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Lorella Zanardo

«Con la media education possiamo cambiare il mondo»

di Cristina Barbetta

Nella società degli schermi è indispensabile educare a guardare le immagini, in particolar modo ora, durante la pandemia. Il libro di Lorella Zanardo e Cesare Cantù “Schermi-Se li conosci non li eviti”, edito da Franco Angeli, è il primo manuale divulgativo in Italia di educazione all’uso consapevole dei media. I due autori da più di 10 anni viaggiano dal nord al sud dell’Italia, e all'estero, per educare ai media studenti, insegnanti, e genitori. Nella consapevolezza che la media education sia uno strumento di cittadinanza attiva. L'intervista con Lorella Zanardo

«Questo libro nasce da un'urgenza: dare uno strumento per l’educazione all’uso consapevole dei media» , spiega Lorella Zanardo. Attivista, documentarista, scrittrice, formatrice, è autrice del volume “Schermi- Se li conosci non li eviti” insieme a Cesare Cantù, regista e docente di linguaggio audiovisivo. «Passiamo molto tempo davanti alle immagini, sia noi adulti, sia i ragazzi, soprattutto ora, durante la pandemia di Covid. Per questo "Schermi" è un volume indispensabile in questo periodo».

Il libro, pubblicato a ottobre 2020 ed edito da Franco Angeli, (210 pagine, 27 euro), è il frutto di più di 10 anni di lavoro nelle scuole in Italia, dal nord al sud, e all’estero, durante i quali Lorella Zanardo e Cesare Cantù hanno formato studenti e studentesse, docenti e genitori sul tema dell’educazione ai media come strumento di cittadinanza attiva. «Crediamo», osserva Lorella Zanardo, «che attraverso una corretta comprensione dei media si possa migliorare il mondo».

L’impegno all’educazione alle immagini è nato più di 10 anni fa, in seguito alla diffusione del documentario “Il corpo delle donne”, realizzato da Lorella Zanardo e Cesare Cantù, una denuncia della rappresentazione degradante delle donne in televisione in Italia, visto in rete da 20 milioni di persone. «Dopo che il documentario è stato messo online abbiamo ricevuto migliaia di richieste da docenti, in particolare delle medie inferiori e superiori, che avevano visto il documentario e ci chiedevano di dare loro strumenti per fornire quella formazione che ritenevano fondamentale». Infatti «come si va a scuola per imparare a leggere e scrivere, così esiste un’alfabetizzazione alle immagini». La media education è materia obbligatoria in quasi tutti i Paesi europei e per quanto riguarda l’Italia, una raccomandazione dell’Unione europea invita le scuole a inserirla nel piano di studi.

"Schermi-se li conosci non li eviti" non è solo un libro, ma anche uno strumento di progresso e cambiamento, che consente una migliore comprensione della realtà. «Sapere guardare le immagini, riconoscere le manipolazioni del linguaggio audiovisivo, verificare le notizie, sapere riconoscere le fake news e gestire i propri dati personali online, sono tutte competenze necessarie per costruire una società più giusta».

Come nasce “Schermi-se li conosci non li eviti”?
Abbiamo sentito l’urgenza di scrivere un manuale sull'educazione ai media, partendo da lontano, da "Il corpo delle donne” e dallo stereotipo sessista. Abbiamo riscontrato che i media impongono una visione del mondo, e se dall’altra parte dello schermo c’è una popolazione informata, con una dieta mediatica variata, è in grado di riconoscere una fake news, o di realizzare quando per esempio un giornale cambia proprietà, per cui dopo molti anni, ha un punto di vista diverso che non sempre si condivide… Tutto questo non è possibile se non sei una persona mediamente preparata. Nei nostri corsi parliamo per esempio moltissimo dell’uso della telecamera. La televisione italiana ci ha abituati alle riprese dei corpi femminili in modo sempre oggettivato, cioè riprendendo il corpo dal basso, soffermandosi su di esso, e inquadrando il volto solamente alla fine, mentre questo non succede per gli uomini. Tutto ciò ha un’influenza molto negativa in un paese con un livello culturale molto basso , che quindi si “beve” tutto quello che passa.

Può spiegare?
Come dicono i dati Censis, in Italia abbiamo uno dei più alti tassi di analfabetismo funzionale e di abbandono scolastico d’Europa. Abbiamo la più bassa percentuale di laureati e di lettura di quotidiani in Europa. Quindi in un Paese come il nostro le immagini diventano più forti, e in questo momento di pandemia in modo particolare. Contrariamente all’opinione di molti, In Italia c’è ancora moltissima gente che guarda la televisione. Come rileva il rapporto Censis, il 90% della popolazione italiana si forma ancora attraverso la televisione e i telegiornali. Questo perché la televisione ha colonizzato i social, per cui anche se una persona non ha guardato un dato programma in tv, lo rivede sui social e sui siti dei quotidiani.

Qual è l’obiettivo del libro?
“Schermi” nasce per educare all’uso consapevole dei media, che è fondamentale per comprendere meglio la realtà. I media a volte danno messaggi non chiari, manipolatori, quindi l’educazione ai media è indispensabile. Passiamo la maggior parte del tempo a contatto con le immagini, e ora con la pandemia di Covid ancora di più, quindi questo manuale e l’educazione alle immagini sono particolarmente necessari. Come si va a scuola per imparare a leggere e scrivere, così esiste un’alfabetizzazione alle immagini. La “media education” è materia obbligatoria in quasi tutti i Paesi europei. Per quanto riguarda l’Italia, una raccomandazione dell’Unione europea invita le scuole a inserirla nel piano di studio e, vista la diffusione della comunicazione mediatica e le sue ricadute sulla vita individuale e collettiva, sarebbe giunto il momento che anche l’educazione ai media diventasse materia curricolare per tutti gli ordini e gradi di scuola, a partire da quelli dell’infanzia.

​Avere trasmesso a ragazze e ragazzi la consapevolezza che noi valiamo, noi contiamo, e che ognuno e ognuna di noi può avere un ruolo "rivoluzionario". Questo è ciò che continua a motivarci dopo anni

Lorella Zanardo

A chi è rivolto il manuale?
L’abbiamo scritto pensando alle scuole, ai ragazzi e alle ragazze, perchè una mia grande certezza è che se tutti noi ci dicessimo: “Per 10 anni smettiamo di dedicarci all’obiettivo a breve termine e ci dedichiamo a educare chi è a scuola adesso”, potremmo pensare che tra 10 anni l’italia sarà un Paese veramente cambiato e migliore. È che non si ha il coraggio di farlo. Noi ci dedichiamo alle scuole perché ci piacerebbe pensare a una realtà diversa da qui a qualche anno.

Che tipo di libro avete realizzato?
"Schermi-se li conosci non li eviti" è un libro divulgativo, è il primo manuale che esce in Italia di educazione ai media davvero popolare. Fa pensare il fatto che nel nostro Paese, in cui la gente sta attaccata agli schermi, non esistesse prima del nostro un manuale di educazione ai media. Ci sono dei tomi universitari molto belli per addetti ai lavori che nessun altro legge, in un Paese in cui la gente legge poco o niente. Mi sono chiesta come mai nessuno abbia pensato di fare un libro accessibile a tutti, che gli insegnanti e i genitori possano usare. Abbiamo così pensato di realizzare un volume che attiri anche un pubblico meno d'élite. Nel libro ci sono tanti esempi ed esercizi per gli insegnanti, frutto del lavoro che abbiamo svolto per più di 10 anni in Italia e all’estero, perché vorremmo che ci fosse un volume per classe, e per famiglia. Ci sono consigli, non per demonizzare i media, che devono essere conosciuti e usati consapevolmente, ma per chiederci: “Come funzionano i media? Potremmo avere anche qualcosa di meglio?” Ecco, questo è l’obiettivo.

Che cosa la motiva dopo 10 anni di lavoro?
​Avere trasmesso ai ragazzi e alle ragazze la consapevolezza che tutti valiamo, che ognuno di noi può avere un ruolo rivoluzionario. Questo è ciò che continua a motivarci dopo 10 anni: ridare la consapevolezza ai ragazzi del loro valore, e del fatto che il loro agire influisce sul mondo e può migliorarlo. Sembrerebbe banale ma quando andiamo nelle scuole – noi formiamo le medie superiori, quindi insegniamo a ragazzi dai 14 ai 19 anni – ci rendiamo conto che nonostante gli studenti siano così giovani sono senza speranza, oppure è come se la speranza o il fatto di poter cambiare il mondo fosse per loro una cosa impossibile, a cui non hanno mai pensato. Noi agiamo su questo e facciamo capire che l'educazione ai media non è un esercizio intellettuale ma uno strumento di cittadinanza attiva.

Come è nato il suo percorso di indagine?
Quando ho realizzato il documentario “Il corpo delle donne”, mi sono dedicata a quello che era sotto gli occhi di tutti: un utilizzo ossessivo da parte dei media e della pubblicità del corpo delle donne come oggetto per trasmettere molti tipi di messaggi. È interessante perchè una parte ampia dell’”intellighenzia” ha sempre difeso questo tipo di televisione che veicola una rappresentazione degradante delle donne. Nonostante il documentario ebbe un grandissimo successo- venne visto online da 20 milioni di persone e fu tradotto in 6 lingue, una gran parte dell’intellighenzia l’ha schivato, e io mi chiedevo il perchè. Questi intellettuali mi dicevano: “Diamo alla gente quello che vuole”, però poi loro non guardavano quei programmi. Quindi mi sono fatta l'idea che in Italia ci sia una larga fascia di persone pensanti a cui fa comodo che molta gente con poca cultura guardi questi programmi di basso livello. Tutto questo è molto grave – una parte, non totale ma ampia di intellettuali si calma la coscienza dicendo che questo è ciò che la gente vuole, in realtà non si tratta di una scelta libera.

Perchè?
Mi sono fatta una domanda: ma che cos'è che vuole davvero la gente? E da lì è iniziata tutta la mia indagine. Come dicono i dati Censis in Italia c’è un alto tasso di analfabetismo funzionale sia tra gli adulti sia tra i giovani. Quando una persona ignorante, senza cultura, accende la televisione e guarda un programma trash, io mi dico che questo non è ciò che vuole, è quello che gli viene proposto. Questa persona non ha strumenti per attuare una scelta, perché la scelta è un’azione elitaria. Una persona che ha studiato, si è laureata, legge, va a teatro… ha la mente sollecitata da mille stimoli, e quando vede un programma trash cambia canale. L’atto di cambiare, di scegliere, oggi è atto d'élite e che questo non sia chiaro a tutti è molto grave. Si tiene gran parte della popolazione in uno stato di ignoranza e le si danno programmi di livello infimo.

In che modo educate i ragazzi alla cittadinanza attiva?
Un esempio: viviamo circondati in italia da cartellonistica sessista. Ci sono migliaia di affissioni di questo tipo. Che cosa insegniamo ai ragazzi? Il nostro metodo è innanzitutto creare consapevolezza. Non facciamo mai critiche, non giudichiamo. Questo è il primo punto, che può sembrare banale ma in realtà è molto importante: lavorare sulla presenza, sulla consapevolezza. Come agisce la telecamera? Quale punto di vista stanno usando? Cosa c’è su quella affissione, o sullo schermo? Che canale è? Che ore sono? Chi c’è davanti allo schermo? C’è un product placement all’interno del videoclip ? Una volta che sono consapevole mi accorgo anche di eventuali stereotipi, di tutti i tipi, non solo sessisti. Quindi questo è il secondo step. Il terzo, che è la cittadinanza attiva, implica che, quando mi rendo conto e divento consapevole, invece di stare in silenzio e lamentarmi, agisco. Vedo la pubblicità sessista e ho un grande strumento, che è internet. A questo punto cosa fanno i ragazzi dei nostri corsi? Vanno sulla pagina dell'azienda e scrivono educatamente, firmando (cosa molto importante) la loro lettera: “Gentile società, questa pubblicità ci/mi offende. Potete ritirarla per favore?” Quest’azione funziona perchè se scriviamo in tanti le aziende si rendono conto di non piacere. Avere questo tipo di risposta da parte delle aziende è molto importante per i ragazzi e dà loro la consapevolezza che questa azione serve, e che loro valgono e possono cambiare il mondo.


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