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Attivismo civico & Terzo settore

Fornitori, partner, clienti o … questuanti

di Bernardino Casadei

Il rapporto fra enti d’erogazione e beneficiari dei loro contributi si fonda chiaramente su una relazione di dipendenza. Da un lato vi è chi ha i soldi e non è soggetto a particolari pressioni, dall’altro vi è chi invece ha bisogno di quelle risorse, a volte, per sopravvivere. Si tratta di una situazione sicuramente non bilanciata che può a volte spingere l’erogante a trattare il ricevente come un questuante e quest’ultimo a comportarsi come un mendicante.

Per evitare che ciò accada è indispensabile che l’ente d’erogazione pensi se stesso come investitore sociale e non come un elemosiniere in grado di distribuire prebende a chi le richieda con i dovuto modi. Essere investitori sociali implica però alcuni comportamenti che non sono ancora diffusissimi nel nostro Paese da entrambi i soggetti coinvolti. Da un lato bisogna essere in grado di identificare sin da subito quale potrà essere il ritorno dell’investimento, cosa che pochi fanno, dall’altro è necessario riflettere su chi sia in grado di individuare le modalità operative che permettano di conseguire gli obiettivi desiderati.

Se l’ente d’erogazione è convinto di essere nelle condizioni migliori per individuare la soluzione migliore ad uno specifico problema, l’ente non profit tenderà a trasformarsi in una sorta di fornitore, in grado di mettere a disposizione quelle competenze tecniche, conoscenze e risorse senza le quali l’obiettivo non potrebbe essere conseguito se non ha costi troppo elevati. Se, al contrario, l’ente d’erogazione è convinto che solo l’organizzazione che si confronta quotidianamente coi problemi è in grado di individuare la soluzione più efficace, è chiaro che quest’ultima tenderà a trasformarsi in un vero e proprio cliente che è necessario servire e sostenere se si vuole realmente valorizzare al meglio le risorse di cui si dispone.

In ogni modo, sia che il beneficiario venga considerato un fornitore, un cliente o un partner con cui conseguire un obiettivo comune, diventa fondamentale per l’ente d’erogazione individuare modalità operative che permettano alla controparte di operare nel modo più efficace, evitando inutili sprechi di risorse. Purtroppo non è sempre così. La tendenza a cadere nella trappola di chi sa che tanto l’altro si deve adeguare, perché è lui che ha bisogno, è molto forte. Non sempre gli enti d’erogazione dedicano tempo a riflettere su come semplificare la presentazione delle richieste di contributi o della documentazione di rendicontazione, non sempre si domandano se vi possono essere degli strumenti che possano fornirli di quanto hanno bisogno senza imporre oneri altrimenti evitabili alle loro controparti o si chiedono se quanto richiesto è veramente tutto indispensabile e proporzionale alla quantità del contributo che potrà essere erogato.

Si tratta invece di domande fondamentali se effettivamente su vuole che il proprio contributo abbia il massimo impatto possibile. Costringere un’organizzazione a distogliere risorse dalla sua missione per poter soddisfare le proprie esigenze, magari semplicemente perché è più comodo farsi mandare lo statuto tutte le volte nel caso possa servire, piuttosto che recuperarlo autonomamente solo in caso di necessità, può certamente semplificare la propria operatività, ma finisce inevitabilmente per generare una gestione inefficiente delle risorse che la comunità destina per finalità d’utilità sociale.

Per questo non solo è necessario chiedersi come facilitare la vita delle nostre controparti, siano esse fornitori, partner o clienti, ma è anche indispensabile domandarsi come trasformare quella che è una necessaria pratica burocratica, come la presentazione di una richiesta di contributo, in un’opportunità di crescita dell’organizzazione stessa, la quale, attraverso tale attività, deve poter usufruire di strumenti che l’aiutino a validare, se non a migliorare, la propria idea progettuale. Inoltre, è fondamentale trovare le modalità che possano permetterci di valorizzare tutte le informazioni che attualmente vengono raccolte e che, una volta conclusa l’attività per cui sono state raccolte, sia essa la selezione, piuttosto che la verifica di un’iniziativa finanziata, vengono semplicemente archiviate senza che nessuno si chieda se esse possano essere utili agli enti d’erogazione, piuttosto che agli enti beneficiari o alla comunità in generale per imparare, crescere, migliorare.

L’assemblea di Assifero che sarà ospitata il 7 e 8 giugno dalla Fondazione Bertini a Milano, cercherà di approfondire tali aspetti, individuando possibili modalità operative che permettano una gestione più efficace, oltre che più rispettosa della reciproca dignità, fra erogatori e gestori dei contributi. Affermare che la filantropia è sviluppo non deve ridursi ad un mero slogan dal sapore retorico, ma deve trasformarsi in un impegno quotidiano in grado di indirizzare, anche le attività più minute apparentemente meno importanti, di chi vuole contribuire alla crescita, non solo morale e civile, ma anche economico e sociale del nostro Paese.


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