Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

Impedire il male o promuovere il bene

di Bernardino Casadei

Potrebbe a prima vista sembrare una questione di lana caprina, ma in realtà il fatto che in un ordinamento prevalga la volontà di impedire il male o piuttosto quella di promuovere il bene è un aspetto fondamentale per la vita di un Paese.

È abbastanza evidente come in Italia prevalga il tentativo di utilizzare la legge per cercare di impedire il male. Vengono individuate modalità sempre più complesse e sofisticate con l’obiettivo di impedire comportamenti scorretti e non è raro che norme che potrebbero favorire l’emergere di comportamenti utili alla comunità vengano bocciate perché potrebbero essere utilizzate anche per perseguire finalità contrarie all’interesse pubblico. In realtà non occorre essere dei fini giuristi per capire come quest’approccio sia destinato al fallimento. La saggezza popolare ci insegna che fatta la legge trovato l’inganno, inganno che risulta particolarmente semplice quando ci si trova ad operare un ordinamento estremamente complesso e quindi necessariamente pieno di norme poco coordinate fra di loro se non chiaramente contraddittorie.

Se quest’approccio si sta rivelando particolarmente inefficace nel suo tentativo di impedire il male, esso invece riesce perfettamente a bloccare ogni comportamento privato volto a promuovere il bene comune. Le norme che vengono facilmente eluse da chi vuole delinquere si trasformano spesso in ostacoli insormontabili per tutti coloro che invece vorrebbero dare il proprio contributo per perseguire finalità d’utilità sociale. Tutti coloro che operano nel cosiddetto terzo settore potrebbero raccontare infiniti aneddoti di situazioni paradossali con cui si devono confrontare quotidianamente e la necessità che impone loro di dar vita a comportamenti che farebbero impallidire le ottocentesche frodi pie.

In realtà, questo approccio nasconde una visione alquanto degradata e riduttiva della persona umana il cui unico fine sarebbe quello di cercare di soddisfare in modo effimero, effimeri bisogni. Non ci si deve quindi scandalizzare se, in una società che di fatto nega la dignità e la responsabilità del singolo, quest’ultima diventi sempre più rara e problematica. Il fondamento dell’umana convivenza non viene più cercato nel senso di libertà e di giustizia, concetti che giustamente Croce indicava come sinonimi, ma nel rispetto di astratte procedure che si prestano perfettamente ad essere utilizzate da chi, con la menzogna o con la frode, le vuole impiegare per imporre il proprio dominio sulle moltitudini dei semplici.

Si tratta di un approccio che ben si concilia con una visione degradata della libertà, la quale non si identifica più, come ci insegna l’intera tradizione classica, nel vivere secondo giustizia, ma nel poter fare quello che ci pare, senza capire che una volontà che è schiava dell’errore, dell’ignoranza o delle proprie passioni, ben difficilmente potrà essere libera, anche se dotata di tutto il potere necessario per soddisfare ogni sua voglia. Per questo ogni tentativo di combattere la corruzione in nome di un moralistico appello all’onestà che non abbia la capacità di analizzare criticamente il fondamento del vivere civile, è necessariamente destinato a rovesciarsi nel suo contrario, cosa che del resto la storia recente si è ampiamente incaricata di dimostrare.

Per chi è invece convinto che il bene comune non possa essere semplicemente il frutto dell’operato della pubblica amministrazione o del dispiegarsi degli automatismi del mercato, ma dipenda anche dall’azione responsabile dei cittadini, da soli o nelle formazioni sociali nell’ambito delle quali si manifesta la loro personalità, bisogna invece creare un’infrastruttura sociale che abbia come fine quello di promuovere il bene e non concentri più le sue energie nell’elaborazione di deresponsabilizzanti procedure che dovrebbero garantirci nei confronti di qualsiasi comportamento contrario all’interesse comune.

In questa prospettiva la filantropia istituzionale può svolgere un ruolo fondamentale. Essa, infatti, mette a disposizione di tutti gli strumenti per perseguire ciò che ritengono giusto, bello e buono. Proprio perché parte dal dono, ossia da un atto libero di fiducia nell’altro, essa può permettere di innescare quel circolo virtuoso di cui tutti sentiamo così fortemente la necessità. In ultima analisi, proprio perché non riconducibile nella sua essenza al pensiero strumentale dominante, il che naturalmente non significa che essa sia immune da strumentalizzazioni, essa può rappresentare quella leva in grado di sollevare il mondo, permettendoci di cogliere nuovi orizzonti e di ritrovare quella speranza che troppi sembrano oggi aver perso.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA