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Sanità & Ricerca

Attraverso la Sindone una riflessione sul corpo malato

di Noria Nalli

Ne ho già parlato in altre occasioni. Venire a contatto con la malattia significa anche trovarsi a riflettere sulla propria visione del mondo, magari riconsiderando il proprio rapporto con la fede. Le persone che ci circondano spesso ci offrono considerazioni e consigli sulla preghiera e il loro credo personale,  cercando di convertirci. Quante volte poi ci invitano a partecipare a pellegrinaggi nei luoghi di culto più svariati. Io vivo a Torino e nella mia città,  in questi giorni, si sta svolgendo l’ostensione della Sindone. Molte persone e moltissimi malati stanno raggiungendo il duomo di Torino per ammirare il sacro velo. Io quest’anno non riuscirò ad andare, ma voglio fare una riflessione sui motivi che mi hanno indotto in passato a partecipare ad una visita guidata alla Sindone. Sono credente anche se non troppo praticante, ma non è la fede l’aspetto principale che mi ha spinto. L’immagine sindonica è quella di un corpo martoriato e offeso, come quello dei malati, come il nostro. In particolare, il Cristo è stato colpito alla testa, alle braccia, le mani, le gambe i piedi,  come simbolicamente accade a noi malati di sclerosi. L’uomo della Sindone soffre portando la croce, per poi risorgere. Spesso la croce viene usata come metafora della malattia, da cui si può guarire o imparare a convivere, a “risorgere”. Visitare e osservare il telo sindonico è un’ottima occasione di riflessione sul significato di vita, malattia, morte o guarigione. È una fantastica opportunità di ripensare al proprio corpo e al nostro rapporto con la nostra fisicità. Non importa se fu davvero il lenzuolo in cui venne avvolto Gesù, ma rappresenta un simbolo. La Sindone è la metafora della condizione umana, un potente simbolo del corpo malato.

 

 

 


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