Non profit
1 italiano su 3 senza cure domiciliari
I dati di un’indagine Istud sulla situazione del’home care
di Redazione
In Italia il 29% della popolazione non ha assistenza pubblica domiciliare. È quanto emerge da un’indagine condotta dalla Fondazione Istud tra il novembre 2009 e il maggio 2010, illustrata oggi a Roma da Maria Giulia Marini, responsabile dell’area sanità e salute della Fondazione. L’indagine è stata svolta attraverso siti Internet e interviste telefoniche per conoscere la situazione dell’home care in Italia.
È emerso che quasi un italiano su tre – ovvero circa 17 milioni di persone – non può usufruire di questa modalità assistenziale. Al Nord il fenomeno riguarda il 17% della popolazione, mentre al Centro il 30% e al Sud il 52%. Su 841 distretti del servizio pubblico in Italia – si legge nel censimento – solo 541 sono attivi nel fornire cure domiciliari, ovvero il 64%. Analizzando la loro suddivisione per macroaree geografiche, inoltre, risultano attivi il 75% del totale dei distretti al Nord, il 63% al Centro e solo il 46% al Sud. La Lombardia si posiziona al primo posto tra le regioni con il 100% dei distretti pubblici esistenti in funzione per questo tipo di assistenza, mentre Abruzzo e Molise sono i fanalini di coda con soltanto un distretto su cinque disponibile verso le cure domiciliari pubbliche.
«Ai nostri politici non interessa la bontà delle cure domiciliari», ha commentato Franco Mandelli, presidente dell’Associazione italiana contro le leucemie (Ail), intervenuto alla presentazione del censimento, «ma solo far quadrare i conti. Speriamo che questi dati li facciano riflettere sulla necessità di investire in questo settore». In questo caso gli enti privati e no profit arrivano in soccorso. Quelli che infatti offrono servizi di cure a casa sono il 44% al Nord, il 26% al Centro e il 27% al Sud. Sempre brillante la posizione della Lombardia, dove opera il 70% degli enti del nord Italia. Dall’analisi, infatti, emerge come i lombardi possano contare non solo su tutti i distretti pubblici attivi, ma anche con la sussidiarietà del privato. Sorprende la posizione di Campania e Sicilia, due regioni con un vasto numero di operatori privati in sanità, che non riescono a far decollare i servizi domiciliari in queste aree.
«È un’Italia a due velocità», ha sostenuto Marini «perché da una parte c’è un welfare positivo nel nord Italia con cure a domicilio. Discreto anche il ruolo svolto dal Centro, mentre nel Sud non zoppica solo il pubblico ma anche privati e no profit». A farne le spese, secondo l’esperta, «sono sempre i cittadini italiani. Anche l’ultima rilevazione del Censis ha fotografato una evidente insoddisfazione dei nostri connazionali nei confronti dei servizi di cure ricevute a domicilio».
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