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Il gettone e la carrozzina

di Andrea Cardoni

Tanta pazienza. C’è stato un tempo che bisognava avere pazienza per aspettare che finisse il giro di giostra e io aspettavo il mio, con il gettone in mano. Finito il tempo delle giostre mi serviva il telefono, quello pubblico, quello delle cabine. E anche lì c’era bisogno di pazienza: c’era sempre da aspettare e io sempre lì, col gettone in mano. Poi è arrivata la tecnologia delle tessere telefoniche, ma anche lì serviva la pazienza perché le tessere si smagnetizzavano. C’è stato, ed è ancora, il tempo fare la spesa al supermercato con un gettone per sbloccare un carrello che quando uno finisce di fare la spesa poi lo rimette a posto e si riprende il gettone, anche se quando questa cosa del gettone è iniziata nei supermercati che non è che la gente era poi così contenta, ma con un po’ di pazienza adesso è diventata una cosa normale.

Adesso però è tempo che guardiate questa foto scattata (con uno smartphone, di sfuggita) in un ospedale pubblico, con una controindicazione: astenersi esegeti del “vergogna” e indignatori da social network. Siate pazienti e abbiate pazienza (cit).

Adesso è il tempo che all’ospedale, per avere una sedia a rotelle, serve una moneta o un gettone per sbloccarla. E l’ospedale (pubblico) lo ha dovuto fare perché il (poco) personale che c’è non può star dietro ai pazienti che non tornano a mettere al loro posto le sedie a rotelle che hanno usato. Ci abitueremo anche a questo? Pazienza. Siamo stati in grado di abituarci ai continui tagli sulla sanità (in Italia la spesa sociale per la disabilità è inferiore di mezzo punto di PIL rispetto alla media UE di 2,1%) e forse dovremo fare i conti con la prossima legge di stabilità dove è previsto un taglio sulla disabilità con un taglio di 100 milioni. E in questo caso, a differenza di quanto detto ieri dal presidente del Consiglio «l’articolo 18 è come il gettone nell’iPhone», non sarà uno smartphone a risolvere le cose, ma basterà un gettone per avere una sedia a rotelle in un ospedale pubblico. Basterà un gettone per veder riconosciuto il diritto di aver bisogno una sedia a rotelle che sta calpestando proprio chi ne ha avuto bisogno prima di te. Basterà un po’ di indignazione e qualche frasaccia su qualche social network per mandar giù i tagli.

Però adesso è anche il tempo di chi invece cerca di farli valere i diritti, come un comitato spontaneo dei genitori di minori con disabilità sensoriali quando hanno scoperto che il Comune di Torino voleva ridurre del 40% le ore degli educatori specializzati che supportano i minori ciechi e sordi sia a scuola che nell’ambito familiare e che stanno lottando con ogni mezzo, tranne che con i gettoni e gli smartphone, per mantenere il diritto dei figli di andare a scuola.

Forse allora la prima riforma da fare è quella del buon senso, come mettere a posto una sedia a rotelle di un ospedale, come ricordare che il diritto alla salute e all’istruzione non si affittano con un gettone, che la tecnologia non può essere strumento dell’oblio sistematico dei diritti conquistati e magari ricordare di essere che si è qualcos’altro prima di essere elettori o consumatori, utilizzatori di smartphone o dispensatori di gettoni. Altrimenti il rischio vero sarà quello di essere sempre più pazienti e a quel punto basterà solo avere un po’ di pazienza.


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