Delega sui giochi, ce n’è davvero bisogno?

di Marco Dotti

Il sottosegretario Giovanni Legnini lascia e – vista la sua nomina al Csm – raddoppia. Poco male, perché a forza di sentirsi rispondere tutto e nulla – proverbiale il «bisogna contemperare gli interessi in gioco» con cui Legnini concludeva le sue interviste sui temi delicatissimi dell’azzardo di Stato – viene da pensare che il vuoto di potere sia quanto di più auspicabile vi siaTranne, ovviamente, per coloro che in quel vuoto vorrebbero infilarsi.

Le lobbies, in primo luogo, che da sempre chiedono – e hanno – voce in capitolo su questa delega, fino a pochi mesi fa appannaggio per diritto quasi divino di Alberto Giorgetti, che infatti la ricoprì senza soluzioni di continuità, cambiando casacca di partito e noncurante dei cambi dei governi (che, d’altronde, parevano curarsi ben poco anche di lui, avendolo sempre lasciato al suo posto). Ma non mancano anche associazioni e opinionisti che, tra i “buoni”,  chiedono al governo di “coprire quel vuoto”, quasi il problema risiedesse in quella mezza casella mancante e commissioni, governo e parlamento non potessero fare da sé.

Sia come sia, solo quattro giorni fa avevamo visto un Legnini sicurissimo di se rispondere alla sacrosanta questione posta dall’onorevole Paola Binetti. Questione che così semplifichiamo: perché un Concessionario dello Stato (italiano) per l’azzardo legale, Lottomatica (GTech), può permettersi di andare all’estero e pagare a un altro Stato (inglese) le proprie tasse? La lunga e cavillosa risposta di Legnini sembra la copia carbone di quelle che, mese dopo mese, anno dopo anno, lobbies e affini hanno estratto dal loro cilindro paraministeriale. [La alleghiamo in calce al pezzo]. Ma vale, su tutto, il ragionamento conclusivo dell’onorevole Binetti:

…perché tutti i discorsi sull’azzardo legalizzato e di Stato devono essere declinati in termini di politica fiscale?

Perché una “delega sui giochi” – questo sono io, umilmente, a dirlo, non la Binetti – deve cadere necessariamente nell’ambito del Ministero dell’Economia e non in quello della Salute?

Le richieste di occupare presto e subito la poltrona del delegato ai giochi dal governo non è funzionale a questa logica?  Una logica che, invece, dovremmo far saltare – nell’interesse di tutti!

Dichiara comunque in aula la Binetti: « Risulta davvero sorprendente che la genialità italiana, quella che noi stiamo perseguendo in tutti i modi, anche con un’opportunità concreta e su cui abbiamo discusso anche a proposito del “decreto competitività” e che in fondo riflette questa capacità di produrre un sapere nuovo che si imponga all’attenzione, a un’attenzione internazionale, si sia tutta concentrata nell’operazione del gioco. (…)ho citato, e l’ho citato molto volentieri, quello che diceva Passamonti (presidente di Confindustria Gioco, ndr) rispetto alla follia del sistema in Italia, ma sa cos’altro dice Passamonti ? Che i primi che soffrono per la ludopatia sono loro, i concessionari del gioco. Peccato che soffrano per ragioni totalmente diverse da quelle per cui soffrono i malati ! Probabilmente, la sofferenza, lì, è una sofferenza da portafoglio; quest’altra, invece, è una sofferenza che tocca il cuore, che tocca la mente, che tocca la salute a tutto tondo delle persone. Quindi, ringrazio il sottosegretario, lo ringrazio per le informazioni che ci ha dato, però, veramente, faccio appello a tutta la sua sensibilità perché su questo problema le risposte non siano lette esclusivamente in termini di politica fiscale. La politica fiscale è certamente necessaria, l’equità della politica fiscale è al cuore della riflessione anche sull’Europa: tutti imploriamo una riduzione della pressione fiscale, quando si parla di famiglie, quando si parla di realtà veramente ad alto rischio. Per piacere, rispetto al gioco, non analizziamolo solo utilizzando come chiave di interpretazione la politica fiscale».

*   *   *

Camera dei Deputati, lunedì 8 settembre 2014

Interpellanza urgente dell’on. Paola Binetti (resoconto stenografico, tratto da Camera.it)

PAOLA BINETTI. Signora Presidente, intendo illustrare la mia interpellanza cominciando proprio dal problema, pensando che potrebbe non essere così chiaro anche per tutti i colleghi che ci ascoltano, oggi, in questa sala.

Lottomatica Group Spa, nell’ottica di sviluppare il suo business su scala mondiale, nel giugno 2013 ha cambiato la sua denominazione in GTECH, controllata dal gruppo De Agostini al 53,7 per cento, ed è oggi leader mondiale, sia come operatore commerciale che come fornitore di tecnologia in vari settori: lotterie online, istantanee e tradizionali, concorsi a pronostici, scommesse a totalizzatore e a quota fissa, gaming machine, terminali di gioco, sistemi centrali di controllo, software e servizi associati attraverso canali multigaming, giochi interattivi e servizi commerciali; un’industria di tutto rispetto. In Italia opera sia come concessionario esclusivo per determinati giochi come lotterie istantanee tradizionali, sia come concessionario non esclusivo per giochi come le scommesse sportive e gli apparecchi da intrattenimento; è presente anche nel settore dei servizi alle imprese e ai cittadini tramite Lottomatica Italia Servizi. È l’operatore leader a livello mondiale nel campo dei sistemi diprocessing ad alta sicurezza per le lotterie online, con attività in circa 60 Paesi in tutto il mondo in cui progetta, vende e gestisce una gamma completa di terminali per punti vendita abilitati alla gestione delle lotterie e sistemi centrali, terminali e servizi. Quindi l’interlocutore Lottomatica GTECH rappresenta nel nostro Paese un punto di riferimento estremamente importante perché ha un impatto tecnologico molto alto, una rete di commercializzazione molto sviluppata e una capillarità di presenze sul territorio che ne fanno, davvero, un soggetto particolarmente rilevante nel mondo del gioco d’azzardo. Quali sono i suoi ambiti di sviluppo ? Attualmente si è aggiudicata la gestione di una lotteria statale negli Stati Uniti, in Illinois, e in questo modo ha effettuato la più grande acquisizione commerciale da quando è iniziata la crisi economica. Per 6,4 miliardi di dollari la ex Lottomatica comprerà la società di Las Vegas, International Game Technology, diventando il primo gruppo al mondo nell’intera gamma dei giochi, aggiungendo alla leadership nel settore delle lotterie anche quella delleslot machine. Questa operazione, per capire la portata che ha, supera quella compiuta dalla FIAT che per 4,35 miliardi di dollari ha recentemente acquisito il 41,5 per cento di Chrysler. Le ultime acquisizioni che si ricordano da parte di una società italiana risalgono ai tempi di Enel nel 2007 e 2009 (13,5 miliardi di dollari) e di Finmeccanica nel 2008 (oltre 5 miliardi di dollari). Stiamo parlando, oggettivamente, di colossi di cui in Italia, in questo momento, non si vedono gli eguali.

In questo modo, una delle storiche famiglie industriali italiane, detentrice del marchio De Agostini, realizza una scalata cominciata nel 2002 con l’acquisizione di Lottomatica, proseguita nel 2006 con l’acquisizione da 4,7 miliardi di dollari dell’americana Gtech e proprio attraverso la Gtech si compirà questa nuova acquisizione. Entro la prima metà del 2015, il gruppo De Agostini sarà proprietario del 47 per cento della nuova compagnia, che sarà di diritto inglese e sarà quotata in Borsa soltanto a New York. Interessante è cercare di immaginare quali siano le prospettive future di questa operazione. Indubbiamente è l’ultima operazione compiuta dai big dell’azzardo. La nuova società abbandonerà la Borsa di Milano per essere quotata a Wall Street. L’accordo è l’ultimo di una serie nel processo di consolidamento del settore del gioco alle prese con la rapida crescita dei giochi on-line. Obiettivo del gruppo, che finora ha fondato il suo successo sulle cospicue giocate degli italiani, è quello di ridurre l’esposizione sul mercato italiano, considerato ormai maturo.

  Su questo punto ritornerò nella mia esposizione, perché lo considero un punto realmente il tallone d’Achille dell’operazione, che non è soltanto un’operazione economica e commerciale. Infatti, ritenere maturo il sistema italiano a tal punto da cercare la via dell’esportazione significa per certi aspetti anche una ricerca insidiosa e pericolosa di nuovi clienti sul territorio nazionale, clienti che non potranno che essere rappresentati dalle classi più deboli e più fragili. D’altra parte, considerare maturo il sistema italiano tanto da giocare l’operazione esportazione, significa aver saturato il sistema. Se il sistema è stato saturato vuol dire che molto è stato guadagnato, ma anche che molti danni, che molte ferite, che molta sofferenza lo stesso gioco ha occasionato. Su questi due punti, la riduzione e quindi anche le necessità di individuare nuovi target che riguardano un futuro e la consapevolezza del fatto che riguarda il danno occasionato, costituiscono in realtà, poi, alla fin fine, il cuore di questa interpellanza. È un modo come un altro per dire che in Italia l’azzardo ha raggiunto un punto di espansione difficilmente superabile. Secondo gli analisti del Politecnico di Milano, in Italia non ci sono molti altri margini di crescita in un settore che vede circolare più di 80 miliardi di euro l’anno. Il passaggio di Gtech negli Stati Uniti potrebbe consentirgli di rifinanziare anche il suo indebitamento a tassi più convenienti per acquisire la leadership nel mercato dei giochi in USA, Paese che, a differenza dell’Italia, ha ancora grandi potenzialità di crescita.

L’interpellanza, come è noto, vuole sapere se corrisponda al vero tutto quello che ho appena esposto e che di fatto costituisce un’acquisizione di dati presenti sui mezzi di comunicazione, sulla stampa, anche del settore, e soprattutto se la posizione che viene ad assumere Gtech, dal momento che sarà presente su un mercato borsistico che non è quello di Piazza Affari ma quello di Wall Street, avrà qualche implicazione su quello che preoccupa tanto il nostro Ministero dell’economia e delle finanze, cioè il gettito fiscale atteso. Quali sono adesso i dati che permettono di inquadrare meglio queste osservazioni e che permettono di dare senso a questi timori ma che nello tempo permettono di guardare, in qualche modo, a un prossimo futuro – quindi non ad un futuro chissà quando da venire, ma a un prossimo futuro – con la consapevolezza che la saturazione del mercato ha contribuito abbondantemente alla creazione di quella patologia che chiamiamo dipendenza grave da gioco d’azzardo (GAP), che i giornali si ostinano a chiamare ancora ludopatia e che definisce davvero un’area di grande sofferenza nel nostro Paese ? Otto miliardi e quattrocento milioni di euro è la cifra che l’erario ha incassato nel 2013 dal gioco legale e responsabile. La definizione viene direttamente dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli e comprende la vasta gamma dell’offerta dello Stato italiano in materia di giochi, scommesse e congegni a denaro. La cifra è composta da intrattenimenti di ogni genere: dal Bingo alle scommesse sportive, che si attestano intorno ai 162 milioni. Le cenerentole del settore sono i giochi a base ippica, che producono entrate per appena 38 milioni di euro, e i cosiddetti skill game – esempio principe è il Texas hold’em, il poker americano – quantificabili all’erario intorno ai 100 milioni di Euro Rilevanti i 641 milioni dei giochi numerici a totalizzatore – il Supernalotto, ad esempio – ma i giochi più problematici sono: il Lotto – 1,2 miliardi – le Lotterie Nazionali – anche loro si aggirano intorno al miliardo e mezzo – tra cui spiccano anche i gratta e vinci. Ma i veri top players nel bilancio appaiono sotto la voce «Raccolta erariale dai giochi» alla voce, appunto, «apparecchi». Non si tratta tanto degli innocui «Comma 7» – ovvero i flipper, i biliardi e biliardini vari, che appartengono quasi all’archeologia di questi giochi e che raccolgono appena 24 milioni di euro – ma delle cosiddette New sloto giochi per il divertimento Awp e delle videolottery, che sommate si attestano sui 4,3 miliardi di euro (3,2 le prime e 1,1 le seconde) e costituiscono circa la metà del gettito fiscale proveniente dai giochi. Gli apparecchi, quindi, costituiscono il 50 per cento della raccolta totale dei giochi in Italia: un giro da affari da 47 miliardi, a fronte degli 84 complessivi. E forse vale la pena ricordare che la Toscana, tra le regioni italiane, è al settimo posto e contribuisce con 3,2 miliardi a formare il dato nazionale. In realtà in Italia si stanno diffondendo a macchia d’olio i nuovi punti-gioco, nonostante quello che si diceva della saturazione del mercato; sostituiscono i negozi che non riescono a sostenere il peso della crisi, le loro vetrine sono sempre più vistose e gli spazi occupati sempre più grandi. Non sembrano conoscere la crisi, anzi, quest’ultima sembra incentivarle sempre più dato che paradossalmente vengono spesso frequentate da persone in difficoltà, che sperano in una soluzione magica per i loro problemi.

Secondo i dati del Ministero delle Finanze, evidentemente già noti al sottosegretario, le slot e le videolottery hanno raccolto in un anno circa 49 miliardi ed il premio è stato circa di 4.101 miliardi, con una tassazione è pari al 13,5 per cento, perché circa il 75 per cento delle entrate viene rilasciato dalle macchine ai vincitori. È importante conoscere bene la differenza che c’è tra lenew slot e le vlt, le prime più o meno ogni 30 mila partite, in media, restituiscono il 74 per cento dell’introdotto. Mentre nellevideolottery il ciclo è casuale, per cui si potrebbero giocare 3 mila euro in una macchina, senza vincere nulla. E poi, magari, vince uno che va a giocare un euro in un terminale in un’altra città.

A partire dal 2009, anno della legalizzazione, queste sale hanno colonizzato le grandi città: a Milano, secondo i dati del comune, si contano 6257 postazioni per il gioco che hanno attirato persone di tutte le età, dal giovane che esce da scuola, all’anziano che ha appena ritirato la pensione. A Roma alcuni studi sostengono che 8 giocatori d’azzardo su 10 si dedicano alleslot-machine e la maggior parte di questi hanno un reddito compreso tra i 10.000 e 25.000 euro annui, sono quelli a cui il Governo ha recentemente concesso i famosi «80 euro» e il rischio è che quegli 80 euro, per alcuni casi giustamente abbiano coperto bisogni primari, ma in altri casi possono essere finiti proprio in queste macchinette.

Per comprendere meglio questo business occorre analizzare il loro meccanismo: sorprende la facilità con cui si possono perdere grandi somme in pochi secondi con le vlt, che sono in grado di accettare banconote fino a 500 euro e, premendo alcuni semplici tasti, riescono ad esaurire il credito in pochi minuti; per cui i giocatori più accaniti rischiano di perdere rapidamente lo stipendio e la pensione. Ma non c’è dubbio che la nostra maggiore preoccupazione è la ricerca dei nuovi clienti per un mercato che sembra – sembra solo – saturo: sono i giovani e spesso anche i giovanissimi. A 14 anni in sala slot ci sono quelli che si giocano l’adolescenza. È il miraggio del guadagno facile a far crescere la voglia di giocare anche tra i più giovani, che non si rendono conto di quanto possa diventare prima un’abitudine e poi una malattia. Non associano l’azzardo al pericolo e solo uno su sette lo giudica un passatempo da malati, mentre la maggior parte, quattro su cinque, non sa neppure cosa sia la ludopatia. Molti di loro scambiano il gratta e vinci, con un gioco innocuo, come la tradizionale cartella della tombola, ma poi col tempo contraggono una vera e propria dipendenza, con cui inseguono la facilità nel sognare di diventare ricchi.

Giocano non per voglia di trasgredire, ma per avere soldi da spendere; quasi un adolescente su due, il 44 per cento, ha giocato almeno una volta, uno su cinque lo ha fatto più di una e c’è un 8 per cento che lo fa almeno una volta al mese. Tre su quattro, tra quelli che giocano, conoscono roulette, slot, incrociano le sale scommesse nei paraggi di casa, scuola e vivono l’azzardo come un modo per stare in compagnia. Un’attività ricreativa, come potrebbe essere andare in palestra o passare un pomeriggio con gli amici. È il rapporto che gli adolescenti italiani hanno con il gioco d’azzardo, fotografato da un’indagine Swg per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, la prima che interpella direttamente i minorenni tra i 14 e i 17 anni, e che è stata pubblicata nell’agosto di quest’anno.

  PRESIDENTE. Sta per esaurire il suo tempo.

  PAOLA BINETTI.  Io fermo qui e attendo volentieri la risposta del sottosegretario, e poi avrò altri dati da comunicare.

 PRESIDENTE. Aveva ancora un minuto, onorevole Binetti, io ho suonato un minuto prima per… perfetto. Il sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze, Giovanni Legnini, ha facoltà di rispondere.

  GIOVANNI LEGNINI, Sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze: Signor Presidente, in merito all’interpellanza urgente richiamata ed illustrata dall’onorevole Binetti, dopo aver sentito gli uffici dell’amministrazione finanziaria della Consob, si forniscono le risposte che di seguito illustrerò, precisando preliminarmente che naturalmente tutte le considerazioni che afferiscono al mondo dei giochi, agli effetti sociali, a tutto ciò che abbiamo sentito nell’esposizione dell’onorevole Binetti, non sono oggetto dei quesiti relativi all’interpellanza e quindi io mi atterrò ovviamente ai quesiti medesimi e naturalmente dando la disponibilità all’onorevole Binetti ad affrontare gli altri temi in altro luogo e in altro modo. Con riferimento all’operazione di acquisizione della società americana IGT da parte di Gtech Spa, la Consob, competente alla verifica della trasparenza dell’informazione fornita al mercato, conferma che l’emittente, in data 16 luglio 2014, ha diffuso un comunicato in cui si rende pubblica l’avvenuta sottoscrizione di un accordo per la fusione della Gtech con la società Information Game Technology (IGT). Le due società confluiranno in una holding di nuova costituzione di diritto inglese, quotata esclusivamente presso la Borsa di New York. Come si desume dal citato comunicato richiamato, l’operazione è destinata – secondo le intenzioni rese note dalle società proponenti – a creare un’azienda leader a livello mondiale nell’intera catena del valore nel settore dei giochi, con un posizionamento unico per capitalizzare le opportunità nei diversi settori del mercato globale. Sempre dal comunicato stampa della società Gtech Spa si rileva che l’operazione, approvata all’unanimità dai consigli di amministrazione di entrambe le società, si completerà nel primo o nel secondo trimestre del 2015. Il closing dell’operazione è soggetto al preventivo rilascio delle necessarie autorizzazioni antitrust e di quelle delle competenti autorità di vigilanza del settore del gioco, all’approvazione degli azionisti di IGT e di Gtech e ad altre condizioni tipiche per questo genere di operazioni. Agli azionisti Gtech che non abbiano concorso all’approvazione della delibera assembleare relativa alla fusione suddetta spetterà, com’è noto, il diritto di recesso.

La Consob ha assicurato che svolgerà la propria attività di vigilanza a tutela degli investitori nonché dell’efficienza e della trasparenza del mercato, del controllo societario e del mercato dei capitali.

In merito alle preoccupazioni espresse dall’onorevole Binetti circa le conseguenze sul gettito fiscale recate dalla citata operazione di fusione che coinvolge una società concessionaria dei giochi pubblici, la competente Agenzia delle dogane e dei monopoli fa presente che, dal citato comunicato stampa di Gtech del 16 luglio – confermato da una comunicazione del concessionario diretta alla medesima Agenzia – si evince che Gtech, subito prima della fusione indicata, trasferirà le proprie attività italiane a una nuova società, sempre di diritto italiano, che successivamente all’efficacia della fusione sarà controllata dalla nuova holding. Per quanto riguarda eventuali futuri mutamenti di assetto, al momento non previsti o non risultanti dalle comunicazioni formulate dal concessionario, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli precisa che l’articolo 1, comma 78, lett. b), della legge n. 220 del 2010 prevede, tra gli obblighi dei concessionari di gioco, anche il mantenimento del controllo del concessionario sempre in capo a un soggetto che abbia i requisiti, nonché l’obbligo di assicurare il mantenimento nel territorio, anche ai fini fiscali, della sede del concessionario, quello di ottenere l’autorizzazione preventiva dell’Agenzia stessa in relazione alle operazioni che implicano mutamenti soggettivi del concessionario e delle operazioni di trasferimento delle partecipazioni, anche di controllo, detenute dal concessionario suscettibili di comportare una riduzione dell’indice di solidità patrimoniale.

L’Agenzia inoltre ha rappresentato che, in data 5 settembre 2014, è pervenuta da parte di Gtech, ai sensi della citata normativa, la richiesta di autorizzazione preventiva al trasferimento del ramo di azienda contenente la concessione dei servizi del lotto automatizzato e al trasferimento delle partecipazioni nelle società controllate italiane che detengono le altre concessioni di gioco (lotterie istantanee, apparecchi da divertimento, scommesse, gioco on line). Più in particolare, è previsto il trasferimento da parte di Gtech delle partecipazioni nelle società controllate italiane ad una società di nuova costituzione, indicata come «Italian Holding», che assumerà il ruolo di capogruppo per tutte le attività italiane. Il ramo d’azienda riguardante la concessione del lotto e tutti gli asset/liabilities a questa relativi saranno conferiti ad una ulteriore società di nuova costituzione. Entrambe le società saranno costituite da Gtech nella forma di società di capitali con sede in Italia.

Al termine di questa fase dell’operazione, la nuova concessionaria dei servizi del lotto sarà controllata direttamente daItalian Holding (controllata a sua volta al 100% dalla holding di nuova costituzione di diritto inglese con sede nel Regno Unito e sedi operative anche a Roma, Las Vegas e Providence).

Da quanto sopra, emerge, quindi, che l’Agenzia dogane e monopoli dovrà essere interpellata preventivamente in caso di futuri mutamenti dell’assetto delineato dalla complessa operazione societaria illustrata.

L’Agenzia inoltre riferisce che, per quanto concerne le attività di gioco, sottoposte al controllo dell’Agenzia dogane e monopoli, sia le società che detengono le concessioni, sia la loro controllante, saranno interamente stabilite in Italia, per cui l’intera attività di gioco, svolta sul territorio dello Stato, con i relativi proventi, continuerà ad essere integralmente prodotta in Italia e, quindi, attratta nell’ambito del regime impositivo nazionale. Quanto agli altri effetti sul gettito tributario dell’operazione, l’Agenzia delle entrate, che pure è stata sentita, per quanto riguarda l’imposizione diretta, rileva in via generale che il reddito delle società residenti, che è considerato reddito d’impresa da qualunque fonte provenga, è assoggettato a tassazione in Italia, come è noto, anche se prodotto all’estero. È altresì assoggettato a tassazione in Italia il trasferimento della residenza all’estero che comporti la perdita della residenza italiana; tale trasferimento determina l’applicazione dell’imposta in base al valore normale dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non confluiscano in una stabile organizzazione italiana.

Per le società non residenti, il reddito d’impresa è assoggettato a tassazione in Italia solo se è qui presente una stabile organizzazione, che, pertanto, è condizione necessaria per poter considerare prodotto in Italia il predetto reddito d’impresa. Il reddito riferibile a tale stabile organizzazione è assoggettato – come è noto – ad IRES e ad IRAP. In assenza di una stabile organizzazione, la società non residente può essere assoggettata a tassazione, nei limiti delle direttive comunitarie (per i soggetti UE) o delle convenzioni contro le doppie imposizioni, per altre tipologie di reddito (quali interessi, royalties, dividendi e plusvalenze), non riconducibili al reddito d’impresa, mediante ritenute a titolo d’imposta applicate dal soggetto erogante. Ciò detto in linea generale, una valutazione circa eventuali perdite di gettito derivanti dal trasferimento all’estero della residenza fiscale della società in questione potrà essere effettuata solo in base alla analisi della situazione patrimoniale nonché dei dati contabili e fiscali della società ed, infine, dei termini precisi in cui sarà effettuata la riorganizzazione del gruppo. In particolare, qualora nell’ambito della riorganizzazione prospettata si determinasse la fuoriuscita dall’Italia di alcuni elementi patrimoniali, gli stessi sarebbero assoggettati a tassazione al valore normale secondo le ordinarie regole dettate in materia fiscale. Ciò avverrebbe, quindi, qualora alcuni cespiti attualmente presenti nel patrimonio di Gtech non fossero né attribuiti alla società di nuova costituzione di diritto italiano, né confluiscano nella eventuale stabile organizzazione facente capo alla holding inglese.

  Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’Agenzia rappresenta che le attività di gioco rese online nei confronti di giocatori residenti in Italia sono rilevanti nel territorio nazionale anche se il gioco è gestito da un soggetto estero. I giochi resi online, in particolare, si configurano quali servizi elettronici e sono assoggettati all’aliquota IVA ordinaria del 22 per cento.

Le prestazioni relative ai giochi, al di fuori della ipotesi sopra descritta, sono esenti da IVA ai sensi dell’articolo 10, nn. 6) e 7), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e, pertanto, non determinano gettito, anche nella ipotesi in cui fossero territorialmente rilevanti in Italia.

Eventuali prestazioni non riconducibili né tra i servizi elettronici né tra le attività di gioco sono assoggettabili ad IVA in Italia, in caso di operazioni «B2C», sulla base della residenza del prestatore e, in caso di operazioni «B2B», sulla base della residenza del committente. I criteri indicati portano a ritenere che eventuali perdite di gettito ai fini IVA, conseguenti dalla attività di riorganizzazione del gruppo Gtech, potrebbero verificarsi solo in questa ultima ipotesi, ovvero qualora siano ravvisabili prestazioni generiche «B2C» trasferite alla nuova holding, fattispecie, però, di cui, allo stato attuale, non si intravedono i presupposti sulla base degli elementi di cui disponiamo.

Comunque, posso assicurare all’onorevole Binetti che tutta questa complessa operazione societaria e gli effetti fiscali, nei termini tecnici che ho esposto, saranno attentamente osservati dall’amministrazione finanziaria italiana, che noi abbiamo già provveduto a interessare in questa direzione.

  PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLA BINETTI. Presidente, vorrei prima di tutto, prima di dichiarare la mia soddisfazione o la mia relativa – veramente – insoddisfazione, puntualizzare due cose. Risulta davvero sorprendente che la genialità italiana, quella che noi stiamo perseguendo in tutti i modi, anche con un’opportunità concreta e su cui abbiamo discusso anche a proposito del «decreto competitività» e che in fondo riflette questa capacità di produrre un sapere nuovo che si imponga all’attenzione, a un’attenzione internazionale, si sia tutta concentrata nell’operazione del gioco. Questa realtà, devo dire, a me da un lato fa pensare a un patrimonio di intelligenza straordinaria; dall’altro, non le nascondo che mi sembrerebbe molto meglio che questa intelligenza fosse stata spesa e investita in altri campi.

Detto questo, confesso che non sono riuscita a seguire tutte le osservazioni con la dovuta precisione, ma mi riservo, ovviamente, di leggerle nella risposta e, quindi, leggendole di farne un oggetto di comprensione più precisa e più puntuale. Mi sembra che il tutto si riduca in parte a dire che, attenzione, tutta questa realtà è che la Gtech italiana confluirà in un nuovo soggetto che si chiamerà «Italia», che coordinerà tutto quello che si fa in Italia, ma ci sarà qualcuno che sta fuori, che probabilmente in parte fa riferimento, dal punto di vista legale, a Londra e che, dal punto di vista della borsa, fa riferimento a Wall Street, e che questo soggetto internazionale a sua volta poi controllerà il soggetto «Italia». Questo elemento ovviamente, lungi dal darmi serenità e tranquillità, suscita in me una serie di perplessità, perché è come dire che noi mettiamo l’intelligenza, noi mettiamo la creatività, noi mettiamo un sistema che esplora le tecnologie, perché qui si tratta anche di tecnologie informatiche molto sofisticate che, a loro volta, rimandano a sistemi di controllo e di verifica molto attenti. Ma di questo patrimonio, che è un patrimonio intellettuale, noi cediamo, in ultima istanza, il controllo finale a un soggetto terzo. Devo dire che questo oggettivamente non mi soddisfa.

Ma poi vorrei sottolineare un’altra cosa. Tutta la riflessione che è stata fatta gioca – e non a caso l’interpellanza urgente veniva rivolta al Ministero e, quindi, anche però alla persona nel sottosegretario Legnini, che ha la delega su questo tema così complesso – sul tema puramente fiscale.

Non c’è consapevolezza che dietro il tema fiscale, quindi il tema del gettito fiscale, più alto è il gettito fiscale più gente vuol dire che gioca, più gente gioca più alto è il rischio che queste persone vadano incontro a patologie. Non sono due problemi diversi, non è per così dire che le mie osservazioni sul tema sono osservazioni estranee al problema, ne sono la immediata applicazione. Il MEF non può essere sensibile solo al controllo sul gettito fiscale senza chiedersi qual è il costo in termini umani di questo gettito fiscale. Non possiamo rallegrarci di dire: attenzione, il mercato italiano è saturo – e qui ci sono i problemi che mi pongo – ma noi possiamo andare a saturare il mercato americano, che significa non solo saturarlo in un certo modo, ma significa anche esportare un rischio, esportare una patologia. E questo ci rende allora non più così intelligentemente capaci, virtuosamente capaci; ci rende persone che semineranno anche fuori dall’Italia quella che è in parte la situazione problematica che noi stiamo vivendo qui in Italia. Questo è l’elemento di insoddisfazione rispetto alla relazione: l’idea che la preoccupazione dominante del MEF sia la preoccupazione del gettito fiscale e il controllo che si esercita perché questo gettito resti il più possibile presente in Italia.

Non mi stupisco che ci possa essere un’attenzione, in un periodo di crisi, alle risorse. Pochi giorni fa qualcuno diceva: utilizziamo le risorse del gioco d’azzardo attraverso un meccanismo che sia quello della tassazione, o quello che è l’altro, per venire incontro alle esigenze dei comuni. Pensiamo pure a possibili tasse di scopo con le quali si possa, in un certo senso, farsi carico di progetti sociali di alto profilo. Tutto bene, ma il problema non è soltanto che cosa io faccio con le risorse che ricavo, ma è la consapevolezza che quelle persone da qui ricavo le risorse, che dovrebbero essere primi destinatari di questo, e lei sa bene, sottosegretario, che io mi riferisco proprio alla presa in carico e alla terapia di quei soggetti, è come se non esistessero; cioè non c’è la consapevolezza che più gettito io ho, potenzialmente più malati ho e, quindi, prima di tutto il controllo è in realtà paradossalmente sulla riduzione del gioco, ma poi, in termini concreti, è: prendiamoci in carico questi.

Il riferimento che io ho fatto prima alla ricerca chiesta proprio dal Garante dell’infanzia e pubblicata in agosto, questa impressione veramente devastante che abbiamo, che i giovani vengano in qualche modo abbastanza facilmente coinvolti da una situazione che è una situazione drammatica, non ci può far, come dire, passare sotto silenzio che noi in questa situazione siamo anche responsabili di tutto questo. Non possiamo leggere queste situazioni esclusivamente nella linea, come dire, sottosegretario, che in qualche modo ci assicura soltanto la risorsa economica. La Confindustria giochi, e concretamente anche nella persona del suo presidente del Sistema gioco Italia, Massimo Passamonti, faceva un riferimento che è molto importante, che mi fa piacere leggere insieme a tutti. Lui diceva sostanzialmente questo: in una sala giochi da cento metri quadri, secondo l’articolo 86 del TULPS, la licenza comunale, si possono installare fino al massimo venti slot machine, delle new slot, con obbligo di installarvi però anche altri videogiochi. Con la stessa metratura invece, rispetto invece all’articolo 88 sempre del TULPS, si possono installare sino a trenta terminali VLT. Se le new slot installate sono troppe – le 57 mila VLT sul territorio italiano, contro le 160 mila installate nel resto del mondo – lui, il Presidente del sistema gioco Italia, diceva: questa è una follia tutta italiana. Noi non possiamo fare a meno di tenere presente che questo sistema è una follia. Quando noi ragioniamo, controlliamo, e abbiamo bisogno di stare al tanto per capire perlomeno che ciò che è giusto venga versato nelle casse italiane, non possiamo non chiederci: questo che è giustamente versato nelle casse italiane, ma è giusto ? O è, come dice qui giustamente lo stesso, una follia? Se è una follia, non posso accontentarmi di garantire, come dire, una procedura formalmente corretta, senza tenere conto che è questa stessa procedura quella che crea il disagio, quella che crea la gravità. Lei sa perfettamente, signor sottosegretario, con quanto impegno noi stiamo dietro all’idea che presto venga approvata una legge che, in qualche modo, garantisca che chi si è ammalato di gioco, perché il gioco gliel’ho venduto io, possa, in qualche modo, sapere che io stesso, che ho occasionato il problema, mi faccio carico di questa risposta. Intendiamoci: non ci consola l’idea che il gioco si possa spostare negli Stati Uniti perché è un mercato in cui vi sono infiniti giocatori e, io dico pure, vi sono infiniti potenziali pazienti. Questo esportare correttamente le idee non è soltanto esportare un processo tecnologico, non è soltanto esportare un processo commerciale, non è soltanto esportare un processo che, in qualche modo, risponde a logiche che vanno anche a finanziare tantissime altre iniziative. Ho anche la consapevolezza che il fine non giustifica i mezzi, e, tra i mezzi che sto utilizzando, veramente i malati sono qualcosa che ci fa male. Presidente, mi riprendo il minuto che mi aveva dato prima solo per dire una cosa che ha un significato paradossale: prima ho citato, e l’ho citato molto volentieri, quello che diceva Passamonti rispetto alla follia del sistema in Italia, ma sa cos’altro dice Passamonti ? Che i primi che soffrono per la ludopatia sono loro, i concessionari del gioco. Peccato che soffrano per ragioni totalmente diverse da quelle per cui soffrono i malati ! Probabilmente, la sofferenza, lì, è una sofferenza da portafoglio; quest’altra, invece, è una sofferenza che tocca il cuore, che tocca la mente, che tocca la salute a tutto tondo delle persone. Quindi, ringrazio il sottosegretario, lo ringrazio per le informazioni che ci ha dato, però, veramente, faccio appello a tutta la sua sensibilità perché su questo problema le risposte non siano lette esclusivamente in termini di politica fiscale. La politica fiscale è certamente necessaria, l’equità della politica fiscale è al cuore della riflessione anche sull’Europa: tutti imploriamo una riduzione della pressione fiscale, quando si parla di famiglie, quando si parla di realtà veramente ad alto rischio. Per piacere, rispetto al gioco, non analizziamolo solo utilizzando come chiave di interpretazione la politica fiscale.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA