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Reciprocità, un concetto orizzontale e verticale

di Dino Barbarossa

Il punto di partenza di una Società basata sull’equità e sulle pari opportunità per ogni essere umano è la reciprocità, ovvero il pensare che ciascuno di noi è utile a se stesso e agli altri e che non esistono differenze di status fra le persone.

Questo approccio non è affatto figlio del populismo (anzi!), ma della convinzione che nasciamo tutti per il medesimo motivo: essere testimoni di un Amore più grande che si propaga attraverso le nostre azioni.

L’idea di una scala sociale che divide gli uomini fra ricchi e poveri, geni e scarti, buoni e cattivi, bianchi e neri,…è il frutto di una società in cui si permette una distribuzione iniqua della ricchezza e che si fonda sulla competizione.Da questa visione nascono le guerre, le carestie, l’inquinamento, la morte di interi ecosistemi…pratiche di distruzione del Pianeta.

A questa visione si può contrapporre una visione economica che pone la persona al centro dell’economia e che non lascia indietro nessuno.

Occorre in questa direzione che si consenta alle persone di costruire piccoli ecosistemi in cui vivere dignitosamente

avendo ciò che questa dignità pretende: casa, lavoro, salute, educazione…ciò a cui tutti miriamo e non si comprende perché debba esserci chi ha troppo e chi non ha nulla.

Ho già espresso – in questa fase difficile che stiamo vivendo – il pensiero che Papa Francesco sia il vero leader, l’unico a guidarci verso una direzione di speranza e di salvezza.

Nell'omelia di ieri il Papa ha commentato il Vangelo (Gv 15, 1-8) in cui Gesù dice ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto … Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla».

“Rimanete in me e io in voi”. Anche Lui rimane in noi, non solo noi in Lui. È un rimanere reciproco. Nel rapporto fra la vite e i tralci c’è un bisogno reciproco, un rimanere reciproco per dar frutto.In questo “rimanere” reciproco c’è la fecondità, perché ci viene chiesta la testimonianza.Quando nel Vangelo dice che noi siamo luce, dice: ‘Siate luce, perché gli uomini vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre’, cioè la testimonianza è la necessità che ha Gesù di noi. Dare testimonianza del suo nome, perché la fede, il Vangelo cresce per testimonianza”.“Tante volte noi, quando parliamo della vite e dei tralci, ci fermiamo alla figura, al mestiere dell’agricoltore, del Padre, che quello che porta frutto lo taglia, cioè lo pota, e quello che non porta frutto lo taglia”. “È vero, fa questo, ma non è tutto, no. C’è l’altro. Questo è l’aiuto: le prove, le difficoltà della vita, anche le correzioni che ci fa il Signore. Ma non fermiamoci qui. Tra la vite e i tralci c’è questo ‘rimanere’ intimo. I tralci, noi, abbiamo bisogno della linfa, e la vite ha bisogno dei frutti, della testimonianza”.

Ma questa relazione vitale verticale, ha bisogno di una altrettanto vitale relazione orizzontale per incarnarsi nella storia, nella nostra vita.

Siamo chiamati alla testimonianza, a “lasciare una traccia” per chi verrà dopo di noi. L’obiettivo di una società più giusta è frutto di un insieme di piccoli gesti di bene che producono altro bene.Siamo, invece, così egoisti, cosi stupidi da pensare che qualcosa ci appartiene? Ci verrà chiesto conto di questo e saranno quei poveri che abbiamo scartato a farlo, quando ci presenteremo alla fine della vita e ci verrà detto: ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e non mi avete visitato, carcerato e non siete venuti a trovarmi.

La reciprocità è un valore così palpabile da poterlo scoprire soltanto praticandola, possiamo far finta di non vedere o di non capire, ma la realtà sarà più forte della nostra indolenza e ci sarà sempre un momento della vita in cui spereremo che qualcuno si chini su di noi e ci cinga le vesti.

La reciprocità non si basa sullo scambio equivalente, non richiede che le capacità dei soggetti che la agiscono siano eguali. La reciprocità, infatti, postula la proporzionalità e non l’equivalenza, come già Aristotele aveva ben compreso: ognuno dà in proporzione alle sue effettive capacità. Per l’altro verso, mentre il primum movens dello scambio di equivalenti è il perseguimento di un interesse (legittimo), la reciprocità inizia sempre da un atto di gratuità: ci si incontra con l’atteggiamento di chi vuol fare un dono, non di chi vuol stringere un affare. (Stefano Zamagni)

La reciprocità non può esistere senza la Prossimità, senza il farsi prossimo con la certezza di essere prossimo di chi hai di fronte. Ma ciò è possibile se la si agisce senza attendersi un contraccambio immediato e tangibile, senza condizionarla ma lasciandola libera di agire secondo il cuore.

«Non ci si salva da soli, ci si salva insieme»: con queste parole don Oreste richiamava al senso e all’importanza dell’essere Comunità, del costruire insieme un nuovo modello di Società, la Società del gratuito, che postula un modello economico come quello dell’Economia di condivisione.

È proprio lo stesso concetto espresso da Papa Francesco Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti

Si potrebbe dire che “insieme” è il termine che rende universale la proposta di un’Economia di condivisione, non un concetto inarrivabile, ma la scelta di compiere piccoli gesti quotidiani accessibili a tutti. L’Economia di condivisione parte dal cuore dell’uomo, chiede a ciascuno di dare un contributo al proprio territorio ed alla propria Comunità, di dare un’anima all’Economia futura perché sia più giusta, sostenibile e con un nuovo protagonismo di chi oggi è escluso. L’Economia di condivisione, questo “avere in comune”, questo “dividere con”, vivendo la propria vita insieme alle persone più emarginate, combattendo le ingiustizie e le distorsioni della società, ci spinge a non sprecare nessuna risorsa, superando i semplici obiettivi del guadagno e del risparmio per mettere al centro la creazione di legami autentici. L’obiettivo è quello di arrivare a un autentico patto per cambiare l’attuale economia e dare un’anima a quella di domani, costruire l’economia sull’Amore.

Un’economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda» …"Solo chi conosce la gratuità può dar vita a nuove economie, perché è la gratuità che dà il giusto valore al denaro". (Papa Francesco)


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