Maria Teresa Ferrari

La Cura (contro il cancro) sono io

di Marina Moioli

Anche il dolore può diventare fonte di ispirazione se la malattia si affronta con grazia. Come ha saputo fare la giornalista veronese che ha fondato un'associazione per divulgare la sua "rivoluzione dolce" ed è diventata imprenditrice lanciando la linea dei "Cappelli ad Arte"

La sua “seconda vita” è cominciata il 5 agosto 2015, dopo l’intervento subito per un complesso carcinoma mammario, a cui sono seguite le conseguenti chemioterapie e radioterapie. Esperienza da cui Maria Teresa Ferrari, cinquantenne veronese, professionista della comunicazione, ha saputo trarre il lato salvifico, consapevole del fatto che «quando i pensieri negativi ti assalgono, bisogna essere molto creativi per scacciarli».

La sua energia e la sua positività non sono sfuggite ai medici, che le hanno chiesto di diventare testimonial di se stessa e di tutte le donne che vivono la sua situazione (e sono tantissime perché la neoplasia mammaria colpisce una donna su sei, e il cancro al seno è ancora il terzo killer, dopo polmoni e pancreas). Mentre aspettava di sottoporsi alla chemioterapia, Maria Teresa (per tutti, Terry) ha cominciato a scrivere, ha aperto una pagina Facebook dove posta pensieri, riflessioni, suggestioni. Da quel momento sono piovuti a pioggia i like, le interazioni, le richieste di consigli. Lei prima ha fondato un'associazione, La Cura sono io, e poi ha lanciato il progetto "Cappelli ad Arte", inventando una linea di copricapi allegri e quasi "taumaturgici" per consentire a tutte le donne che perdono i capelli con la chemioterapia di sentirsi belle nonostante la malattia. Per il suo impegno e il suo coraggio ha ricevuto il Premio Victoria. Ecco come si racconta a "Vita".

1/5

Non c’è bisogno di essere psicologi per sapere che la malattia porta sempre con sé una trasformazione. In che modo lei è riuscita a trasformare il male e il dolore in qualcosa di positivo per sé e per gli altri?
Penso che un ruolo fondamentale abbia avuto il mio carattere, positivo e ottimista. E alle spalle una vita già toccata dalla sofferenza e da seri problemi di salute. La trasformazione è stata spontanea. Quando finalmente ho saputo cosa avevo e quale percorso avrei dovuto affrontare, è scattato dentro di me qualcosa. Spontaneamente. Mi sono detta: «il cancro non mi ruberà il sorriso». Avevo una certezza: non avrei affrontato il cancro in modo battagliero – penso che nessuna malattia vada affrontata con aggressività e odio, atteggiamenti che non fanno altro che incrementare la negatività – ma con una fermezza gentile, con uno spirito che non mi avrebbe abbruttito l’anima e la vita. Un atteggiamento che i medici hanno notato subito con stupore e insieme grande piacere. Mi hanno chiesto di fare testimonianza perché avrei portato un messaggio positivo e così ho fatto: inizialmente sui social ed è stata subito empatia…è nata così su Facebook la mia grande famiglia. Poi la testimonianza è diventata quotidiana.

Penso che nessuna malattia vada affrontata con aggressività e odio, atteggiamenti che non fanno altro che incrementare la negatività

Maria Teresa Ferrari

Si può imparare ad “avere cura di noi stessi” anche in questo frangente?
Non solo si può, ma si deve. Affronti la malattia in modo completamente diverso, dentro e fuori. Ancora prima di essere operata, quando ho saputo che avrei dovuto affrontare tutto il percorso delle chemioterapie e della radioterapia, mi sono “attrezzata”. Ho cercato informazioni di tipo diverso: da quelle fiscali a quelle nutrizionali, a come avrei affrontato la caduta dei capelli. Ammetto che sono stata fortunata, perché, avendo deciso di curarmi all'interno dello IEO, l'Istituto Europeo Oncologico fondato da Umberto Veronesi e ora diretto dal figlio Paolo, mi sono rivolta allo Spazio benessere, gestito da APEO (Associazione Professionale di Estetica Oncologica), che si trova all'interno dell'ospedale. E lì ho scoperto un mondo ancora, purtroppo, poco conosciuto. L'importanza di usare da subito i prodotti giusti, la possibilità preziosa di farsi aiutare, ma innanzitutto di aiutarsi in modo decisivo quando sorgono problematiche e inestetismi alla pelle, alle unghie e altro. APEO è da allora nel mio cuore e cerco di diffonderlo il più possibile.

Che consiglio si sente di dare alle altre donne colpite da un tumore, soprattutto a quelle che non riescono a reagire o non accettano la malattia?
Difficile dare consigli. Queste sono situazioni in cui è bene chiedere aiuto a una brava psicologa, perché non accettare la malattia è logorante e nocivo. Spesso si è colti da depressione o altre patologie e pertanto ci vuole la medicina. Diventa fondamentale il ruolo dei medici, dell'oncologo in particolare. Tutti i pazienti possono chiedere il supporto della/dello psicologo, ma molti non lo sanno. Quando queste donne si rivolgono a me, ascolto, cerco di aiutarle dando tutti quei consigli di base che a me hanno fatto bene, ma è difficile che cambino atteggiamento nei confronti della malattia se non sono supportate. Lo ribadisco perché capita che i medici omettano di dirti i servizi, gli aiuti di cui puoi usufruire durante le terapie oncologiche. E trovo questa “dimenticanza” molto grave.

Con la sua associazione e con il progetto "Il cuore in testa" ha ottenuto grandi riconoscimenti. Qual è quello a cui tiene di più e perché?
Non nego che ricevere il Premio Victoria è stato emozionante. All'inizio l'ho preso come un gioco. La sorpresa di essere stata selezionata per il Premio, l'intervista di Corriere Tv, la condivisione sui social, centinaia e centinaia di persone che mi scrivevano, hanno generato pura energia che viaggiava in Rete. Quando è arrivata l'attesa serata dedicata all'evento e alle premiazioni, quando sono entrata in Triennale, quando ho conosciuto le altre finaliste, l'emozione si è fatta sentire. Eccome! Quando poi in teatro mi hanno proclamato vincitrice , mi sono commossa tantissimo. Quel premio non l'ho vinto da sola, ma assieme a tutta la mia grande famiglia social. A tutte quelle persone che mi sono state vicine con un pensiero, una preghiera, un abbraccio. Una condivisione toccante, fondamentale.

Quali sono i prossimi obiettivi dell'associazione e in che modo è possibile sostenerla?
L'associazione è nata con una mission: "progettare bellezza, nonostante" ed è quello che stiamo portando avanti in campi diversi: per ritrovare il proprio benessere e risvegliare e sostenere l'amore della persona per se stessa e la propria vita, l'associazione promuove progetti che dall'ambito oncologico si estendono alle arti in genere. Primo tra tutti, "I sogni di Terry", che comprende la collezione di cappelli e copricapi estrosi e anallergici, Cappelli ad Arte, portatori di messaggi positivi, pensati in particolare per chi vive la nudità improvvisa della sua testa, causata dalla chemioterapia o da altre patologie. #Copripensieri che aiutano e promuovono la ricerca contro il cancro. Un'idea che è piaciuta tantissimo a tutti, ma che è difficile sostenere. Per proseguire nel progetto abbiamo bisogno di partners e aiuti. Poi ci sono le conferenze, una rassegna in corso, che sta riscuotendo grande interesse, riguarda “Le parole che ci salvano”, con esponenti dal mondo della cultura e delle scienze, tratta un tema complesso e vitale quale l'uso delle parole nei momenti più dolorosi. “Il Cuore in testa”, il progetto partito da Verona a ottobre che ha fatto tappa a Milano il 6 e 7 febbraio a Palazzo Marino, promosso in collaborazione con l'Assessorato alle Politiche sociali, Salute e Diritti di Milano, legato alla diffusione della prevenzione del tumore al seno, che ha previsto una mostra di ritratti di donne e il convegno: “"Tumore al seno: dalla cultura della prevenzione alla cura estetica ed interiore per migliorare la qualità della vita”. Siamo stati invitati a Roma, alla Camera dei deputati, a presentare l'associazione e i suoi progetti… Insomma, siamo nati la scorsa primavera ed è proprio il caso di dire che La Cura sono Io corre veloce, più veloce di noi. Per farla vivere abbiamo però bisogno di aiuti, di nuovi soci, di contributi. Sul nostro sito www.lacurasonoio.it è possibile sostenerci, trovare il modo di tesserarsi, acquistare cappelli, contattarci.

Recentemente Nadia Toffa e Daria Bignardi hanno richiamato ancora una volta l'attenzione sul modo di affrontare il cancro. Qual è il suo commento?
Sinceramente penso che ognuno abbia la sua modalità di affrontare il cancro e che qualsiasi sia l'atteggiamento della persona malata vada accettato e mai criticato. Io ho raccontato il mio percorso, l'ho condiviso, non ho omesso paure, fatiche, sofferenze, ma ho sempre tutelato il mio privato. La gente sente la tua sincerità e la apprezza. E comunque non si può mentire con la malattia, saremmo dei mostri. Pertanto la vivace – diciamo pure esplosiva – testimonianza televisiva di Nadia Toffa o il silenzio della Bignardi nel mentre viveva il "suo" cancro, raccontato oggi nel suo ultimo libro, sono scelte personalissime, importanti e utili perchè parlare del cancro è importante e aiuta ad allontanare la paura. È importante come invito a fare prevenzione e a ribadire che, con le cure adeguate, possiamo guarire. L’unica cosa che ritengo fondamentale ribadire è che ogni cancro è diverso e diversa è la reazione della persona, diverse sono le terapie. Ognuno vive la malattia a suo modo. È importante dare un messaggio positivo ma è altrettanto importante essere sempre sinceri. Per questo è fondamentale usare le parole giuste.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA