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Intermediazione filantropica e disabilità

di Bernardino Casadei

L’intermediazione filantropica può rivelarsi uno strumento molto efficace per far sì che gli incentivi previsti dal nostro ordinamento permettano effettivamente di attivare quei meccanismi di solidarietà e di sussidiarietà che sono indispensabili per la creazione di un welfare che sia effettivamente sostenibile e capace di rispondere ai crescenti bisogni della nostra società. Ciò è particolarmente vero nell’ambito della disabilità, il quale è caratterizzato da necessità sempre più articolate e differenziate che difficilmente potranno essere soddisfatte dall’intervento pubblico.

Le potenzialità dell’intermediazione filantropica possono essere attivate sia per sostenere iniziative strutturali volte a creare una società maggiormente in grado di rispondere alle esigenze delle persone diversamente abili, sia per implementare specifici progetti di vita a favore di singoli disabili. Queste note si concentreranno soprattutto su questo secondo aspetto, senza peraltro dimenticare che entrambi sono fondamentali e che solo un approccio che permetta di svilupparli in modo coordinato potrà rivelarsi realmente efficace.

Sono sostanzialmente quattro gli strumenti che l’intermediazione filantropica può offrire ad una persona che voglia assistere una persona diversamente abile:

Mentre, se si vogliono massimizzare i benefici fiscali, i primi due strumenti possono concretizzarsi solo all’interno di un intermediario filantropico, il terzo è il quarto possono essere costituiti coinvolgendo altri soggetti. È infatti possibile utilizzare un ente non profit operativo a cui si vuole attribuire il compito di assistere la persona disabile, piuttosto che un qualsiasi studio professionale. I vantaggi dell’utilizzo di un intermediario filantropico è che esso ha una conoscenza delle diverse esigenze delle persone disabili che difficilmente un qualsiasi studio professionale può sviluppare, non incorre nei potenziali conflitti di interesse che potrebbe avere chi poi è chiamato ad erogare il servizio, non corre i rischi imprenditoriali di chi, pur senza finalità di lucro, svolge un’attività imprenditoriale ed è inoltre potenzialmente in grado di mobilitare nuove donazioni e risorse a favore della persona disabile in caso di necessità.

La scelta di quale strumento o quale combinazione di strumenti utilizzare dipende necessariamente dal caso concreto che si è chiamati a gestire, ma è comunque possibile indicare alcuni criteri che possono essere utilizzati per stabilire come operare. Uno degli elementi che deve essere considerato è la possibilità che le risorse messe a disposizione della persona disabile, alla sua morte, ritornino nella disponibilità della famiglia. Questa opportunità è esplicitamente prevista per i fondi speciali e per i trust, mentre è impossibile per i fondi dedicati e le assicurazioni. Naturalmente il problema non sussiste per quelle situazioni in cui non sono previsti residui alla morte della persona disabile. Tale è il caso delle somme che vengono destinate al fondo per essere utilizzate in tempi brevi per far fronte alle esigenze della persona disabile o per pagare il premio dell’assicurazione dato che, per contratto, con la scomparsa della persona disabile cessano le obbligazioni da parte dell’assicurazione. L’unica eccezione è il caso in cui la persona disabile dovesse morire prima del genitore che ha stipulato l’assicurazione a suo favore, ma questo rischio è insito nella natura stessa di un contratto aleatorio come quello assicurativo. Il problema non si pone neppure nel caso in cui si sia stabilito che le eventuali somme residue debbano essere destinate ad altri progetti di utilità sociale, eventualmente a favore di persone che hanno bisogni analoghi, cosa che è molto probabile nel caso la persona disabile sia l’unico erede.

Quanto invece, alla morte della persona disabile, è interesse della famiglia ritornare in possesso del bene destinato, diventa necessario scegliere fra i fondi speciali e i trust. Nel caso dovesse trattarsi solamente di uno o più immobili, la soluzione senz’altro più semplice, veloce ed economica è la creazione di un fondo speciale, mentre qualora si dovesse trattare di patrimoni più complessi e strutturati, è necessario costituire un trust, il quale permetterà alla famiglia di rientrare in possesso di quanto non è stato utilizzato dal disabile durante la sua vita.

Naturalmente è anche possibile dar vita a combinazioni di strumenti diversi. Per esempio, si può utilizzare un fondo dedicato per raccogliere le risorse necessarie per adeguare un’abitazione alle esigenze specifiche della persona disabile e pagare l’assistenza di cui questi potrebbe aver bisogno per iniziare una propria vita autonoma; stipulare un contratto assicurativo così che sia disponibile una rendita per far fronte agli oneri collegati alla manutenzione dell’abitazione e ad altre esigenze a cui la persona diversamente abile non potrebbe far fronte con le proprie risorse; garantirsi che questi potrà usufruire di quell’abitazione attraverso la costituzione di un fondo speciale, nella certezza che alla sua morte questa ritornerà nella disponibilità della famiglia.

Mentre il fondo dedicato e l’assicurazione possono essere costituiti senza alcuna formalità, i fondi speciali e i trust necessitano dell’atto pubblico. In alternativa è possibile costituirli per via testamentaria, soluzione che appare preferibile perché, oltre ad essere gratuito, il testamento è sempre modificabile e adattabile a nuove esigenze che dovessero sorgere. Se però ci si vuole garantire contro la possibilità che eventi della vita possano impedire l’effettivo trasferimento di detti beni a favore della persona disabile, oltre ad utilizzare 2645 ter del codice civile, che permette di imporre il vincolo di destinazione nei confronti dei terzi, si può fare una donazione che eventualmente può essere stabilita “cum moriar”, il che significa che essa diventerà operativa solo alla morte del donante, ma, a differenza del testamento, è da considerarsi vincolante.

Tutti questi strumenti godono di rilevanti benefici fiscali e un loro più ampio e diffuso utilizzo permetterebbe di fare in modo che le già rilevanti risorse private che vengono destinate per gestire queste situazioni, spesso con modalità opache, possano venire utilizzate con maggiore trasparenza ed efficacia generando benefici per le persone disabili, le loro famiglie, la comunità nel suo complesso e la stessa amministrazione dello Stato che potrebbe così, in ossequio al principio di sussidiarietà, indirizzare le proprie risorse, in modo più oculato, dove il suo intervento è più necessario.


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