Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Testimonianze

Dall’Africa all’Italia. Tutti i passaggi della tratta delle nigeriane

di Anna Spena

Vittime dello sfruttamento sessuale da parte di trafficanti, Oga e Madame, e vittime anche di troppi italiani che - forse inconsapevolmente - non sanno quante implicazioni ha il business criminale che incrementano ogni volta che si fermano su una strada. Cosa c'è dietro il viaggio che dalla Nigeria porta le ragazze in Italia. Dialogo con Marzia Gotti, responsabile della prossimità territoriale dell'associazione Lule

L’ultimo rapporto dell’organizzazione internazionale per le migrazione “LA TRATTA DI ESSERI UMANI ATTRAVERSO LA ROTTA DEL MEDITERRANEO CENTRALE” racconta che nel 2016 sono arrivate in Italia 11.009 donne e 3.040 minori provenienti dalla Nigeria. Se si considera il dato del 2015 (5.000 donne e 900 minori non accompagnati) non si raggiunge neanche la metà di quello aggiornato. L’Oim denuncia anche un’altra cosa: l'80% di queste ragazze potrebbero essere potenziali vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale.

I condizionali lasciano una porta aperta di solito. Potrebbe essere che quelle donne/bambine diventeranno prostitute sfruttate. Ma potrebbe anche essere di no. Beh non è azzardato dire che questo non è il caso italiano. Il condizionale tradisce quando “buttiamo” un occhio sulla strada.

Ragazzine giovani. Con i corpi abusati e la dignità spezzata. Che raccolgono gli umori sporchi di chi – per un po’ di sesso – non riesce a percepire la tragedia dentro certe vite e non si accorge di diventare più carnefice dei carnefici.

«Il traffico di donne minori è come tutti gli altri traffici illegali: risponde alla richieste del mercato», racconta Marzia Gotti, responsabile della prossimità territoriale di Lule, l’associazione che, con più di vent’anni di lavoro alle spalle, rappresenta una dei principali soggetti in nord Italia ad occuparsi di lotta al traffico di esseri umani e assistenza alle vittime di tratta .

Commentiamo con lei i dati del rapporto dell’OIM.

Il vostro è un mestiere che vi mette in contatto diretto con la strada e con le ragazze. Che riscontro avete rispetto ai numeri denunciati dall’Oim?
Il nostro è uno sguardo limitato alla zona sud ovest di Milano; il territorio che copriamo con la nostra unità di strada. Ma confrontandoci anche con le altre realtà lombare, troviamo una corrispondenza reale tra i dati che denuncia l’Oim e la situazione sulle strade. Fino a 3 anni fa il numero delle ragazze nigeriane contattate in strada era inferiore rispetto a quello delle rumene; oggi più del 50% delle ragazze che Lule contatta in strada, invece, è di nazionalità nigeriana. Il 99% di loro, inoltre, riferisce di essere arrivata in Italia via mare – sui gommoni – passando per la Libia.

Perché sempre più minori?
Rispetto al tema dello sfruttamento della prostituzione credo sia la merce più pregiata, quella che rende di più. L’altro tema grande è perché l’italiano che va alla ricerca di sesso preferisce andare con le ragazze giovanissime. Il traffico di donne minori è come tutti gli altri traffici illegali: risponde alla richieste del mercato. Un’altra risposta è che le persone giovani sono le più plasmabili e per loro è più difficile sottrarsi agli sfruttatori.

Quindi le ragazze/bambine non arrivano in Italia e poi diventano prostitute. Ma già in Nigeria vengono selezionate per diventare vittime alla mercé di organizzazioni criminali di vario tipo
Le organizzazioni criminali sono composte da tantissime figure diverse. “Collaborano” tra loro. E, negli ultimi tre anni, anche la parte di sfruttamento sessuale ha visto alcune dinamiche trasformarsi. Prima tra tutte l’introduzione di una figura maschile soprattutto durante lo spostamento delle ragazza da un luogo ad un altro.

Come avviene il primo contatto?
All’inizio è sempre una donna che prende i primi contatti con la vittima nel suo luogo d’origine.

Come vengono scelte le ragazze?
Vengono effettuati degli studi specifici sulle future vittime, ovviamente tutta l’attenzione si focalizza sui soggetti più fragili. Vengono adescate le ragazze che vivono in condizioni di vulnerabilità economica ed emotiva, ragazze che manifestano una carenza affettiva forte ed una scarsa percezione del se. Tutti fattori che portano in quella persone il bisogno forte di allontanarsi dal loro contesto d’origine che è percepito come penalizzate per tutti i motivi appena descritti.

Come avviene praticamente il primo contatto?
La figura femminile si avvicina alla ragazza o alla sua famiglia dicendo di avere in Italia agganci ed opportunità per un futuro lavorativo solido: cameriere, parrucchiere, babysitter, queste le professioni più riconosciute dalla ragazze. Vengono fatte proposte vaghe ed il tipo di lavoro non viene mai specificato.

Quanto costa il “viaggio”?
Ci sono due tipologie di viaggio: in aereo e via mare. Il viaggio in aereo produrrà un debito di circa 60mila euro; quello via mare di 25mila. Il canale privilegiato dai trafficanti di essere umani per far entrare le ragazze in Italia è quello via mare. Anche in questo caso negli ultimi anni c’è stato un cambio di sistema da parte delle organizzazioni criminali. Il business sta in piedi lo stesso: l’abbassamento del debito è inversamente proporzionale al numero di ragazze che arrivano. Ricordiamo che l’ammontare del debito non viene mai specificato ed è la stessa famiglia della ragazza che si fa garante per il pagamento.

Come tengono legate le ragazze a loro?
Prima di partire fanno fare alle ragazze un rito; il voodoo. Il rito si compie alla presenza di uno sciamano locale, il “native doctor”, della ragazza, della madame (la sfruttatrice). La ragazza consegna sangue, unghie, capelli, peli pubici ed una sua fotografia. Su queste parti del corpo viene sacrificato un animale, spesso una gallina, di cui la ragazza è costretta a mangiarne il cuore. Tutto viene poi conservato in una busta di stoffa e consegnato alla persona che sarà proprietaria della ragazza. La ragazza che compie il rito non sa che dovrà prostituirsi, con quel rito si impegna solo a pagare il suo debito.

Perché è così difficile venire meno alla “promessa di fedeltà”?
Durante il rito si giura fedeltà alla donna che è l’amica della prima donna che ha avvicinato la famiglia e si giura di non dichiarare mai il nome della madame e delle persone che ti hanno portata in Italia. La minaccia che si fa, in caso di mancato adempimento delle promesse, è la morte. Morte della ragazza e della sua famiglia. L’altra minaccia è il “maleficio” sempre nei confronti della ragazza e della sua famiglia.

Da che zona arrivano principalmente le ragazze e qual è la rotta più utilizzata?
Le rotte illegali sono tantissime; è da lì passano tutti i traffici illeciti: umani, droga, armi. A volte cambiano in base alle condizioni climatiche; la più battuta rimane quella centrale. Le ragazze partono tendenzialmente – quasi tutte – da Benin City. Le tappe vengono percorse con diversi mezzi – dal bus alle automobile – e in ogni nuovo luogo c’è un passaggio con un’altra organizzazione criminale. In ogni punto ci sono le “connective house”, delle vere e proprie case di connessione dove le persone vengono stipate in attesa che l’organizzazione successiva si occupi del nuovo tratto di viaggio. Una ragazza ci ha raccontato che distribuivano bigliettini numerati; in base a quelli le persone poi venivano smistate in vari gruppi. Così fino al confine con la Libia.

E dopo invece?
Quasi tutti arrivano vivi al confine con la Libia. Qui, invece, c’è da pagare il dazio. E le donne vengono violentate nell’omertà assoluta delle forze dell’ordine corrotte.

Quanto dura la permanenza in Libia?
È molto variabile, da uno a dieci mesi di solito. Poi se sopravvivono alla traversata nel Mediterraneo vengono accolte – come tutti gli altri migranti – nei centri di accoglienza straordinari.

Cosa succede in Italia?
Ci sono due ipotesi. La ragazza ha un numero di telefono, ricevuto già in Nigeria, che dovrà contattare appena arrivata in Italia. Se non ha un numero sarà direttamente la famiglia a contattare lo sfruttatore. Nei centri, insieme alla ragazze, ci sono anche membri delle organizzazioni criminali che hanno un ruolo strategico di aggancio ed indirizzamento. I due contatti, in Italia e in Nigeria, devono esserci sempre altrimenti non si chiuderebbe il cerchio e se manca il gancio con la famiglia, manca la leva delle minacce che tiene le ragazze legate.

Perché non raccontano la verità?
Nessuna dice di essere costretta a prostituirsi, sarebbe un disonore. Oppure la famiglia lo sa e convince lo stesso la figlia a pagare il debito per paura di ritorsioni degli altri figli rimasti in Nigeria.

Una volta arrivate a “destinazione”…
Gli sfruttatori dicono “qua non c’è lavoro. Ma il debito lo devi pagare. Vai con le altre. Guarda come fanno e fallo anche tu”. Le ragazze devono pagare l’affitto, parte del debito, il posto per stare in strada, “Joint”, ed il vitto. Ammesso che restino dei soldi per mangiare.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA