La forza dei numeri non è solo una limpida espressione per alludere a un atteggiamento rigoroso che fa della realtà il principio ispiratore dell?azione, è anche il titolo di un bel volume scritto da Sergio Della Pergola, demografo e docente all?università di Gerusalemme, le cui analisi hanno influenzato significativamente le decisioni di Ariel Sharon. L?allora premier ebbe il coraggio (e – sottolinea Della Pergola – l?umiltà) di accorgersi degli errori precedenti e avviare il ritiro dai territori. Un processo che non è stato forse ben compreso dalla popolazione israeliana, ma che aveva e continua ad avere dalla sua «la forza dei numeri». Giacché, di fronte all?evoluzione demografica del Paese (nel 2050 saranno arabi i due terzi dei 23,5 milioni d?abitanti), ci si deve chiedere come Israele potrà continuare ad essere uno Stato ebraico. Una domanda che interroga l?idea d?identità nazionale, oltre che il rapporto fra la composizione di un popolo e le decisioni politiche. Una questione, più in generale, che sottolinea come la politica, abbandonata ogni ideologia, sia chiamata a elaborare soluzioni tenendo conto della realtà (e quindi degli studi che la raccontano).
Vita: La sua analisi parte da lontano…
Sergio Della Pergola: Ho voluto sottolineare le premesse storiche perché la mia ottica non è solo quantitativa ma riflette un?importante premessa: una società desidera avere una propria personalità, un proprio profilo culturale cui in genere non è disposta a rinunciare. E parto da lontano per spiegare come si sia creato uno Stato d?Israele che ha, al suo interno, zone a prevalente popolazione araba. Tra vent?anni, quelle aree avranno un equilibrio demografico assai diverso dall?attuale: per questo ho sviluppato diverse proiezioni basate su questo o quel confine, su questo o quel ritmo d?accrescimento.
Vita: Arrivando alla previsione che nel 2050 due terzi dei 23,5 milioni saranno arabi…
Della Pergola: È un dato sbalorditivo, se si pensa che l?intera Palestina equivale a poco più di una regione italiana. Non solo: metà del territorio è oggi disabitato perché desertico. Questo vuol dire che ci sarà una grande concentrazione al Nord. Tutto ciò richiama la necessità di comprendere le tendenze e articolare politiche adeguate. Se ci limitiamo alle previsioni al 2020, vediamo una popolazione di 15 milioni di persone, con molti problemi di gestione delle risorse e di identità. Un problema che interessa tutte le società avanzate, nessuna delle quali può dirsi ?omogenea?. In Medio Oriente è più acuto perché esistono condizioni di conflitto e posizioni ideologiche anche estreme che rendono la situazione molto delicata.
Vita: Come si è modificata la percezione dell?identità nazionale?
Della Pergola: Secondo i diversi percorsi della secolarizzazione. Tendenzialmente si è passati da gruppi dall?identità fondamentalmente religiosa a gruppi con un carattere più etnico e nazionale, legato a una religione più civile. Questo processo, nella società israeliana, è avvenuto molto di più nella parte ebraica che non in quella araba. Alla domanda «come definisci primariamente la tua identità?» e di fronte alla scelta fra religione, etnia e cittadinanza, la popolazione araba risponde in primo luogo religione e in secondo luogo etnia. L?ebraica dà il primo posto all?etnia, il secondo alla società civile, il terzo alla religione. Al Qaeda, Hezbollah, Hamas sono gruppi in cui la religione domina sulla politica e la determina. È un modello in un certo senso arcaico.
Vita: Le identità dunque scompariranno?
Della Pergola: Direi di no. Si tratta di trovare soluzioni che impediscano loro di travalicare. Anche in Europa l?idea di un?identità unica non funziona molto bene. Da un lato lo Stato nazionale omogeneo – la Francia dei francesi – non esiste più proprio a causa delle grandi migrazioni. D?altra parte, il tentativo di vivere insieme spesso non riesce. Si pensi ai valloni e ai fiamminghi, al Kosovo. In Svizzera la popolazione ha maturato meccanismi di tolleranza reciproca, ma ha impiegato centinaia d?anni. Ciò detto, occorre fare ogni sforzo possibile per creare strutture al di sopra delle identità nazionali, che creino meccanismi di convivenza e di gestione, permettendo così alle società di andare avanti.
Vita: Il fenomeno migratorio ha creato tensioni in Europa e in Italia. In Israele invece come è stato gestito?
Della Pergola: L?immigrazione è una necessità dal punto di vista economico. L?Europa non può farne a meno proprio a causa della demografia: negli ultimi 30 anni le nascite hanno toccato il minimo storico. Per produrre ricchezza e pagare le pensioni, serve una forza lavoro stabile: se non c?è in loco, va arruolata da fuori. Ci sono previsioni impressionanti sul numero di migranti che saranno necessari nel continente: decine di milioni. Gli europei farebbero bene a convincersi che si tratta di una necessità. In secondo luogo, andrà affrontata la questione dei diritti ad esempio al voto locale e nazionale per quei migranti produttivamente inseriti nel sistema. In Israele, dove non c?è stato un problema identico ma con parecchi punti di contatto, è stato fondamentale. Certo, sul piano delle identità esistono pregiudizi e timori. Alcuni analisti dicono che il raddoppio dei voti della Lega, alle ultime elezioni, è una reazione all?immigrazione. Che ci sia un disagio psicologico è eclatante, ma non esistono soluzioni diverse. L?unica è trovare meccanismi di dialogo e inserimento. Creare queste dinamiche dovrebbe essere preoccupazione di tutti nell?ambito di un progetto che in Europa non esiste e che invece c?è stato in Israele. Da noi in Israele 600mila persone hanno accolto 3 milioni d??immigrati?. I mezzi economici erano limitati ma c?era un?idea d?integrazione. Una delle lezioni che l?Europa dovrebbe apprendere.
Vita: Programmare l?accoglienza, non c?è altra via…
Della Pergola: Se esiste un progetto, se c?è l?impegno per integrare, creando strutture per l?apprendimento della lingua e delle regole della società, per ausilio nella ricerca di un alloggio e di un lavoro, il processo tecnicamente è fattibile. Oltretutto è un processo circolare: se ben avviato crea minori pregiudizi e dà migliori risultati.
Vita: Tornando a Israele, per una volta la demografia ha indirizzato la politica.
Della Pergola: Sharon, ritenuto il capo dei duri, improvvisamente alla fine del 2002 e poi dal 2003 decise il ritiro da Gaza. Avrebbe dovuto essere il primo passo in vista di ulteriori ritiri dai territori occupati. La premessa era la seguente: Israele vuole essere un Paese che ha personalità ebraica e quindi non può essere uno Stato che occupa un altro Stato; bisogna rinunciare all?occupazione. Una logica che stava producendo cospicui risultati. Poi il processo si è arrestato in parte per la nuova leadership…
Vita: Capita più spesso però che la politica ignori la demografia…
Della Pergola: Sono rimasto io stesso sbalordito dalla disponibilità di Sharon e dalla sua capacità di ammettere: «Ho cambiato idea alla luce dei fatti». Quanti leader politici hanno preso posizioni analoghe? Dico, con molto rispetto, che Sharon ha dimostrato pragmatismo e modestia, doti rare nel mondo politico. È stato capace di dire: «Mi ero sbagliato, ho capito e ora mi correggo». E pensare che era percepito come una persona piena di sé, autoritaria. Ho avuto modo di conoscerlo: sono rimasto colpito dalla sua gentilezza, dall?attenzione che riservava al suo interlocutore.
Vita: Quali sono le statistiche più interessanti che occorre conoscere per capire Israele?
Della Pergola: Questo è un Paese sviluppato a livello intermedio fra Spagna e Grecia, non molto lontano dall?Italia. In teoria avrebbe potuto partecipare a quegli spettacolari processi di diminuzione della natalità, avvenuti in tutti i Paesi del Nord Mediterraneo e i cui effetti si cominciano a vedere anche in Nordafrica. La popolazione israeliana ha invece una media di 2,7 figli (il doppio di Spagna e Italia); quella araba di 3,7. Sono dati molto stabili e fanno riflettere sui meccanismi della fecondità che è anche il prodotto di due grandi componenti: la possibilità economica e l?elemento culturale, cioè il valore che si annette al fatto di avere una famiglia e dei figli. Il differenziale israeliano va spiegato con questa seconda componente, con l?ottimismo, la speranza per il futuro..
Vita: In Europa quali sono i Paesi modello per le politiche sulla famiglia?
Della Pergola: Per esempio Scandinavia e Francia che, infatti, hanno una natalità più alta. Politiche più incisive aggiungono quel mezzo figlio percentuale rispetto ai Paesi che sviluppano azioni meno incisive. Esiste poi una circolarità e persino un?irreversibilità. Quando il fattore economico causa una riduzione della natalità, la norma si adegua. Poi però mentre l?economia si può ricreare, la norma è molto difficile da ristabilire. Si potrà migliorare la condizione economica delle famiglie, ma si potrà ricreare il desiderio di figli che un tempo c?era?
Vita: In Israele quali sono state le politiche familiari?
Della Pergola: Abbiamo svolto un?indagine recente, da cui è emerso il rifiuto delle famiglie per esempio a un aumento degli assegni. Chiedono piuttosto servizi, asili nido che permettano al genitore che lavora di affidare i figli a prezzi abbordabili a strutture di qualità. In Israele oltre l?80% delle trentenni è occupata. Da qui anche l?istanza di maggiore flessibilità per il lavoro femminile, orari concordati e la non penalizzazione delle assenze per maternità. Infine è molto sentita l?esigenza dei mutui agevolati per acquistar casa.Vita: Citava le elezioni in Italia. Il centrosinistra non ha avuto rapporti semplici con Israele…Della Pergola: Infatti la comunità italiana che vive in Israele, poco più di 2mila persone, e quella ebrea in Italia hanno dato circa il 73% dei voti a Berlusconi e il 19% a Veltroni. Nelle precedenti elezioni queste percentuali erano rispettivamente al 60 e al 40. Come ci si è arrivati? Una certa sinistra ha lanciato messaggi che sono stati interpretati come anti israeliani. Boicottare la Fiera del Libro qui è ritenuto inaccettabile. Un altro esempio: l?idea di ?equivicinanza? lanciata da un ministro d?alto profilo come Massimo D?Alema ha fatto salire il sangue al cervello agli israeliani. Ha parlato di equivicinanza fra Israele che avrà fatto tutti gli errori possibili ma ha pur sempre un sistema di partiti all?europea, e Hamas che invece è un partito il cui programma all?articolo 7 dice testualmente: «Dietro ogni albero e dietro ogni pietra si nasconde un ebreo: vieni e uccidi quell?ebreo». D?Alema dice che Hamas ha vinto le elezioni. Non ci piove ma ha letto il programma di quel partito? Non si può essere ?equivicini? rispetto ai contenuti. Vita: Quali sono le aspettative rispetto al prossimo governo?Della Pergola: L?impressione generale è che il Berlusconi ter sarà amichevole. Va detto che l?esecutivo precedente era riuscito a creare un dialogo con le due parti. E questo è il punto: riuscire ad avere rispetto dalle due parti per svolgere un ruolo da mediatore. Il governo che sta per nascere potenzialmente potrebbe riuscirci. Il presidente Berlusconi è già stato invitato in Israele.
Vita: Se lo vede, gli regali il suo libro: fra vent?anni la popolazione italiana d?origine immigrata sarà circa un quinto del totale…
Della Pergola: Se l?incontro sarò felice di regalargliene una copia. L?ho conosciuto e ho il ricordo di un uomo molto spiritoso. In occasione di un suo viaggio, la comunità italiana a Gerusalemme organizzò una cena e io fui incaricato di dire due parole di accoglienza. «Le do il benvenuto», iniziai, «anche se non so perché sia stato scelto io… Forse perché da ragazzo ero tifoso del Milan». «Ma caro amico», mi ha risposto, «siamo correligionari allora…».
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