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La fame non è solo una tragedia, ma anche vergogna

di Dino Barbarossa

Sono parole di Papa Francesco, contenute nel videomessaggio per la Giornata mondiale dell'alimentazione, che cade quest'anno nel 75mo anniversario dalla fondazione della Fao.

Il Papa invita la comunità internazionale a prendere una decisione coraggiosa: “Costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari ‘un Fondo mondiale’ per poter eliminare definitivamente la fame”. In un’epoca piena di contraddizioni, è necessario rispondere alla sfida della fame nel mondo con azioni concrete perché è “una vergogna” per l’umanità che tanti “continuino a morire per mancanza di cibo”.

È evidente – e il #Covid19 lo ha reso ancor più chiaro – come l’attuale modello economico stia concentrando la ricchezza nelle mani di pochi e stia generando nuove sacche di povertà, nuovi scarti umani in tanti Paesi del Mondo.

Per questo motivo, la realizzazione concreta di un’equità sociale, politica, economica, che parta da scelte degli Stati verso l’azzeramento del debito dei Paesi più poveri e verso l’orientamento di risorse importanti nella direzione dell’aiuto alle economie locali, trova un rilancio importante nella Giornata mondiale dell'alimentazione che si celebra nella data della fondazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura.

Siamo appena all’inizio del decennio promulgato dall’ ONU per sostenere l’Agricoltura Familiare, per consentire di sfruttare appieno il potenziale degli agricoltori familiari…ma siamo già in ritardo per salvare il Pianeta dall’agricoltura intensiva e destruente, per salvare interi territori dalla desertificazione o dalle alluvioni, dalla deforestazione o dallo sfruttamento insensato. La nostra civiltà, così competitiva e individualista, con i suoi frenetici ritmi di produzione e di consumo, i suoi lussi eccessivi e gli smisurati profitti per pochi, ha bisogno di un cambiamento, di un ripensamento, di una rigenerazione.

Per l’umanità la fame non è solo una tragedia ma anche una vergogna. È provocata, in gran parte, da una distribuzione diseguale dei frutti della terra, a cui si aggiungono la mancanza di investimenti nel settore agricolo, le conseguenze del cambiamento climatico e l’aumento dei conflitti in diverse zone del pianeta. D’altra parte si scartano tonnellate di alimenti. Dinanzi a questa realtà, non possiamo restare insensibili o rimanere paralizzati.

Così il tema della 75^ Giornata mondiale dell’alimentazione, “Coltivare, nutrire, preservare. Insieme", diventa occasione di speranza per persone e popoli. Non basta, infatti, produrre cibo, ma è importante garantire che i sistemi alimentari siano sostenibili e offrano diete salutari e accessibili a tutti. Si tratta di adottare soluzioni innovative che possano trasformare il modo in cui produciamo e consumiamo gli alimenti per il benessere delle nostre comunità e del nostro pianeta, rafforzando così la capacità di recupero e la sostenibilità a lungo termine.

Riguardo alla fame siamo tutti responsabili, dice ancora il Santo Padre, per questo è ancora più necessario promuovere “un’agricoltura diversificata” e lo sviluppo rurale dei Paesi più poveri. È davvero paradossale che, nonostante un’accresciuta sensibilità e nonostante tutti gli sforzi compiuti fin qui, il numero delle persone colpite dalla fame e dall’insicurezza alimentare sta crescendo. E l’attuale pandemia non farà che peggiorare le cose.

Ecco allora che Papa Francesco lancia la sua proposta, all’interno dell’Enciclica Fratelli Tutti:

Una decisione coraggiosa sarebbe costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari “un Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei paesi più poveri. In tal modo si eviterebbero molte guerre e l’emigrazione di tanti nostri fratelli e delle loro famiglie che si vedono costretti ad abbandonare la propria casa e il proprio paese per cercare una vita più dignitosa.

Già nella Sua lettera ai Movimenti popolari, il Santo Padre ebbe a richiamare come tanti uomini e donne che si battono per la cura della loro terra e per i loro diritti civili, sono resi invisibili dall’attuale sistema economico.

Eppure, continua voi siete per me dei veri “poeti sociali”, che dalle periferie dimenticate creano soluzioni dignitose per i problemi più scottanti degli esclusi.

Le soluzioni propugnate dal mercato non raggiungono le periferie, dove è scarsa anche l’azione di protezione dello Stato. E voi non avete le risorse per svolgere la sua funzione. Siete guardati con diffidenza perché andate al di là della mera filantropia mediante l'organizzazione comunitaria o perché rivendicate i vostri diritti invece di rassegnarvi ad aspettare di raccogliere qualche briciola caduta dalla tavola di chi detiene il potere economico. Spesso provate rabbia e impotenza di fronte al persistere delle disuguaglianze persino quando vengono meno tutte le scuse per mantenere i privilegi. Tuttavia, non vi autocommiserate, ma vi rimboccate le maniche e continuate a lavorare per le vostre famiglie, per i vostri quartieri, per il bene comune. Questo vostro atteggiamento mi aiuta, mi mette in questione ed è di grande insegnamento per me.

Penso alle persone, soprattutto alle donne, che moltiplicano il cibo nelle mense popolari cucinando con due cipolle e un pacchetto di riso un delizioso stufato per centinaia di bambini, penso ai malati e agli anziani. Non compaiono mai nei mass media, al pari dei contadini e dei piccoli agricoltori che continuano a coltivare la terra per produrre cibo senza distruggere la natura, senza accaparrarsene i frutti o speculare sui bisogni vitali della gente. Vorrei che sapeste che il nostro Padre celeste vi guarda, vi apprezza, vi riconosce e vi sostiene nella vostra scelta.

So che siete stati esclusi dai benefici della globalizzazione. Non godete di quei piaceri superficiali che anestetizzano tante coscienze, eppure siete costretti a subirne i danni. I mali che affliggono tutti vi colpiscono doppiamente. Molti di voi vivono giorno per giorno senza alcuna garanzia legale che li protegga: venditori ambulanti, raccoglitori, giostrai, piccoli contadini, muratori, sarti, quanti svolgono diversi compiti assistenziali. Voi, lavoratori precari, indipendenti, del settore informale o dell’economia popolare, non avete uno stipendio stabile per resistere a questo momento… e la quarantena vi risulta insopportabile. Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti.

A costoro, Papa Francesco si rivolge sottolineando che possiedono una cultura, una metodologia, ma soprattutto quella saggezza che cresce grazie a un lievito particolare, la capacità di sentire come proprio il dolore dell'altro.

Certamente la Decade ONU dell’Agricoltura Familiare rappresenta un’occasione irripetibile per evidenziare un’alternativa possibile, anche perché le aziende agricole famigliari rappresentano oltre il 90 percento di tutte le aziende agricole mondiali e producono circa l'80 percento – in termini di valore – del cibo consumato al mondo. Si tratta quindi di attori fondamentali per sviluppo agricolo e per porre fine alla fame e a tutte le forme di malnutrizione.

Il Piano d'Azione Globale http://www.fao.org/3/ca4672en/ca4672en.pdf rappresenta una guida per la comunità internazionale riguardo ad azioni collettive e coerenti che possono essere intraprese durante la decade.

Tra le altre cose, sottolinea la necessità di rafforzare l'accesso degli agricoltori familiari a sistemi di protezione sociale, finanziamenti, mercati, formazione e opportunità di reddito.

Per realizzare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile di Fame Zero e cancellazione della povertà, dobbiamo investire nei piccoli agricoltori a livello familiare e aiutarli a sfruttare appieno i loro asset, le loro conoscenze ed energie, e dare loro la forza di trasformare le loro vite e le loro comunità. Le scelte che facciamo ora determineranno se i nostri sistemi alimentari futuri saranno sani, nutrienti, inclusivi, resilienti, sostenibili o meno.

Gli agricoltori familiari sono davvero attori importanti dello sviluppo sostenibile, l’agricoltura familiare include la produzione di ogni tipo di alimento – a base di piante, carne, pesce o altri prodotti animali come uova e latticini, e cibo coltivato su terreni agricoli, nelle foreste, sui monti o in allevamenti ittici – che venga gestita e operata da una famiglia e la cui forza lavoro sia composta principalmente da membri del nucleo famigliare, sia uomini che donne. Gli agricoltori familiari producono alimenti sani, diversificati e culturalmente appropriati e forniscono la maggior parte del cibo sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati. Generano opportunità di lavoro sia nei campi che nell'indotto e aiutano le economie rurali a crescere. Preservano e ripristinano la biodiversità e gli ecosistemi e usano metodi di produzione che contribuiscono a ridurre o ad evitare i rischi dei cambiamenti climatici. Tramandano le conoscenze e le tradizioni di generazione in generazione e promuovono l'equità sociale ed il benessere delle comunità.

Anche se gli agricoltori familiari producono la maggior parte del cibo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo sono spesso – paradossalmente – poveri. Faticano perché non hanno accesso alle risorse e ai servizi necessari a sostenere la produzione e la vendita dei loro prodotti; perché le infrastrutture sono scadenti; perché le loro voci sono inascoltate nei processi politici; e perché l'ambiente e le condizioni climatiche da cui dipendono sono minacciati. Generalmente le donne si confrontano con difficoltà maggiori, mentre i giovani delle comunità rurali sono spesso vulnerabili a causa della mancanza di incentivi per opportunità di lavoro nei campi o nell'indotto.

Nell’Anno Laudato Si, proclamato da Papa Francesco per sottolineare l’importanza e l’urgenza di prenderci cura della Casa comune, abbiamo celebrato il Tempo del Creato (dal 1 settembre al 4 ottobre 2020), il cui tema è stato proprio quello del Giubileo della Terra.

La parola Giubileo ci rimanda alla necessità di contemplare, di “riposare” nella Terra e chiedere un’equa redistribuzione dei suoi beni a tutti gli uomini, a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, per nuovi stili di vita.

Spesso abbiamo pensato di essere padroni e abbiamo rovinato, distrutto, inquinato, quell’armonia di viventi in cui siamo inseriti. È l’«eccesso antropologico» di cui parla Francesco nella Laudato si’. È possibile rimediare, dare una svolta radicale a questo modo di vivere che ha compromesso il nostro stesso esistere? Cominciamo con l’assumere uno sguardo contemplativo, che crea una coscienza attenta, e non superficiale, della complessità in cui siamo e ci rende capaci di penetrare la realtà nella sua profondità. Da esso nasce una nuova consapevolezza di noi stessi, del mondo e della vita sociale e, di conseguenza, si impone la necessità di stili di vita rinnovati, sia quanto alle relazioni tra noi, che nel nostro rapporto con l’ambiente.

È indispensabile, allora, che si crei un contesto politico che faciliti l'agricoltura familiare a livello locale, nazionale e mondiale, garantendo la possibilità a tutti coloro che la portano avanti di sostenersi e sostenere le loro micro economie. Serve promuovere la sostenibilità dell'agricoltura familiare per sistemi alimentari resilienti al clima, facilitando l'accesso ai sistemi commerciali, alla gestione responsabile della terra, alle risorse idriche e naturali.

Si raggiunge così l'obiettivo Fame Zero 2030 e il secondo degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030: sradicare la fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile.

L’Agricoltura famigliare è simbolo di una nuova umanità, in cui si agisce personalmente e comunitariamente al tempo stesso e con piccoli gesti quotidiano si sconfigge la fame e ci si prende cura del pianeta. E’ la famiglia che si riunisce e diventa generativa e contribuisce alla creazione del bene comune, sostenendo chi si trova nel bisogno e distribuendo il raccolto secondo il bisogno di ciascuno.


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