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Jordan è a casa, ma altri bambini aspettano ancora

A una settimana dall'arrivo dei 10 bambini adottati a Khinshasa da coppie italiane, ecco la gioiosa testimonianza di un papà

di Sara De Carli

«Mi chiami alle 13, sarò in auto, se parlo al telefono davanti a lui è geloso»: è la prima cosa che mi dice Michele Albano, 40 anni, di Foggia, che da una settimana ha portato a casa Jordan.

Jordan ha 6 anni ed è uno dei 10 bambini arrivati il 14 gennaio da Khinshasa, dopo una lunga attesa legata alla moratoria delle adozioni internazionali decisa dalla RDC nel settembre 2013. «Pensi che abbiamo fatto il biglietto aereo per Khinshasa il 25 settembre, esattamente il giorno in cui la moratoria è stata resa pubblica. Il viaggio è stato annullato», dice ora Michele.

Ventisette mesi – più di 800 giorni – con un figlio già loro, con il loro cognome, ma che Michele e Paola, come le altre coppie in attesa, hanno potuto vedere solo via Skype. «L’attesa è stata mitigata da Nova e dalle altre 18 famiglie che come noi avevano già un abbinamento: i bambini sono stati tutti portati in una casa famiglia, una struttura che Nova utilizzava come punto di appoggio per le coppie che scendevano a Khinshasa e che si è deciso di utilizzare come casa famiglia per i bambini già abbinati, con educatrici, assistenza sanitaria, possibilità di contatti con noi genitori. Voglio ringraziare chi si è preso cura di nostro figlio prima di noi, hanno fatto un ottimo lavoro: Jordan è educato, sereno, preparato all’incontro con noi. Otto bambini sono ancora lì», spiega Michele.

L’incontro è avvenuto giovedì scorso, a Roma. «È stato un incontro sorprendente, Jordan si è immediatamente gettato fra le braccia della mamma. Cerca molto il contatto fisico e le coccole, con le macchinine ci gioca un minuto mentre preferisce di gran lunga fare giochi che coinvolgono anche noi, rincorrersi, nascondersi, prendersi…», racconta Michele. «Certo a volte ha dei momenti di malinconia, si isola e inizia a piangere».

Michele e Paola in questi mesi di attesa hanno scelto di esporsi molto, soprattutto su twitter, per sollecitare l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica sulla situazione delle adozioni in RDC: «L’abbiamo fatto perché riteniamo che le adozioni internazionali nel loro complesso interessino poco alla politica e all’opinione pubblica, rischiavamo di finire nel dimenticatoio. Questo timore si è fatto più forte dopo l’arrivo dei primi 24 bambini a maggio 2014, quando si rischiava che l’opinione pubblica considerasse risolto il problema, mentre c’erano ancora molti bambini in attesa, come ce ne sono ancora oggi. Spero che presto tutti riescano ad abbracciare i loro genitori».

Proprio ieri la CAI ha dato notizia che il Consiglio dei Ministri della RDC ha approvato lo schema di disegno di legge in materia di adozioni che sarà votato dal Parlamento congolese a breve. Un passaggio importante, che dovrebbe velocizzare la soluzione delle procedure adottive regolari concluse con sentenza definitiva.

Foto JOSE CENDON/AFP/Getty Images


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