Ubi fiscus, ibi imperium. Chi controlla il cuore dello Stato?

di Marco Dotti

Venerdì, a Matrix, su Canale 5, durante le solite e inutili chiacchiere del “toto ministri”, quella vecchia volpe di Fabrizio Cicchitto  (già PDL ora NCD) ha lanciato una bordata su cui vale la pena riflettere. Cicchitto dà un consiglio Renzi, «come già lo diedi a Enrico Letta»: prestare attenzione al nodo del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Semplice divagazione? Frase scontata? Roba da toto-ministri? (A proposito, va ricordato che in Italia si può oramai scommettere legalmente, tranne che sulla politica. Andate in una agenzia di scommesse e chiedete).,

Tutt’altro. Alle Finanze, sottolinea Cicchitto, c’è un ministero nel ministero, una «zona grigia» fatta di tecnici, di funzionari, di procedure e persino di “sviste”. Non bastasse la teoria (il motto ubi fiscus, ibi imperium: “dove c’è il fisco, lì c’è il potere”, è vecchio di secoli) ce ne siamo accorti anche nelle pratica minuta,  in questi mesi, con la questione Imu, poi con quella mini-Imu, con l’affaire Banca d’Italia, con gli pseudo-condoni ai signori delle slot e non da ultimo con tutti i provvedimenti #noslot variamente bloccati, stoppati o emendati al fotofinish anche in conseguenza di relazioni provenienti da quel ministero. Aveva destato sgomento, in proposito, l’emendamento-punizione contro gli enti locali noslot, approvato dal Senato nel dicembre scorso col Decreto “Salva-Roma”. A suggerirlo, dichiarò la madrina dell’emendamento Chiavaroli, proprio voci del Ministero. Tassare o penalizzare l’azzardo equivarrebbe, per quelle voci, a procurare un danno erariale. Di contro, tutelare l’Erario significa tutelare le famiglie, aggiunse la senatrice del Nuovo Centro Destra.

Insomma, l’apparato che presiede al dicastero cui competono entrate, politica economica, controllo su spese pubbliche e adempimenti di bilancio (insomma, tutto) avrebbe una sua autonomia dalla politica. Fornendo spesso ai decisori numeri e relazioni sbagliate che hanno spesso compromesso provvedimenti e leggi. Ci sarebbe di che fermarsi. Altro che Colpo di Stato o diktat della Merkel. Tutto un parastato farebbe sistema e questo “sistema” costituirebbe il nervo più oscuro, teso, intricato di una deriva fiscale che non vede argine – nemmeno nella politica.

A presiedere l’attuale ministero è Fabrizio Saccomanni. Due sono i sottosegretari: il primo, è Alberto Giorgetti che da politico ha saputo farsi tecnico e da sempre si vede attribuire, sotto governi di ogni orientamento colore, la delega ai giochi. Fu lui – parole della senatrice Chiavaroli – a suggerire l’emendamento anti-regioni e anti-comuni del “Salva-Roma”, adducendo il fatto che interventi noslot producono «un danno all’erario». (Uomini di Angiolino Alfano, scriveva l’Huffinghtonpost → qui).

Il secondo è Pier Paolo Baretta, del PD. Strano caso anche quello di Baretta: nel dicembre del 2012, Baretta sottoscrisse l’interpellanza sulla “Trasparenza dei giochi d’azzardo” presentata dall’onorevole Luigi Bobba (→qui il riferimento dal sito di Baretta).

Un anno e passa dopo, però, Baretta si è trovato dall’altra parte dei banchi, ancora per rispondere a a un’interrogazione proprio di Bobba. Al question time presentato in Commissione Finanze da Bobba e Marco Causi (altro deputato PD), l’11 febbraio scorso Baretta ha risposto con dati che, a nostro avviso, non corrispondono a quelli su cui andrebbe avviata la discussione.

Eccoli:

Da dove ha preso i suoi numeri – imponibile lordo –  il sottosegretario Baretta? Non certo dall’ex Aams (l’Agenzia autonoma dei Monopoli di Stato), visto che a un primo riscontro non sembrano coincidere nemmeno con quelli. Dunque? Ha sbagliato imponibile e calcoli? Oppure dobbiamo davvero dare ragione a Cicchitto rilevando  che il Ministero delle Finanze è, di fatto, un “ministero nel ministero”? Meglio (o peggio, dipende) un “governo nel governo”?

A differenza di Giorgetti (passato da An al Pdl, di cui è stato coordinatore regionale in Veneto e, infine, approdato al Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano),  Baretta ha un passato da segretario della Cisl e nel “sociale”. Non  ha però mostrato differenza nella logica scelta per la sua risposta: ogni azione di contrasto all’azzardo legale provoca danno erariale, quindi… Ecco le parole di Baretta: «le numerose iniziative di Regioni e Comuni con normative fortemente limitanti per il gioco legale ha prodotto una riduzione dell’offerta e degli introiti” e dunque “questo punto necessita di approfondimento anche alla luce delle posizioni di molti enti locali».

Un tempo insegnavano che la politica era l’arte di mettersi in mezzo, mediando fra ragioni tecniche e passioni/tensioni sociali. Oggi lo spettro si è completamente rovesciato e la (s)ragione tecnica è il muro che sempre si frappone laddove alla politica si chiede di tornare a essere politics, decisione, e non mera policy, amministrazione.

 


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