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La Favola della Principessa e dei Caduti dalla Naca

di Elisa Furnari

C’era una volta una principessa, una di quelle che non trovi nei libri di favole ma incontri nelle starde. La principessa incontrò la povertà, le stazioni, vide i cartoni che divenivano letti, i carrelli case e comprese che nulla nella sua vita sarebbe stato uguale e che quelle stazioni, quei cartoni e quella povertà le erano entrati dentro e non se ne sarebbero andati via, quindi lei doveva farli andare via dal mondo.

Non so molto della vita passata di questa principessa, che chiamerò con il suo nome e cioè Cristina, e non ho neanche tantissimi dettagli di quella presente ma quello che ha fatto è una rivoluzione.

La principessa iniziò ad accudire alcuni senza fissa dimora, quelli che la mattina corrono via dalle stazioni e ad offrir loro aiuto…poi dalla povertà che vive di notte iniziò ad osservare quella che vive di giorno.

Quella fatta di abiti ben tenuti ma lisi, da capelli che non incontravano il taglio sapiente di un parrucchiere ma solo le forbici da cucina, da mamme e papà che alzano il passo davanti alle vetrine di un negozio di giocattoli per evitare che i figli, tenuti stretti per mano, possano desiderare ciò che loro non possono più dare.

Non so come e neanche perché ma un giorno la principessa capì che dietro alle povertà non c’era solo l’economia in crisi, ma anche una sorta di mostro buio e nero che quelle povertà le teneva buone, come animali in un recinto a cui dar ogni tanto le molichine perché abbiano il timore, perdano la capacità di correre e attendano la mano tesa che li sfami. La principessa capì che ancor più tremenda della povertà era l’impossibilità di quel povero di essere libero, quella condizione di dipendenza che violentava non solo la dignità dei poveri di giorno e di quelli di notte, ma che gli toglieva il diritto di scegliere.

La principessa decise che doveva rendere a chi era povero la ricchezza della scelta, doveva consentire a una mamma di decidere se il figlio avrebbe avuto un maglione blu o rosso, se a tavola mettere pasta o riso, se sorridere indossando una collana anche se fatta di vetri colorati. Raccontò il suo sogno a suo marito e ai suoi amici…e insieme decisero che dovevano accudire, singoalrmente, nel rispettto e dell’ombra quelle famiglie che chiedevano di uscire dal recinto.

La principessa indodossò un mantello e insieme ai suoi amici divenne invisibile …presero in carico decine di famiglie, iniziarono collette sui social per taccogliere beni di prima necessità ma anche per finznziare cure mediche, migrazioni sanitarie o biciclette donate per la comunione.

La principessa e i suoi amici invisibili capirono che serviva un luogo dove contenere tutte le cose e dove chi aveva bisogno di qualcosa per sé o per i propri cari poteva andare, sceglierla, provarla e portarl a casa….come un negozio normale solo che la moneta sarebbe stata qualcosa che aloro non serviva più e che andava donata a un’altra persona…e se una cosa da dare non c’era…pasienza, il sorriso era più che sufficiente.

Provo a correre perché voglio che il finale arrivi, la principessa Cristina che in realtà – seppur con accento nordico – viveva a Messina, insieme ai suoi Invisibili aprì #Benefit, un negozio piccolo e accogleinte dove trovare e scegliere qualcosa che rendesse la propia vita più colorata e libera…lo spazio si era trasformato in luogo e il sogno continuò finchè…quel locale serviva al legittimo proprietario. Le Istituzioni elargivano vorrei ma non posso…e la principessa cristina decise di rischiare e disse…se il mio progetto ha un futuro sarà la gente a sostenerlo.

Ecco che Benefit arriva su Eppela e la principesa decise che – visto che un nuovo locale c’era e il cambio stagione era imminente – che tutto doveva avvenire in poche settimane…obiettivo 12.000 euro e la rinascita di Benefit.

Sfido chiunque a supportare la campagna di crowdfundng di Benefit come Cristina la principesa e gli invisibili ahnno fatto, sono diventati virali specie quando hanno messo ancora una volta il fiato sul collo di chi la povertà la vuole. Celebre è l’appello ai “caduti da naca” se potete ascoltatatela. (https://www.facebook.com/cristina.rossitto.1/posts/2406316906051813)

La naca è in dialetto siciliano la culla con i rialzi laterali per non far cadere i bambini…è impossibile cadere dalla naca e con l’espressione “caduti da naca” ci si riferisce a chi scopre con sorpresa qualcosa che in realtà non poteva nn sapere.

Bene, la principessa Cristina dice a tutti se il progetto non si finanzia non venite a dirmi “mi dispiace”…non sapevo…non fate i caduti “da naca” come avete fatto in questi giorni scoprendo magicamente che a Messina ci sono le Baracche!

Non so se sono state le nache o i video, o una volontà più grande ma Benefit tara pochi giorniri apre e la sfida sarà farlo diventare un posto normale dove andare, sorriderem scambiare e provare ed essere tutti più ricchi e più poveri…insomma..uguali.

Ho scritto questo lungo post per molte ragioni.

  1. Messina che speso è asfittica riesce a partorire storie così straordinarie da rendermi orgogliosa di viverla e volevo raccontarla anche così
  2. La Principessa Cristina, per tutti Cristina Puglisi Rossitto (e tuti gli invisibili con lei) ha saputo mettere insieme un modello fondato sulla sharing economy, la coesione della comunità sfruttando la comunicazione sui social e il crowdfunding come pochi professionissti titolati sanno fare, quindi consiglierei di studiarla.
  3. Ha resistito alle minacce, alle pressioni ed ha buttato dalla naca facendogli prendere una sonora e dolorosa botta con il sedere a tutti coloro i quali avrebbero potuto..ma non hanno fatto e che certamente sarebbero corsi a consolarla davanti a un fallimento…che ovviamente loro, seduti al tavolino di un bar, avevano già previsto.
  4. Era il modo più giusto di celebrare il giorno del #Dono
  5. Gli Invisibili hanno il sogno del supermercato a marchio Benefit….sono certa che insieme si può anche questo.

Visitateli….su FB https://www.facebook.com/groups/1624061641190332/ o a Messina, potrete indossare il loro mantello

Ovvaimente la fine è “e vissero tutti felici e contenti” alla quale aggiungo le mie scuse per le insattezze del racconto.


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