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Antonella Ferrari

Porto in scena la normalità delle persone con disabilità. E diverto

di Antonietta Nembri

L'attrice torna a teatro per il quinto anno con la tournée dello spettacolo “Più forte del destino. Tra camici e paillette la mia lotta alla sclerosi multipla”, pièce tratta dal suo libro omonimo.

Cinque date per la quinta stagione di “Più forte del destino. Tra camici e paillette la mia lotta alla sclerosi multipla”, la pièce teatrale che ha come protagonista Antonella Ferrari, attrice e autrice del libro omonimo pubblicato da Mondadori nel 2012.Ferrari è ambasciatrice di Aism – Associazione italiana Scelrosi Multipla.
La tournée al via il 21 febbraio dal teatro Giuditta Pasta di Saronno (Va) si concluderà al Teatro Cristallo di Cesano Boscone il 5 aprile. Dopo quattro anni di repliche sempre soldout la quinta stagione dello spettacolo autobiografico arriva a grande richiesta del pubblico. Un successo che, si legge in una nota stampa lascia «piacevolmente stupefatta» la stessa Antonella Ferrari per la quale lo spettacolo è anche la possibilità «di raccontare la malattia senza retorica e pianti a comando. Chi viene a teatro incontra tutto di me: le mie fragilità, la mia autoironia e la mia tenacia…».

Uno spettacolo che si ispira al libro – scritto dalla stessa Ferrari e che è diventato un best seller – anche se la pièce teatrale è «più comica. Il linguaggio teatrale permette di non fare sconti. Ma non volevo fare uno spettacolo triste. E dove se non sul palco potevo presentare che mi rappresentasse senza sconti?», spiega Antonella Ferrari, raggiunta pochi giorni prima della messa in scena a Saronno.

In Italia non è usuale che uno spettacolo faccia cinque anni di tournée. Te l’aspettavi questo successo?
Sinceramente no. Perché quando ho deciso di scrivere lo spettacolo ho pensato che c’era il rischio che chi mi vedeva in scena potesse mantenere dei pregiudizi. Non pensavo andasse sold-out, che ci fosse così tanta gente che voleva vedermi, conoscere la mia storia. Ed è proprio grazie al pubblico che questo spettacolo ha avuto così tante tappe e sta per aprire il quinto anno di spettacoli

Il grande pubblico ti conosce più come attrice televisiva (Centovetrine, Butta la luna, La Squadra, Un matrimonio di Pupi Avati) e in questi anni hai sempre detto di non voler recitare la “disabile”, ma in questo spettacolo racconti di te, della tua malattia
Questo è il mio fiore all’occhiello, qui io porto in scena la mia vita, ma posso dire che in questo spettacolo viene fuori l’attrice. Spesso mi dicono “ma sei proprio brava”, perché non è facile stare in scena da sola e nello stesso tempo continuare a cambiare registro: dalla rabbia al divertimento.

Quattro anni di repliche alle spalle, ci sono ricordi particolari?
Uno riguarda Lorella Cuccarini che quando mi sono esibita al Parioli a Roma mi ha detto che mentre rideva stava iniziando a piangere perché una pièce come questa riesce a farti riflettere mentre ti fa ridere sulla disabilità.

Rispetto alla televisione, a teatro l’attore “sente” il pubblico. Ci sono dei momenti in cui ti accorgi di avere gli spettatori con te?
Ci sono sensazioni diverse in tutte le tappe. Per esempio c’è un momento nello spettacolo in cui metto in scena la rachicentesi (un esame molto doloroso, ndr.) e lo faccio attraverso l’allegro chirurgo e simulo l’esame. In quei momenti c’è un gelo e un silenzio in sala da brividi. Sono tanti i momenti in cui senti il pubblico con te, a parte le risate che sono irrefrenabili quando si arriva al punto in cui racconto della tv e della disabilità.

Il culmine di questo scambio di sensazioni tra palco e platea?
Il finale. Mi fa venire i brividi. Parlo della mia famiglia di mio padre che è andato in cielo. Lì senti i fazzoletti, le persone che tirano su con il naso. Il pubblico si coinvolge, tutti piangono con te, tornano con il pensiero alla propria perdita. È un momento veramente forte, emotivamente forte.

In scena porti la tua disabilità. Che differenza c’è con i personaggi con disabilità a cui hai prestato la tua recitazione?
Nelle fiction alla fine mi volevano per far piangere. Ed è il motivo per cui me ne sono andata da 100 Vetrine, il personaggio stava diventando troppo me. La rappresentazione della disabilità rischia spesso il pietismo. Tutta un’altra storia quando ho recitato per Pupi Avati, ero in sedia a rotelle, ma il personaggio non era stereotipato e soprattutto no forniva un ritratto pietistico dei disabili. Odio la retorica dei sentimenti. E infatti nello spettacolo non ve n’è traccia. Per esempio quando mi chiamarono per la Squadra, mi chiesero dei consigli per il personaggio. Non viene mai esplicitata la causa della sua disabilità e forse anche per questo il personaggio piacque molto. Anche se credo che sia stato perché io dissi esplicitamente: fatemi stronza.

Interpretavi una Pm, ma perché hai chiesto che il personaggio fosse antipatico?
Ero stanca di recitare una disabilità stereotipata. Credo sia il momento di mostrare la normalità delle persone con disabilità.

Le cose stanno cambiando?
Un certo cambiamento è in corso, si affrontano più facilmente temi sensibili, ma non c’è ancora apertura dal punto di vista lavorativo. E permane ancora il vizio di trattare la persona con disabilità come un eroe o come uno sfigato. C’è sempre la rincorsa dell’eccezionalità. Per esempio quando si parla di campioni paralampici, sono sempre eccezionali, ma se vincono delle medaglie è perché sono bravi, non perché sono disabili.

E nel tuo campo, nel campo artistico ci sono dei progressi?
Come attrice malata, vengo discriminata dagli addetti ai lavori, hanno paura, pensano all’assicurazione, al fatto che non puoi fare certe cose. Invece il pubblico è più pronto, più aperto. E credo che sia dovuto al fatto che all’estero, nelle fiction che arrivano dagli Usa ci sono attori con disabilità, si scherza sulla disabilità. In Italia sembra ci sia un tabù, da noi non avrebbero mai fatto un film come “Quasi amici”. Per esempio avevo fatto una puntata zero di una sit-com con alcuni amici di Zelig, lì mi prendevo e mi prendevano in giro. Io lo trovavo geniale. Ma non è mai andato in onda. Ecco a teatro io riesco a far ridere…

Cosa ti auguri per il futuro non solo tuo, ma anche per altri attori e attrici che hanno delle disabilità?
Mi auguro un vero salto di qualità: lavorare perché sei bravo e non perché sei disabile.

La tournée

Lo spettacolo dopo Saronno, andrà in scena il 7 marzo al Teatro Sant’Antonio a Montecchio Maggiore (VC); il 9 marzo al Teatro Sociale di Canzo (CO); il 16 marzo allo Spazio Bi di Cormano (MI) e il 5 aprile al Teatro Cristallo di Cesano Boscone (MI).
La regia è affidata ad Arturo Di Tullio, con la partecipazione straordinaria in video di Manuel Frattini.

In apertura foto di Claudio Padovan – una scena dello spettacolo


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