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Renzi: Sogno un’Italia che abbia i valori che il Terzo settore esprime

di Riccardo Bonacina

Dialogo con Renzi sulla Riforma del Terzo settore e su come la nuova legge potrà contribuire al cambiamento del Paese. «Vogliamo che l’Italia assomigli al Terzo Settore, che abbia dei valori, che si svegli la mattina con positività, che non si rassegni al cinismo e alla paura, alla preoccupazione dell’altro»

Venerdì 10 giugno, a Lucca, il premier Renzi è voluto tornare a confrontarsi con una affollatissima platea di volontari a cui due anni fa aveva annunciato la Riforma del Terzo settore.

Qui la trascrizione integrale dell’intervista a Matteo Renzi in occasione dell’incontro organizzato dal Centro Nazionale del Volontariato e introdotto da Edo Patriarca.

Io credo che l’Italia abbia un futuro se riscopre i suoi valori. Che non vuol dire rinchiudersi sulla difensiva, che non vuol dire giocare con il catenaccio, ma vuol dire avere la consapevolezza che se ci sono 4,5 milioni di volontari in Italia, questo è una ricchezza che vale di più di un punto percentuale di crescita del Pil.

La prima domanda è anche un po’ personale perché riguarda la tua storia e la tua persona. Io ho scritto che questa riforma realizza almeno tre sogni del Terzo Settore italiano: il primo sogno è avere, come dice sempre Luigi Bobba, un pavimento civilistico, cioè a tutt’oggi questo mondo nel Codice civile italiano non è riconosciuto, il Codice Rocco, un codice del 1942 che non è che amasse tantissimo le formazioni sociali… Anzi fare un’associazione, una fondazione oggi è più complicato che fare un’impresa. Anche per questo delle trecentomila istituzioni non profit censite dall’Istat, duecentomila hanno scelto di essere non riconosciute. “No grazie non ne voglio sapere di forme riconosciute preferiamo la cosa più light possibile”. Allora dare un pavimento civilistico è un grande sogno, una grande battaglia, una battaglia che era in corso da più di ventina d’anni: cambiare il titolo I del libro II del Codice civile. È poi importantissima la semplificazione della legislazione, è importante un riordino fiscale: tutto questo l’abbiamo chiesto per anni. Il secondo sogno è l’impresa sociale, anche per la cooperazione sociale che oggi è la forma dell’impresa sociale: che possa avere questa sfida di fare di più, di crescere, di conquistare terreno nell’economia di questo Paese e quindi allargare il terreno dell’economia sociale. La terza grande sfida è quella del servizio civile universale. A me però ha colpito che quando sei sbarcato in Giappone per il G7 il 26 maggio ha aperto la conferenza stampa dicendo “so che a voi giornalisti la cosa non vi appassiona più di tanto però io oggi voglio dirvi che sono emozionato e commosso perché durante il viaggio hanno approvato in via definitiva la legge riforma del Terzo Settore impresa sociale e servizio civile”. Quindi anche per te in qualche modo questa Riforma che poco spazio ha sui media è la realizzazione di un sogno

Matteo Renzi: Effettivamente i giornalisti poi non erano particolarmente emozionati perché della frase “Sono emozionato e commosso dell’approvazione della legge riforma Terzo Settore” non vi è stata traccia il giorno dopo sui giornali. La vedo così, lo dico a Riccardo, lo dico ad Edo e lo dico a tutti voi. Per me l’approvazione della legge delega sul Terzo Settore non risolve i veri nodi che sono al centro, perché, lo avete spiegato molto bene, nella tua domanda e nella tua introduzione, la partita si gioca adesso, paradossalmente. È un segnale di grande impatto, di grande forza, ci permette di giocare una partita diversa ma, la partita, inizia ora.

Allora perché io ho detto che sono emozionato e commosso? Per due elementi: il primo è di natura personale e il secondo è di natura politica. Permettetemi di essere molto franco dal punto di vista personale. Al netto del piacere di essere qui e rivedersi a Lucca dopo due anni e quindi poter dire missione compiuta, io tutte le volte che vado al G7 o al G20 mi faccio sempre la domanda: “Ma tu qui che ci stai a fare?”. Alla fine io sono comunque un boy scout di Rignano e al di là di tutte le discussioni che vengono fatte, le polemiche, le riflessioni sulle le lobby, questa è casa mia, se posso dire, questa è la mia tribù, vengo da qui. Sono protempore affidato al Governo del Paese, ma il punto centrale è che io considero questa casa mia. Perché quando leggevo Vita e pensavo agli obiettivi del millennio e alla lotta contro la povertà non avrei mai immaginato che al G7 ci sarei andato io a sostenere quelle battaglie a nome dell’Italia. L’elemento dell’emozione e della commozione è esattamente questo: casualmente, del tutto casualmente, proprio la partecipazione al G7 che era fissata in contemporanea all’approvazione della legge è arrivata contestuale. Mi è come scorso un film davanti, le prime discussioni che abbiamo fatto… Riccardo ti ricordi che le abbiamo fatte a Milano nella sede del tuo giornale? C’è qualche amico che non c’è più e probabilmente Francone (ndr. Franco Bomprezzi) dall’alto in modo burbero magari ci giudica e ci guarda. Abbiamo discusso a lungo con molti e molti di voi e poi alla fine questa cosa è arrivata. Allora l’elemento personale è che per me la politica è una cosa molto seria, molto bella, io sono per ridurre i politici lo dico sempre ma non per ridurre la politica. Per me la politica è davvero, come diceva san Tommaso e poi un altro, che spero venga fatto santo, che si chiamava Giorgio La Pira, la forma più alta di carità organizzata. E proprio per questo l’idea che simbolicamente nel momento in cui andavo a rappresentare l’Italia al tavolo dei grandi potessi arrivare con una promessa mantenuta al mondo, dal quale anch’io provengo, era un elemento di grande emozione personale.

Vi è però un elemento politico che è più importante di questo perché, parliamoci cinicamente, questo primo intervento rientra nella categoria del “chi se ne frega” dal punto di vista delle persone. Si ok. Siamo contenti per te che eri contento ma andiamo alla sostanza. Permettimi Riccardo due minuti di un racconto di quella che io ritengo la realtà dell’Italia dei prossimi anni. Due anni fa quando siamo arrivati qui, noi ci siamo presi l’impegno di fare la legge sul Terzo Settore ma io credo che molti di voi ci guardassero con lo sguardo perplesso e torvo perché avevamo fatto un elenco di promesse impressionanti. Io sono uscito dal Quirinale e ho detto “entro il mese di marzo presenteremo la proposta di riforma sulla legge elettorale. Entro il mese di maggio – o forse era il contrario marzo maggio – la proposta di riforma sul mercato del lavoro e sulla pubblica amministrazione. Entro il mese di giugno la riforma della giustizia. In campo mettiamo poi anche la riforma costituzionale”.

La stragrande maggioranza delle persone che guardava quella conferenza stampa probabilmente avrà pensato di trovarsi di fronte a un pazzo scatenato. Come potevamo mettere in fila quelle proposte di riforma che da anni, decenni, il parlamento non riusciva ad attuare? Attenzione io non sto cercando qui la captatio benevolentiae. Fortunatamente a Lucca non si vota quindi non siamo in fase di discussione elettorale. Però possiamo dire, in tutta onestà, è accaduta una cosa: queste riforme sono state realizzate e questo ci permette di togliere dal tavolo gli argomenti che hanno fatto grande o piccola la discussione politica degli ultimi 20 anni. Cosa voglio dirti Riccardo, abbiamo sparecchiato il tavolo dai problemi del passato. Risolvendoli, secondo noi; affrontandoli in modo negativo secondo gli altri. Ma il dato vero è che l’Italia può finalmente cominciare il futuro.

E che cosa c’entra il Terzo Settore? Questo è il punto di visione che io vorrei lascarvi e affidare alla vostra discussione più che alla mia. I l punto centrale qual è? Io la vedo così: nei prossimi 20 anni avverrà un cambiamento epocale superiore a quello che internet ha prodotto negli ultimi 20 anni. La globalizzazione l’interconnessione, l’innovazione spinta, cambieranno faccia al modo di fare economia, impresa. La fabbrica 4.0, i robot e l’intelligenza artificiale. In Giappone non soltanto ci hanno portato nella macchina senza autista; ma ci hanno portato a vedere i modelli organizzativi futuri, ci hanno fatto discutere sui modelli in cui una parte di giapponesi inizia a pensare alle proprie badanti fatte da robot che è una cosa che se noi ci raccontiamo facciamo anche fatica ad immaginare. Non ultimo il fatto nella loro cultura l’intelligenza artificiale e la robotica sono considerate in modo diverso rispetto alla nostra cultura: lì sono già un dato di fatto, una realtà. Cosa voglio dirvi? Io credo che l’Italia abbia un futuro se riscopre i suoi valori. Che non vuol dire rinchiudersi sulla difensiva, che non vuol dire giocare con il catenaccio, ma vuol dire avere la consapevolezza che se ci sono 4,5 milioni di volontari in Italia, questo è una ricchezza che vale di più di un punto percentuale di crescita del Pil.

C’è un tessuto di associazionismo che rende forte la coesione e il senso di comunità. Questo aiuta di più un sindaco o un ministro a governare i territori e se vogliamo affrontare davvero la questione delle periferie, delle periferia delle nostre città, ma anche talvolta della periferia della nostra vita quotidiana lo puoi fare non con uno sguardo securitario e liberticida.

O con uno sguardo educativo e culturale allo stesso tempo. E finisco. Se mi dicessero “qual è la cosa più importante che ha fatto l’Italia in questi ultimi due anni?”. Qualcuno potrebbe dire niente. Qualcuno potrebbe dire la riforma costituzionale. Che è chiaramente la riforma più importante perché dà o non dà governabilità ed elimina gli inciuci. Qualcuno potrebbe dire il Jobs Act, qualcuno potrebbe dire la riforma del Terzo Settore. Qualcuno la legge sull’autismo, la legge sui diritti civili, che vede opinioni diverse ancora. La legge sul Dopo di noi che dovrà essere approvata tra pochi giorni perché è un altro impegno importante. Queste leggi vanno avanti. Ma se dovessi dire la mia, io direi che la cosa più importante è stata la nostra posizione sulla nostra battaglia europea dove ad un certo punto dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles son partiti tutti ad urlare “blindiamo le frontiere! Chiudiamoli fuori!”. Soltanto l’Italia ha alzato il ditino e ha chiesto “scusate ma questi pericolosi killer e terroristi dove sono nati?” Perché tu puoi anche costruire i muri ma poi finisce come dice Calvino “chi costruisce un muro rimane intrappolato”. Il problema vero è che queste donne e uomini che hanno portato il terrore in Europa sono nati nelle periferie di Parigi, di Bruxelles, il boia dell’Isis, Jihad John, ucciso dagli americani a novembre, era un ragazzo nato e cresciuto nelle scuole inglese. È dentro la nostra periferia, è la periferia europea che si è smarrito il senso di comunità. È lì che si è perso il senso della relazione, che si è totalmente dimenticato il senso del noi. Allora la proposta italiana più importante di questi due anni, prima ancora delle riforme fatte, – e sapete che io alle riforme tengo molto , non fosse altro perché hanno dato quella flessibilità economica che ci consente di abbassare le tasse – la riforma più importante caro Riccardo è stato dire “un euro in sicurezza per un euro in cultura”. Un euro messo nella polizia di periferia e un euro messo per riaprire una scuola, per riaprire un centro culturale. Vuoi mettere le telecamere? Servono e sono fondamentali le telecamere come pure i lampioni. Ma accanto alle telecamere e ai lampioni dai anche un aiuto a riaprire un teatro; a fare una sperimentazione cinematografica con i nuovi mezzi tecnologici, questo crea cultura di comunità. Se questo è vero – ho davvero chiuso – la riforma del Terzo Settore non è il contentino dato ai volontari perché già che eravamo a fare tutte le altre riforme giù giù abbiamo voluto fare anche questa. La legge sul Terzo Settore, con tutte le difficoltà della delega che dovrà essere approfondita, in modo rapido ed efficiente, dice che noi vogliamo che l’Italia assomigli al Terzo Settore, che abbia dei valori, che si svegli la mattina con positività, che non si rassegni al cinismo e alla paura, alla preoccupazione dell’altro, che sappia gustare la bellezza del confronto e del dialogo e che sappia anche essere giustamente critica e capace di stimolare e di spronare la classe politica e la classe dirigente. Noi vogliamo un’Italia che non consideri il Terzo Settore come quella roba lì, che serve ai volontari per passare un po’ di tempo. Vogliamo un’Italia che sappia ripensare se stessa contribuendo a ripensare l’Europa su quel modello. Ecco perché l’emozione e la commozione, c’è un elemento personale, non lo nego, ma c’è anche caro Riccardo una visione, una strategia. Io spero che alla fine anche quelli che sono ostili e hanno tutti i diritti di essere ostili, riconoscano che questa azione di governo porta con sé la visione di essere insieme. Nei primi due anni noi abbiamo dovuto mettere a posto le cose del passato, ma le cose del passato non bastano. Da qui ai prossimi 20 anni i nostri figli vivranno in un mondo totalmente diverso da quello in cui stiamo vivendo noi: totalmente diverso. Cosa resta? Restano i valori, resta il senso del noi, resta il senso di comunità, resta il senso di coesione, resta chi ha il coraggio di costruire legami e non di costruire muri questo è il motivo per cui io credo profondamente nella legge del terzo settore.

Grazie per aver ricordato oggi Franco Bomprezzi. Tu continui a parlare di sfida culturale. Anche due anni fa, il 12 aprile proprio qui, quando sorprendendoci lanciasti l’idea di Riforma del Terzo Settore lanciasti anche una sfida dicendo: “ma voi siete pronti ad essere motore della sfida educativa e culturale che questo Paese ha di fronte nei prossimi anni?”. Patriarca oggi dice forse il Terzo Settore è abbastanza pronto. Ma la macchina pubblica, l’amministrazione, lo Stato sarà pronto per mettere in atto una riforma che libera energie, che semplifica i cambiamenti che abbiamo di fronte come Terzo Settore? Le sfide le ha di fronte anche la macchina pubblica e le sue articolazioni territoriali…

Matteo Renzi: Non so rispondere a questa domanda. Lo dico con molta franchezza. Non so. Quello che è cruciale è che la pubblica amministrazione cambi.

Fatemelo dire, magari tra di voi ci sono donne ed uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. Io ho incontrato una qualità in molti servitori dello Stato che è straordinaria. Quindi l’idea riduttiva e banale, quella di dire che nel pubblico non ci sono professionalità di livello non è vera. È profondamente sbagliata ed ingiusta questa idea. Ci sono straordinarie donne e uomini che lavorano servendo la cosa pubblica e servendo lo Stato. C’è piuttosto un modello organizzativo e burocratico del Paese che tende a bloccare tutto. Questo è il problema. Si tende a dare delle garanzie di non commettere errori più che a far rischiare il cambiamento.

La legge sul Terzo Settore è un grande incoraggiamento perché il Terzo Settore prenda grande consapevolezza di quello che è ma anche consapevolezza di quello che dovrà essere. Di che ruolo dovrà giocare ce lo siamo detti due anni fa e ce lo ripetiamo oggi. Noi dobbiamo modificare l’approccio, una parte di questo approccio lo modifichiamo in modo semplice con le norme. Il 15 giugno c’è una serie di norme che vanno in votazione e al governo in fase di ultima lettura sui decreti legislativi della legge sulla pubblica amministrazione.

Una, alla quale io tengo molto si chiama SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Sostanzialmente è la possibilità di ridurre i procedimenti di via libera quando qualcuno ha da fare qualcosa. Stiamo cambiando la conferenza dei servizi, chi di voi conosce la conferenza dei servizi si rende conto che modificare le regole di gioco della conferenza dei servizi è una priorità assoluta. Stiamo cercando di modificare la struttura interna, stiamo lavorando sulla scuola, sulla formazione, dobbiamo dire che chi lavora nel pubblico non deve aver paura di essere valutato perché ci sono quelli più bravi e meno bravi e contemporaneamente dire che ci sono dei servitori dello Stato che sono straordinari e anche qualcuno che fa il furbo e quel qualcuno che fa il furbo nel pubblico deve sapere che noi lo mandiamo a casa. Perché se tu vai, timbri il cartellino e poi te ne vai a fare la spesa, non stai semplicemente rubando lo stipendio, stai rubando la speranza e il futuro innanzitutto a quelli che lavorano con te. Allora a fronte di queste misure che noi prendiamo, c’è però un nodo da sciogliere e il nodo da sciogliere è la consapevolezza dell’Italia come Paese. E se vogliamo stare in equilibrio dobbiamo correre. È questo il senso profondo dell’invito al cambiamento che noi stiamo facendo, il Paese non lo cambia chi urla e contesa. Il paese non lo cambia chi urla e chi fischia. Lo cambia chi rischia, chi si mette in gioco chi fa delle proposte, chi ha delle idee. Lo cambia chi la mattina sapendo che può sbagliare però ci prova. E in questo senso la cultura del fallimento va recuperata. Noi siamo stati un Paese che per anni se uno falliva non poteva neanche più votare. In America se un ragazzino prova a creare una start-up e fallisce, il giorno dopo, la società di venture capital gli dà più volentieri i soldi.

Perché dall’errore, dal fallimento, ha imparato qualcosa. Allora questa è anche la storia di questi due anni Riccardo. Io avrei voluto tornare già nel 2015 qui con la legge e non ci siamo riusciti. Non ce l’abbiamo fatta nemmeno il per festival del volontariato nel 2016. Ci abbiamo messo un anno in più. Però ci abbiamo provato, però c’erano 896 ragazzi che facevano servizio civile ed oggi, invece, sono 35mila e saranno almeno 42mila quest’anno. È l’idea del passo dopo passo del provare a mettersi in gioco, del cambiare un pezzettino alla volta. Certo chi dice che va tutto male può sempre giocarsi la carta dello scontento. Ma lo scontento porta alla rassegnazione. Io sto girando l’Italia azienda per azienda: sono stato alla Sofidel qualche ora fa, sarò domani nelle aziende in provincia di Caserta e poi in quelle di Reggio Emilia, perché voglio raccontare agli italiani e ai media che mi seguono che c’è un sacco di gente che la mattina, pur lamentandosi, le cose le manda avanti. E sono spesso fatte da realtà, da innovatori e anche da lavoratori e lavoratrici che ci credono, che sono innamorati dell’Italia e della possibilità che ha l’Italia di cambiare.

Allora rispetto alla domanda “sei sicuro che la pubblica amministrazione sarà in grado di cogliere tutto il valore del cambiamento della riforma del Terzo Settore?” Non lo so. Non lo so. Sono sicuro che se voi farete quello che volete fare e che potete fare questa riforma produrrà degli effetti non nell’arco di due mesi. Ma sprigionerà il suo effetto nell’arco di 20 anni.

Esattamente quegli anni in cui l’Italia sarà ad un bivio – e finisco su questo – c’è chi pensa che l’Italia non abbia futuro. Sono i teorici del declino, sono i teorici del va tutto male, qualcuno mi ha detto sono i teorici di Gino Bartali. No. Perché Gino Bartali diceva è tutto sbagliato, è tutto da rifare ma quando Gino Bartali diceva questo, poi prendeva la bicicletta, inseriva nella canna della bici i documenti falsi per andare a salvare gli ebrei e si faceva Firenze e Assisi, fra i frati e quel grande uomo che era il Cardinale della Costa, e dicendogli è tutto sbagliato, è tutto da rifare, portava il suo pezzettino, il suo contributo. Bartali non era rassegnato. Ecco la filosofia secondo me deve essere questa. Dare una speranza a chi ci prova. E nella pubblica amministrazione dare un’opportunità a chi vuole fare meglio di prima. Noi avremo un processo di digitalizzazione che cambierà totalmente il sistema della pubblica amministrazione. I nostri telefonini diventeranno il terminale degli uffici della pubblica amministrazione. Potrete pagare le tasse con il telefonino. Certo, come diceva Woody Allen “sempre tasse sono”.

Il meccanismo di cambiamento porterà ad avere un approccio totalmente diverso. Ma se il terzo settore spiega quello che vuol fare e dispiega la propria forza, la pubblica amministrazione sarà costretta a seguirvi, sarà costretta a fare meglio di voi. Quando la gente vede che qualcuno sta facendo qualcosa, partono e cercano di fare meglio ed è questa la cosa che ha fatto grande l’Italia nei secoli e che farà dell’Italia non il Paese del declino ma il paese che nel grande fenomeno della globalizzazione potrà giocare un ruolo straordinario.

Il mondo chiede qualità e bellezza. Quindi chiede Italia. E l’Italia è anche e soprattutto i valori che il Terzo Settore esprime. Quindi la risposta è: non lo so. Però ho cercato di articolartela in modo meno dubbioso di un semplice non lo so.

La legge sul Terzo Settore è un grande incoraggiamento perché il Terzo Settore prenda grande consapevolezza di quello che è ma anche consapevolezza di quello che dovrà essere

Guardando avanti c’è la partita dei decreti attuativi. Un secondo tempo importante quanto il primo che si è chiuso il 25 maggio. I decreti che io spero veloci e coraggiosi. Ma c’è un tema importante, è quello delle risorse necessarie affinché possa sprigionarsi tutto ciò che c’è di buono nella legge delega; per esempio mi soffermo sul servizio civile che è un tema importantissimo, sono già previsti nel 2017 190 milioni – che è già un gran passo avanti rispetto a qualche anno fa e anche a due anni fa. Ma se quest’anno si vuole sfondare la quota dei 50mila occorrerebbe qualcosa in più, magari facendo un bando straordinario su migrazioni, su periferie, inoltre l’anno prossimo sono i 60 anni dell’Unione europea. Anche sul servizio civile europeo l’Italia potrebbe lanciare una proposta a livello europeo in un ruolo di leadership…

Matteo Renzi: Non prendo impegni su soldi e date stavolta. Non perché abbia paura. Vi dico la verità io sono in una fase in cui ho deciso di darmi una moratoria delle promesse. Tutte le volte che prendo un impegno è un modo per costringere poi il governo ad arrivare a raggiungere l’obiettivo. E devo dire che fino a questo momento è andata bene. Nel senso che abbiamo preso l’impegno degli 80 euro ed è andato, Imu e tasi e prima casa è andato, legge elettorale, il jobs act, non vi faccio l’elenco. La legge sul Terzo settore, il servizio civile, le cose che ci siamo detti. Sono andato da Fazio a dare un numero sul servizio civile e immediatamente dopo Bobba è passato all’incasso della ragioneria generale dello Stato la mattina dopo. Domenica sera alla 20.00 la trasmissione, e Bobba era fuori gli uffici della ragioneria generale dello Stato alle otto della mattina.

Qual è il punto? Tutte le volte che c’è un impegno, anziché dire “bello che il Governo si impegni su un obiettivo”, viene immediatamente visto come promessa elettorale, e siccome in Italia si vota sempre…

Sostanzialmente io la vedo così: vi racconto qual è la visione da qui al 2018 senza prendere impegni sui soldi ma raccontandovi il film. Noi abbiamo un passaggio chiave che è quello del referendum costituzionale. Lì per me si gioca la partita tra un sistema di governabilità e un sistema di ingovernabilità. Poi c’è tutto l’aspetto della riduzione dei costi della politica, le questioni che più appassionano l’opinione pubblica generale.

Partendo dal presupposto che la cosa vada, che cosa accade negli ultimi due anni e mezzo di legislatura? Abbiamo un appuntamento cruciale che è quello del 25 marzo 2017. A Roma si riuniranno i 28 paesi dell’Unione europea per rilanciare il percorso dell’Unione europea.

Ne ho parlato l’altro giorno con la Merkel ed Hollande. Comunque vada il referendum su Brexit, l’appuntamento chiave per il rilancio dell’Unione europea sarà a Roma nel marzo del 2017.

La tua considerazione sul servizio civile europeo e sui valori da portare in Europa è molto azzeccata e puntuale. Quello sarà un appuntamento importante. Poi ci sarà l’appuntamento del G7 e ci saranno più appuntamenti sul G7 con vari temi. Il G7 a livello di capo di governo sarà alla fine di maggio, solo che vogliamo farlo in una cornice che dia attenzione e all’attualità. Lì recupereremo la proposta di un euro in cultura un euro in sicurezza come la proposta fondamentale da fare ai grandi Paesi.

Educazione pubblica e privata per l’ Africa per esempio. Coinvolgere le migliori realtà del mondo educativo. Ma quell’appuntamento sarà un grande appuntamento. In quell’anno si tratterà di costruire una prospettiva, una piattaforma sui singoli temi della legge delega che sia in grado di far tornare l’Italia orgogliosa del proprio ruolo educativo e culturale e in qualche modo anche del proprio valore di capitale umano e di coesione umana.

Finisco proprio su questo: noi siamo in un luogo straordinario. Lucca è una delle città più belle d’Italia. Quante città abbiamo in Italia che tengono insieme aspetti culturali, realtà del volontariato, l’educazione, imprese sociali, quanti di questi luoghi in Italia possono aiutarci costruire un luogo diverso. Quanti di questi valori possono essere la risposta a questo mondo di paura dove vanno ad alzare i muri al confine dell’est europeo gli stessi che noi abbiamo salvato dall’isolamento nel momento in cui è venuta giù la guerra fredda. Quanta bellezza possiamo tirar fuori? La conclusione del mio ragionamento è la seguente: cari italiani e care italiane che con gli stivali date una mano durante le emergenze di protezione civile, che con la vostra tenerezza andate incontro ai ragazzini in difficoltà nelle periferie, che entrate nei carceri minorili – di cui noi siamo fieri perché abbiamo la recidiva più basse d’Europa, ma la recidiva per noi è ancora troppo alta- , che andate incontro agli altri nelle occasioni di disagio, di difficoltà. Cara italiani e care italiane che credete in questo mondo, dateci una mano a far passare i nostri valori non come residuali ma come centrali in questo Paese. Quando io vado al Consiglio europeo e li guardo diritto negli occhi e dico loro “io posso perdere un punto nei sondaggi, un punto di consenso. Ma se c’è una donna che sta affogando, se c’è un bambino che sta affogando, un uomo che sta affogando. Non me ne frega niente delle vostre paure, noi italiani siamo quelli che andiamo e cerchiamo di salvarli. Noi italiani siamo quelli che ci mettiamo la faccia e tutto il resto e cerchiamo di dargli una mano”. Poi facciamo in Migration Compact, poi cerchiamo di aiutarli a casa loro e creare le condizioni di lavoro sulla cooperazione internazionale, indecorosamente tagliata e finalmente restituita a una minima speranza con la legge approvata in questa legislatura. Ma care italiani e italiane che fate volontario smettiamola di credere ad un’Italia come al paese in cui le cose non vanno mai bene. Abbiamo un sacco di problemi, vogliamo affrontarli, ma questo è un Paese che ha dei straordinari valori educativi, culturali e associativi . E questi valori fanno dell’Italia un punto di riferimento nell’Italia e nel mondo. Non per merito del governo ma per merito degli italiani, anche di quelli che non se ne accorgono, che magari fanno volontariato a livello personale e non si rendono conto che quell’azione di volontariato sta cambiando la percezione dell’Italia in Europa e nel mondo. Grazie buon lavoro a tutti.

Abbiamo un sacco di problemi, vogliamo affrontarli, ma questo è un Paese che ha dei straordinari valori educativi, culturali e associativi . E questi valori fanno dell’Italia un punto di riferimento nell’Italia e nel mondo. Non per merito del governo ma per merito degli italiani, anche di quelli che non se ne accorgono, che magari fanno volontariato a livello personale e non si rendono conto che quell’azione di volontariato sta cambiando la percezione dell’Italia in Europa e nel mondo


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