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Evangelii Gaudium. Papa Francesco: “L’uomo non è uno scarto”.

di Marco Dotti

Ci sono debiti che sembrano strutturati per non estinguersi mai e da cui non è possibile liberarsi. Si instaura su questo debito infinito la «tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole» di cui parla la Evangelii Gaudium, la prima esortazione apostolica di Papa Francesco, resa pubblica nella giornata di oggi.

Ferme le parole del Papa contro l’avanzata di una “cultura” che «considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare».

Abbiamo, si legge, «dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi” ».

A fronte di tutto ciò, esistono ancora tecnici, tecnocrati e burocrati al servizio delle istituzioni finanziarie che si premurano di difendere «le teorie della “ricaduta favorevole”» del libero mercato, secondo cui il profitto degli uni avrebbe  benefiche ricadute su tutti. Durissimo il commento del Papa:

«Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare».

La nuova tirannia è una tirannia del tempo, una sua patologia: svilisce la speranza nell’attesa senza scopo, annacqua il cinismo in quel simulacro della trascendenza che è la “fiducia” nel potere autoregolamentatore del mercato. La logica della rendita e del debito ha sopravanzato quella del lavoro: chi gode della rendita (il rentier) sta al vertice di una piramide da cui non scorge gli ultimi che quella rendita garantiscono, ingabbiati dalle catene del debito.

Vediamo solo ciò che non ci turba e, finché non lo vediamo, crediamo che il mondo non sia turbato dai nostri privilegi: «La cultura del benessere ci anestetizza e perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo».

Perché non ci turba? Una delle ragioni è per Papa Francesco da ritrovare nel rapporto perverso istituito dall’uomo col denaro. Una vera idolatria ha trasformato il denaro da strumento a fine.

«Una delle cause di questa situazione si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società. La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo».

Che fare, dunque? Per il Papa serve coraggio. Serve, ad esempio, «una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! (…) Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano».


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