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I fondi nominativi per disabili. Un’innovazione tutta italiana

di Bernardino Casadei

I fondi nominativi per disabili sono stati sperimentati per la prima volta nel 2008 dalla Fondazione Comasca, la quale, attraverso un’attenta lettura della legge sulle onlus, si è resa conto che non vi era alcun ostacolo normativo alla creazione, al proprio interno, di patrimoni segregati finalizzati a garantire il benessere di specifiche persone disabili. Inoltre, dato che, a differenza di altri Paesi come gli Stati Uniti dove, perché l’attività di beneficenza sia considerata tale, essa non deve essere fatta a favore di parenti, nel nostro ordinamento non è stato previsto tale vincolo, ma solo l’effettivo stato di svantaggiato della persona che riceverà l’aiuto, tali fondi avrebbero tranquillamente potuto essere alimentati dalle donazioni dei genitori, fratelli ecc. permettendo a questi ultimi di usufruire dei benefici fiscali previsti per i contributi fatti a favore delle onlus.

Malgrado gli evidenti benefici di questo nuovo strumento per tutti coloro che devono assistere una persona svantaggiata e che possono così conseguire un rilevante risparmio fiscale e benché la legittimità di tale strumento fosse sancita da un giudice che, in una causa di divorzio, ha stabilito che il padre dovesse versare la propria quota proprio in un fondo a favore della figlia disabile costituito presso la Fondazione Comasca, per diversi anni sono stati in pochi ad utilizzare tale opportunità. Da un lato vi era il comprensibile timore da parte delle famiglie che hanno un congiunto disabile, le quali guardano con comprensibile sospetto innovazioni che potrebbero nascondere delle fregature e, dall’altro, non erano pochi gli operato del settore che contestavano la legittimazione di una soluzione che poteva apparire uno strumento per eludere le tasse.

Ora però la situazione sta cambiando e un numero crescente di soggetti sta approfondendo tale opportunità. Grazie all’attività di informazione e di sensibilizzazione promossa dalla Fondazione Italia per il Dono onlus, la Legge 112 del 22 giugno 2016 ha introdotto in modo esplicito la possibilità di creare fondi dedicati a favore di singoli disabili, sancendo così la correttezza dell’intuizione sviluppata circa otto anni prima dalla Fondazione Comasca. In realtà la legge va ben oltre a quanto sperimentato a Como dato che prevede che nel caso che questi fondi vengano costituiti con beni immobili o mobili registrati, questi ultimi possano rientrare nella disponibilità della famiglia alla scomparsa della persona disabile.

Per chiunque abbia un congiunto che si trova in una situazione di svantaggio, il fondo nominativo presso un intermediario filantropico può rivelarsi una modalità molto efficace per:

  1. Accumulare risorse in modo fiscalmente efficiente per far fronte ai bisogni specifici della persona svantaggiata e questo già nel “durante noi”. In pratica tutte quelle spese a favore della persona disabile che non sono altrimenti deducibili, lo possono diventare trasformandole in donazioni a favore dell’intermediario filantropico che poi utilizzerà tali risorse sulla base delle indicazioni del donante per assistere la persona svantaggiata;
  2. Garantire alla persona svantaggiata una rendita con cui questi possa far fronte alle sue esigenze specifiche quando le persone che attualmente si prendono cura di lei, di norma i genitori, non ci saranno più, il classico “dopo di noi”. Questo obiettivo può essere perseguito attraverso la stipula di un’assicurazione. Anche in questo caso vengono fatte a favore del fondo da una o più persone delle donazioni con tutti i vantaggi di natura fiscale che ciò comporta, stabilendo che queste risorse dovranno essere utilizzate dall’intermediario filantropico per pagare il premio dell’assicurazione;
  3. Mettere a disposizione della persona svantaggiata un patrimonio immobiliare sapendo che alla sua morte questo ritornerà nella disponibilità della famiglia, così come è stabilito dalla citata legge 112. Mentre le prime due opzioni sono possibili per tutte le persone svantaggiate, quest’ultima è vincolata al fatto che essa deve essere a favore di persone con disabilità grave così come definita dall’art. 3 comma 3 della legge 104 del 1992.

Rispetto all’utilizzo di un trust, la creazione di un fondo speciale nell’ambito di un intermediario filantropico è molto più rapida, semplice ed economica. Inoltre il tutto è regolato dalla normativa italiana, mentre l’istituto del trust prevede necessariamente l’utilizzo di norme che appartengono ad altri ordinamenti. Peraltro, può essere interessante notare come, anche in quei Paesi dove il trust è di casa: gli Stati Uniti, piuttosto che il Regno Unito, il trust per finalità filantropiche è considerato un istituto troppo vecchio e rigido e si tende a sostituirlo con la costituzione di fondi presso intermediari filantropici, i quali stanno infatti crescendo a ritmi esponenziali.

Anche rispetto alla creazione di un fondo speciale presso un ente che si occupa direttamente di persone disabili, l’utilizzo dell’intermediario filantropico può offrire alcuni vantaggi interessanti. Innanzitutto, l’intermediario filantropico, essendo un ente d’erogazione, ossia un ente che si limita ad erogare le risorse che ha a disposizione, ha un rischio imprenditoriale estremamente basso, mentre un’organizzazione che eroga servizi e che quindi di fatto gestisce, pur senza finalità di lucro, un’attività economica potrebbe effettivamente fallire, con conseguenze molto delicate per i fondi nominativi destinati a singoli disabili che fosse stata chiamata a gestire.

Un altro aspetto che deve essere preso in considerazione nella scelta dell’infrastruttura a cui appoggiarsi è la possibilità di ridurre al massimo eventuali conflitti d’interesse, cosa particolarmente rilevante se si considera come spesso l’erogazione dei servizi a favore della persona disabile potrebbe avvenire molti anni se non decenni dopo la decisione di costituire il fondo. Se l’ente che gestisce le risorse è anche quello che eroga il servizio, il rischio di un potenziale conflitto d’interesse è evidente. Conferendo invece la gestione del fondo ad un ente terzo, il quale tenderà ad utilizzare l’organizzazione non profit indicata dalla a suo tempo dalla famiglia, ma con la possibilità di individuarne un’altra se, per qualche ragione, questa non dovesse più risultare adeguata, si hanno maggiori garanzie che il benessere della persona disabile possa essere perseguito nel migliore dei modi.

Un ultimo aspetto da considerare riguarda la competenza specifica del soggetto chiamato a gestire il fondo non solo per quel che riguarda gli aspetti finanziari, ma anche per quanto concerne le modalità di cura di soggetti svantaggiati. Anche da questo punto di vista un intermediario filantropico può rappresentare una scelta interessante. La sua attività istituzionale lo pone in costante relazione con tutti i soggetti attivi nel settore, siano essi donatori, enti d’erogazione o organizzazioni non profit e nel contempo gli permette di sviluppare una competenza specifica nella raccolta e nell’analisi della rendicontazione di quanto realizzato. Tutto ciò lo mette nelle migliori condizioni per verificare la congruità delle attività svolte a favore della persona svantaggiata e quindi essere in grado di intervenire in caso di necessità. Infine gli intermediari filantropici possono essere, per loro natura, utilizzati per mobilitare ulteriori donazioni.

Tutti questi elementi hanno fatto sì che la creazione di fondi nominativi per singoli disabili presso intermediari filantropici sia diventato un tema in grado di attirare un crescente interesse. Benché i numeri siano ancora molto limitati, per esempio, presso Fondazione Italia per il Dono, sono attivi tre fondi il cui fine è quello di garantire un rendita a specifiche persone disabili e un altro paio con l’obiettivo di migliorare sin da subito la vita di altrettante persone svantaggiate; sono sempre più numerose le persone che chiedono informazioni in materia. Si tratta certamente solo di primi passi, ma che dimostrano come partendo dalla società civile, dando concretezza al principio di sussidiarietà e valorizzando le enormi potenzialità del dono sia possibile creare, anche nel nostro Paese, un’infrastruttura sociale che possa prendersi cura dei disabili e più in generale di tutte le persone svantaggiate per il bene di tutti e di ciascuno.


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