Welfare

“Latinos”, qualcosa che non sappiamo di loro

Giovani. Due operatori sul campo ci spiegano cosa c’è dietro le gang / Ragazzi che dalla condizione di privilegiati nel loro paese si trovano in Italia sull’ultimo gradino della scala sociale - di Mas

di Redazione

A leggere le cronache riportate da molti giornali negli ultimi giorni, ci si trova investiti da immagini di guerre tra bande, di riti violenti di iniziazione, di criminali che si muovono per le città. I teatri di questa violenza urbana dovrebbero essere Milano e Genova. I protagonisti avrebbero tutti gli stessi tratti: giovani latinoamericani con cappellini, collane al collo, pantaloni a vita bassa, il volto e il corpo segnato da ferite. Sarebbero entrate in azione le bande. Gruppi criminali, associazioni a delinquere che pescano il nome dalle gang statunitensi e latinoamericane, Latin Kings e Netas, o che inventano per sé un nome nuovo e una nuova identità, Commando e Chicago.
Il dato di fatto è che dal 2004 a oggi potremmo fare una rassegna stampa completa piena di tanti piccoli eventi: risse, accoltellamenti, furti, rapine, estorsioni. Autori e, nella stragrande maggioranza dei casi, vittime dei fatti sono ragazze e ragazzi provenienti da Ecuador, Perù, Bolivia, Colombia. Cosa sta succedendo? Da più di un anno proviamo a capirlo lavorando in strada con i ragazzi e incontrando le loro famiglie. Lo facciamo in un progetto di ricerca e di intervento che abbiamo chiamato Calle (vedi box, ndr). Quello che abbiamo capito è che ci troviamo di fronte a una immagine scelta dai ragazzi che rischia di diventare reale nelle sue conseguenze peggiori.

Dietro l?immagine
La prima domanda che ci siamo posti è chi si nasconde dietro l?immagine. Abbiamo trovato ragazzi e ragazze che hanno in comune alcuni tratti. Sono giovani migranti ricongiunti negli ultimi anni alle madri e ai padri, genitori arrivati in Italia da molto più tempo. Hanno vissuto da piccoli l?allontanamento dai propri genitori, avendo con loro un contatto telefonico sporadico e un contatto fisico solo nei rari periodi di rientro in patria. Hanno fantasticato sui propri genitori avendo i soldi delle rimesse e i regali di marca come base da cui partire. Nel frattempo hanno costruito un loro mondo reale fatto di relazioni con i nonni e gli zii, con gli amici del quartiere per cui erano i figli fortunati di una mamma emigrata.
Quando arriva, il ricongiungimento raramente è scelto o volutamente rincorso dai ragazzi. Più spesso è la decisione di genitori che cercano di riprendere in mano una famiglia che la migrazione ha sottratto loro. Arrivati a Milano, una città che non è considerata una città di successo come potrebbero essere New York o Barcellona, scoprono che i propri genitori sono in fondo alla catena sociale. Un ultimo posto fatto di lavori precari e dequalificati, di uno stipendio da fame spesso pagato in nero, di posti letto in appartamenti sovraffollati o di piccoli bilocali in palazzi fatiscenti. La famiglia è costretta a scoprire che avere un figlio adolescente in una città come Milano è un costo che non è facile mantenere senza aumentare il proprio livello di sfruttamento.
Cosa succede nei cuori e nelle teste di questi ragazzi che scoprono di avere genitori che vorrebbero esercitare un controllo ma che sono quotidianamente assenti? Quale sogno di futuro è possibile per loro svincolandosi dalla vita sfruttata e sacrificata dei propri genitori, sentendosi non integrabili nella nostra realtà sociale?

Il gruppo di simili
Per una parte di questi ragazzi la risposta alla frustrazione e alla delusione, alla ricerca spasmodica di una identità in qualche modo positiva, è stata la costruzione di un gruppo di simili. Ancora prima che un gergo, i gesti delle mani e i codici di comunicazione, a legarli è la condivisione dell?esperienza migratoria, della condizione di esclusione. Se il rispetto di sé è negato dalla società che dovrebbe accogliere, da condizioni di vita difficili, dal fallimento dei propri sogni di successo e affermazione, a questo si sostituisce un concetto di rispetto fatto di altro. Nutrito dall?immaginario globalizzato dei video di Mtv, da storie di successo nate dalla strada, il concetto di rispetto che lega i ragazzi è fatto di forza, di violenza, degli occhi che non devono mai essere abbassati, di donne che diventano proprietà e conquista. Ecco, allora, che le organizzazioni di strada, i gruppi che rappresentano la famiglia dei ragazzi, smettono di essere solo il luogo di ritrovo di ballerini e di rapper per diventare oggetti di un conflitto diffuso, di una spirale di aggressione ai rivali che occorre interrompere.
Per i Latin Kings e i Commando l?accusa è diventata pesante: associazione a delinquere. L?impressione è che gli adulti vogliano forzare l?immagine dei gruppi di strada. Vogliono forzarla gli investigatori e la magistratura con l?intento di dare un colpo definitivo a ogni possibile evoluzione criminale. Vogliono forzarla gli affiliati più grandi ai gruppi che puntano a strumentalizzare la voglia di riconoscimento e appartenenza dei giovani per costruire un proprio bacino di manovalanza.

La sfida sociale
La scommessa che oggi ci troviamo di fronte è quella di affrontare la marginalizzazione dei ragazzi, la condizione di difficoltà in cui vivono le loro famiglie, sapendo che i comportamenti violenti sono il sintomo più evidente e drammatico di un problema sociale fatto di esclusione. Oggi le famiglie migranti scoprono che tra i tanti costi da pagare preventivati prima della partenza, il sacrificio prima di tutti, ce n?è uno che nessuno avrebbe immaginato e voluto. Quello che stanno pagando i propri ragazzi, figli per cui avrebbero voluto una vita migliore, su cui puntavano perché almeno loro potessero risollevarsi dall?ultimo posto della catena sociale. Con i ragazzi e le loro famiglie, e grazie alla straordinaria sensibilità del console dell?Ecuador, stiamo provando a chiudere una stagione di conflitti tra gruppi di ragazzi perché ognuno possa riprendere in mano la propria vita.

*responsabile Area migranti – Ass. Comunità Nuova
*lavora a Codici – Agenzia di ricerca sociale

IL PROGETTO
Calle, in strada per capire meglio

Il progetto Calle è una ricerca-intervento realizzata dall?associazione Comunità Nuova e da Codici – Agenzia di ricerca sociale, che ha ricevuto un finanziamento dal Fondo nazionale per le politiche di integrazione. Partner del progetto sono il Consolato dell?Ecuador di Milano e i Servizi della giustizia minorile. Alle azioni della ricerca, il progetto affianca l?intervento sociale svolto in strada, a contatto diretto con i gruppi di giovani latinoamericani.
Info: areamigranti@comunitanuova.it

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