Giovanni Fosti

Fondazioni, l’agenda della priorità va costruita insieme alla comunità

di Redazione

«La portata del cambiamento in cui siamo immersi, supera la capacità di comprensione di ciascuno, è quindi necessario essere più bravi nel lavorare insieme e insieme costruire l'agenda delle priorità». Riprendiamo l'intervista pubblicata sul magazine di dicembre in occasione dei 30 anni delle Fob. Nelle correlate i dialoghi con il presidente di Acri e Compagnia San Paolo, Francesco Profumo e il presidente della Fondazione di Sardegna, Antonello Cabras

Pnrr: il grande nodo del Piano oggi è la sua effettiva “messa a terra”. Quale contributo concreto possono dare le fondazioni affinché un importo così rilevante di risorse diventi reale risorsa per le comunità?
Le nostre comunità sono attraversate da spinte sempre più forti alla frammentazione, che rischiano di generare divaricazioni sempre più profonde. All’interno dello stesso territorio e delle stesse città vivono persone che vedono aumentare il proprio livello culturale, economico e di benessere, e persone che invece sperimentano un impoverimento che li tocca in diversi ambiti essenziali: alimentare, energetico, culturale, educativo, digitale.
In regione Lombardia già prima della pandemia, 70mila studenti presentavano significative perdite di apprendimento: circa 50mila di loro provenivano da famiglie con uno status socioeconomico basso e non raggiungevano il livello minimo di competenze in italiano e matematica. Oggi i dati Invalsi 2020/21 mostrano risultati di circa il 17% più bassi per gli studenti che provengono da un contesto di fragilità rispetto a quelli con uno status socioeconomico culturale alto. Per questi ragazzi il rischio è di vedersi precluse, già in partenza, opportunità di crescita e di espressione del proprio potenziale, venendo condannati a una povertà di futuro. Questo divario, che è inaccettabile, influisce molto negativamente su chi vive in prima persona una condizione di svantaggio, ma al tempo stesso riguarda tutti: il modo con cui affrontiamo oggi queste disuguaglianze avrà infatti un impatto determinante sul tipo di comunità, di istituzioni e di imprese che il nostro Paese avrà nei prossimi 20 o 30 anni.
Da questo punto di vista il Pnrr è un’occasione di grandissima portata perché mette in campo una straordinaria dotazione di risorse per la ripresa, ma occorre l’impegno di tutte le parti perché la sua attuazione diventi una reale occasione di crescita e sviluppo per le persone, le comunità e i territori. Perché questo accada è necessario sviluppare insieme una visione sul territorio e sul modo in cui la progettazione delle opere interagisce con la progettazione di comunità.

Innovazione: per la fondazione che presiede questo termine cosa significa in concreto nel rapporto con le comunità di riferimento?
Investire sulle persone dovrebbe essere il primo e più importante degli interventi. Occorre agire sulle disuguaglianze di opportunità non solo in termini di contrasto a un’ingiustizia ma in termini di consapevolezza del potenziale umano di cui il Paese si priva se accetta la frammentazione delle comunità e l’esclusione di una parte importante della popolazione. Abbiamo quindi bisogno di interventi che non si collochino all’interno di una filantropia riparativa, che tenta solo di arginare i problemi. È necessaria un’azione generativa comune che coinvolga le istituzioni pubbliche e i privati capaci di allearsi sulle sfide chiave. Questa dal mio punto di vista è l’innovazione che sta a monte di ogni pratica innovativa.

Coprogettazione: come pensa di favorire l’implementazione di questo modello di policy nel rapporto con Terzo settore e pubbliche amministrazioni
Gli strumenti di coprogettazione e coprogrammazione sono occasioni per sviluppare un pensiero condiviso tra i diversi soggetti: si tratta di strumenti normativi nuovi che richiedono sia alle organizzazioni di Terzo settore sia agli enti pubblici un cambiamento di mentalità e di approccio. La presenza di una trama di legami che tiene insieme la comunità è una condizione essenziale per raggiungere e sostenere le persone. In un momento di transizione e trasformazione epocale come quello attuale, persone che si trovano a vivere sole e isolate sono molto più deboli: per un anziano solo, per una persona straniera non integrata, per un ragazzo che rimane escluso dal sistema educativo la propria fragilità diventa insormontabile. La presenza della comunità, attraverso anche lo strumento della coprogettazione, agisce invece come rete di protezione, come sostegno per le persone: non le lascia indietro ma le aiuta a recuperare fiducia, a creare soluzioni e andare avanti.

Impresa sociale: può essere davvero l’architrave di un nuovo modello economico? Come le fondazioni possono costituire un fattore di spinta su questo fronte?
Le imprese sociali, gli enti di Terzo settore, le organizzazioni non profit e tutti i corpi intermedi in generale costituiscono un patrimonio indispensabile per le nostre comunità: non solo hanno la capacità di erogare servizi che sanno rispondere in modo capillare e puntuale alle diverse esigenze del territorio, perché lo vivono e lo conoscono, ma sono in grado di generare comunità, attraverso la valorizzazione di spazi, luoghi e legami che avvicinano le persone tra loro e creano tessuto connettivo vitale per lo sviluppo della comunità stessa. Davanti ai bisogni che emergono all’interno dei territori e delle comunità occorre che ciascuno degli attori in gioco — enti, istituzioni, imprese — sia disposto a un dialogo e a un confronto vero sull’individuazione e la condivisione dei problemi più importanti. Da questo terreno di confronto nasce la possibilità di agire insieme, connettendo energie e risorse che utilizzate singolarmente avrebbero generato un effetto minore.

Le priorità: quali sono i bisogni del territorio che sentite come prioritari nei prossimi anni e su cui farete i maggiori “investimenti”?
Imparare a stare nella contemporaneità è il nodo cruciale. La cifra distintiva del contemporaneo risiede nella capacità di riconoscere l’incertezza e di creare connessioni che permettano di sostenerla e affrontarla. Questo vale anche per realtà come Fondazione Cariplo ed è la modalità di azione che stiamo cercando di portare nella relazione con tutti i nostri stakeholder. A tutti i livelli occorre infatti l’umiltà di “mettersi intorno al tavolo” con la volontà e la disponibilità a un dialogo, per decidere su cosa investire e per trovare soluzioni comuni. La portata del cambiamento in cui siamo immersi, che supera le possibilità di comprensione e di risposta di ciascuno, rende necessario essere sempre più bravi a lavorare insieme per costruire insieme l’agenda delle priorità dei prossimi mesi e del prossimi anni.


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