Società

In passerella sfila l’Italia del futuro

di Barbare Pianca

Osaramen Mangano di origine nigeriane e Ahlam El Brinis di origine marocchine hanno tre cose in comune: entrambe sono finaliste di Miss Italia, hanno la pelle scura e sono e si sentono italiane al 100%. La storia di un Paese che sta attraversando una profonda trasformazione, anche se non sempre si sente pronto, visto da chi è protagonista del mutamento.

Quello che è chiaro, quando parli con Osaramen Mangano (nella foto di copertina), è che lei è italiana. Si sente italiana, la sua cultura è al cento per cento italiana, e l'attenzione diversa, il disagio, il motivo stesso per cui l'abbiamo intervistata, sta solo negli occhi di chi la guarda e nota il colore della sua pelle. Lei è italiana e basta, il suo ragazzo è italiano, i suoi figli saranno italiani, e miss Italia vuole diventarlo perché si considera una bellezza della nostra Italia. 24 anni, nata ad Aosta da madre nigeriana e padre italiano, la sua pelle olivastra le è costata commenti razzisti fin da piccola. Eppure l'Italia di oggi è multietnica, «e un giorno da noi sarà una babele come oggi è in America».

Per lei come per Ahlam El Brinis, 20enne padovana figlia di genitori marocchini, diventare miss Italia significa rappresentare il nostro Paese com'è realmente oggi, un Paese che sta attraversando una profonda trasformazione transculturale. Sono loro le due miss selezionate tra le 33 finaliste la cui pelle racconta un'Italia non più solo bianca, e questa storia non a tutti è andata giù. Quando le ragazze hanno postato su Facebook una foto di loro due insieme, hanno ricevuto parole sgradevoli e perfino insulti.

Per Osaramen, che ci spiega che il suo nome si scrive così ma si legge “Sarime”, una parte dell'Italia fa fatica ad accettare un cambiamento che però di fatto è già in atto. «Dovrebbe essere diverso, e invece nei miei confronti percepisco a volte la stessa diffidenza di quando ero piccola e abitavo in paesini dove gli unici diversi eravamo io e mio fratello. Per questo penso che se vincessi ci sarebbe lo stesso scandalo del '96». Il '96 Sarime non lo dimenticherà mai: «Denny Mendez vinceva e mio padre era felice, diceva che finalmente in Italia c'era un segnale tangibile di apertura verso il diverso. Avevo sei anni. Un mese dopo lui moriva in circostanze misteriose. Una tragedia tutt'oggi irrisolta, forse un omicidio». Da quell'anno la ragazza non avrebbe più visto sua madre e sarebbe stata cresciuta dagli zii in provincia di Pavia. «Ho imparato a essere forte, a non manifestare le emozioni più profonde che io stessa impiego un po' a contattare. Come ora che sono stata selezionata tra le finaliste di miss Italia: non me ne rendo ancora conto».

Credere in se stessi, così che gli altri possano credere in te

Il motto di Osaremen

Anche il 2015 Osaramen non se lo dimenticherà mai. Quest'anno ha reincontrato sua madre dopo vent'anni, scoperto di avere, oltre al fratello con cui è cresciuta, altri due fratelli di cui uno per metà cinese. E da qualche giorno trascorre le ore al mare con altre 32 ragazze tra shooting fotografici, interviste e prove di balletti e sfilate, in attesa di domenica. «Quello che sto vivendo oggi me lo sono conquistato» ci racconta. «Fino a due anni fa non credevo in me stessa, non avevo fiducia nelle mie capacità». E cos'è cambiato dal 2013? «Mi sono fatta un bell'esame di coscienza, sono andata in fondo, e mi sono messa in gioco. Ero una ragazzina, ora mi sento una donna. A 18 anni sono andata a vivere da sola e mi sono rimboccata le maniche. Ho fatto la barista, la ragazza immagine, e in questi ultimi anni mi sono pagata un corso per diventare deejay. Ora lavoro nelle discoteche della mia città, metto su musica, perché musica e moda sono il mondo dentro cui voglio vivere e lavorare».

Com'è stato reincontrare tua mamma? «Indescrivibile. Mi ero immaginata un sacco di cose, invece la realtà è tutta diversa. Lei è altissima, ha i tratti tipici delle nigeriane, e direi che assomiglio molto più a mio padre. Ora che l'ho ritrovata sono pronta ad andare in Nigeria, vedere da dove per metà provengo. Fino a prima di incontrarla mi dava addirittura fastidio pensarci, alla Nigeria, perché per me rappresentava mia madre, e una madre io non ce l'avevo più».

Perché in alcune persone il pregiudizio verso la pelle nera anche nel 2015 fa fatica ad andare via? Cosa pensi di suscitare in loro? «I neri sono stati gli schiavi, erano considerati una razza inferiore. Quest'idea si è radicata così profondamente che uno non si rende nemmeno conto di avercela. Una miss Italia con la pelle nera contribuirebbe a smantellare quest'idea in quella parte dell'Italia che fa più fatica ad accettare i cambiamenti».

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Anche Ahlam ha la pelle ambrata. I suoi genitori sono nati e cresciuti in Marocco, arrivati in Italia negli anni Ottanta. Ma Ahlam El Brinis è nata e cresciuta a Padova e ora vive a Montebelluna con il suo ragazzo. È italiana, si sente italiana e vuole diventare miss Italia perchè anche lei è una di noi. I problemi se li fanno gli altri. Ahlam non parla nemmeno di razzismo, per lei si tratta solo di idee diverse, «e io rispetto sempre le idee degli altri» aggiunge. «Solo che non sento il bisogno di attaccare chi la pensa diversamente da me. Evidentemente chi mi ha attaccato sui Social per la mia partecipazione a miss Italia è convinto che a rappresentare l'Italia possa essere solo una ragazza italiana da molte generazioni».

Non arrendersi mai, ma lottare sempre per i propri sogni

Il motto di Ahlam

Hai ricevuto delle vere e proprie minacce, non hai paura? «No, forse perché di persona nessuno mi ha mai detto nulla e quello che c'è sul web non l'ho mai letto. Addirittura ne sono venuta a sapere solo dall'articolo di un giornale. E neanche allora sono andata a leggere. Non mi interessa». I tuoi genitori cosa dicono? «Sono fieri di me. Nessuno si aspettava che sarei stata così forte. E invece questi attacchi io li ho presi come ostacoli da superare, come una sfida per dimostrare che non è vero che rappresento qualcosa di negativo». Pensi sia questo? Per alcuni rappresenti qualcosa di negativo? «Di marocchini in Italia ce ne sono tanti e si comportano in modi diversi. Ma dipende dai singoli, dalla loro storia. Io conosco altre persone di origine marocchina, ma solo quelli che, come la mia famiglia, si sono integrati nel tessuto sociale italiano. Ce ne sono tanti. Finora, fin da piccola, la diffidenza io l'ho incontrata solo in chi non mi conosceva. Chiunque mi ha dato la possibilità di conoscermi mi ha poi accettato per quello che sono. L'opportunità di miss Italia per me è un po' la stessa cosa, farmi apprezzare per quello che sono al di là dei pregiudizi».

Nel tuo caso non c'è solo il colore della pelle, c'è anche la religione islamica. «Ho frequentato un asilo di suore! E mia madre ci lavora, in un asilo di suore. Siamo musulmani, è vero, ma non sono praticante». Cosa vuol dire, allora, per te, essere musulmana? In che modo lo sei? «Per me è una questione più che altro spirituale. Una questione di valori. Rispettare gli altri, aiutarli, realizzare i miei sogni senza fare torti ad altre persone. Tutto questo non c'entra con come mi vesto o con il velo che non porto». Che legame hai con il Marocco? «È da tanto che non ci vado. I miei mi ci portavano quando ero piccola. Quello che ricordo è che ci hanno sempre tenuto a mostrarmi le due facce di quel Paese. Quella benestante, accogliente, acculturata, sicura. Ma anche quella dove regnano miseria e povertà. Ho visto persone che non avevano niente. Questo mi aiuta a comprendere i migranti che vengono qui, so da cosa fuggono, ho visto qual è la povertà che stanno provando a lasciarsi alle spalle».


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