla sua morte, che Fabrizio De André abbia risposto alla domanda “Qual è il desiderio che vorresti realizzare? Sicuramente, in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, rincontrare mio padre."

Perché ciascuno di noi è la traccia di chi ci ha preceduto, di chi ci ha segnato la strada.

Nel suo messaggio augurale di fine anno, il Presidente Mattarella ci ha consegnato “l’esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita. La vicinanza e l’affetto che avverto sovente, li interpreto come il bisogno di unità, raffigurata da chi rappresenta la Repubblica che è il nostro comune destino. Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore.…..La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza. Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro.…..In altre parole, non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società”.

In questa prospettiva, è importantissimo ritrovare i “corpi intermedi” della società, ridare senso e valore alla “solidarietà”, tornare ad avere rispetto per “chi svolge seriamente, giorno per giorno, il proprio dovere; quelli di chi si impegna volontariamente per aiutare gli altri in difficoltà”.

La sensazione che ho è che i nuovi moralisti vogliano fare piazza pulita di tutto ciò. Che preferiscano il dialogo diretto con la pancia dei cittadini e che stiano costituendo una società dell’odio.

Si, odio è la parola dura ma esatta per esprimere quanto sta accadendo, spesso senza darvi il giusto peso. La mia speranza è che il Terzo settore si ripopoli di buoni sentimenti e di persone disinteressate, che sappia autoregolarsi e cacciare via i tanti affaristi che lo hanno stravolto e che non permettono più di vedere il tanto bene che fa alle Comunità, ai cittadini più fragili.

“Il nostro è un Paese ricco di solidarietà. Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche istituzioni. È l’“Italia che ricuce” e che dà fiducia”. È questa la vera rivoluzione che mi aspetto oggi, la “traccia” che vorrei lasciare a chi verrà dopo di me, quel coraggio di andare verso l’altro e cercare un abbraccio, quella comprensione che ad alimentare la vita non sono i beni, ma l’amore; non la voracità, ma la carità; non l’abbondanza da ostentare, ma la semplicità da custodire”


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