Mondo
100mila bambini in attesa
Due enti autorizzati italiani sono sbarcati a Pechino. Ecco cosa hanno trovato
di Redazione

Parlare di adozioni in Cina non è propriamente un esercizio di stile. Con il suo trend pauroso di abbandoni, 100mila l’anno, la Cina è anche il primo Paese d’origine di tutti i bambini adottati nel mondo. Nel 2007 oltre 5.400 di loro hanno preso la via degli Stati Uniti, il primo Paese di accoglienza, che assorbe quasi la metà del tetto annuale (12mila minori) fissato dal China Center for Adoption per le adozioni internazionali.
L’Italia si sta affacciando a questo panorama per la prima volta quest’anno. Dopo l’intesa bilaterale Roma-Pechino sulle adozioni, sono due gli enti autorizzati a operare: AiBi e Ciai. Il Centro italiano aiuti all’infanzia, ente con una grande esperienza di India e Sud-Est asiatico, è stato anche il primo in Italia a ottenere, 11 anni fa, l’autorizzazione adentrare in Cina. Ma prima di operare davvero ha dovuto aspettare tutto questo tempo, visto che Pechino ha richiesto, dal primo momento, un accordo intergovernativo. Dopo il via libera diplomatico, il primo “sopralluogo” sul campo per il Ciai l’ha fatto Graziella Teti, responsabile del settore Adozione internazionale.
Vita: Che impressione ne ha tratto?
Graziella Teti: Quello che colpisce è l’estrema organizzazione del sistema: il China Center for Adoption, che è l’autorità centrale per le adozioni, è un dipartimento che accentra tutto. È il Cca che riceve i fascicoli delle coppie straniere e compie gli abbinamenti sulla base delle schede dei minori in stato di abbandono inviate dagli istituti di tutta la Cina. Stando alle parole – poi vedremo se i fatti lo confermeranno – sembrano focalizzarsi sul superiore interesse del bambino e sull’impegno a trovare soluzioni alternative prima dell’adozione internazionale. Abbiamo lavorato insieme per alcuni giorni e fatto tutte le domande che ci sembravano opportune, anche le più scomode, e non ci sono mai sembrati reticenti.
Vita: Che tipo di domande scomode?
Teti: Con un tasso ufficiale di abbandoni di 100mila minori l’anno, è ovvio pensare che su di esso pesi la politica del figlio unico. Gliel’abbiamo chiesto e ci hanno risposto che sì, una parte è dovuta a questo. Ma non è il solo fattore: la Cina sta cambiando, il maggior benessere ha allentato la rigidità della norma demografica e molte coppie scelgono di avere comunque più di un figlio. Contemporaneamente, però, emergono fenomeni nuovi: quello delle ragazze madri e della disgregazione familiare, oltre alle situazioni di degrado, povertà e svuotamento delle campagne.
Vita: Esistono programmi di promozione dell’adozione nazionale?
Teti: L’adozione nazionale si sta sviluppando solo ora. Più avanzata è invece l’esperienza dell’affido familiare: una associazione anglosassone, Care for Children, lavorando con il governo cinese a programmi di formazione per famiglie, in dieci anni ha dato una casa a circa 200mila minori, di cui molti disabili.
Vita: Avete potuto visitare un istituto?
Teti: Abbiamo dovuto insistere, ma alla fine ci hanno accompagnati a visitarne uno, immagino tra i più organizzati? una struttura con circa 200 minori residenti e altri 500 “esterni”, cioè inseriti nella comunità circostante ma sotto la tutela dell’istituto. Al di là dei grandi numeri, ho trovato una situazione dignitosa.
Vita: La vostra presenza in Cina implicherà anche l’avvio di progetti di cooperazione. Quali?
Teti: Li stiamo valutando con Aibi e in collaborazione con la nostra ambasciata. È possibile che i primi interventi partano dalla zona terremotata del Sichuan, che è anche una tra le più povere.
Vita: Quanti fascicoli avete depositato e in quanto si concluderà la procedura adottiva?
Teti: Abbiamo inviato una dozzina di fascicoli. Da questo momento in avanti il tempo di attesa sarà di circa due anni e quattro mesi.
Vita: Il via libera per Ciai e AiBi in Cina è stato oggetto di dibattito (vedi box). Che condotta pensate di tenere nel Paese?
Teti: Credo che la nostra storia dimostri un impegno costante e instancabile per difendere i diritti dei bambini, e non faremo eccezioni. La nostra sarà una presenza vigile: seguirò personalmente queste prime adozioni per valutare la compatibilità delle prassi con l’effettivo rispetto dei diritti e della trasparenza. Vogliamo avere chiari i motivi dell’abbandono di un bambino e se questa trasparenza verrà meno, saremo i primi a denunciarlo.
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