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Cooperazione & Relazioni internazionali

Ebola, è di nuovo emergenza

L'epidemia che da agosto 2018 ha causato quasi 1.400 morti nella Repubblica Democratica del Congo si sta allargando. Confermato il primo caso di contagio nel confinante Uganda. Preoccupazione in Ruanda

di Lorenzo Maria Alvaro

Da agosto 2018 una grave epidemia di ebola ha causato quasi 1.400 morti nella Repubblica Democratica del Congo: ora i governi dei confinanti Uganda e Ruanda temono che possa diffondersi nei loro Paesi e stanno prendendo misure per evitarlo. Martedì 11 giugno l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha detto che l’epidemia è arrivata in Uganda, dove ha provocato martedì la morte di un bambino di 5 anni e mercoledì quella della nonna, di 50. Il bambino, di madre congolese e padre ugandese, era stato con la famiglia nella Repubblica Democratica del Congo dove aveva assistito al funerale di un parente morto di ebola, e poi era rientrato in Uganda lunedì. Il ministro della Sanità ugandese ha detto che dalle analisi del sangue risulta contagiato anche il fratello di tre anni; mostra anche i primi sintomi della malattia, come dolori muscolari, mal di testa, vomito, e si trova in isolamento nell’ospedale di Bwera. Charles Olaro, direttore dei servizi clinici, ha detto che sono tenute sotto osservazione otto persone venute in contatto con la famiglia.

Il dipartimento dell’OMS in Uganda ha detto che lungo il confine «c’è molto movimento per varie ragioni, dagli affari alla ricerca di servizi medici e sociali», cosa che potrebbe contribuire al diffondersi del virus; il governo ha detto che tutte le persone che arriveranno dal Congo saranno controllate. Nel frattempo, ha già vaccinato 4.700 medici e infermieri di 165 diverse strutture sanitarie; circa 3.500 dosi di vaccino sono state spedite nel Paese. L’Uganda era già stata interessata da un’epidemia di ebola nel 2000 e poi di nuovo nel 2012.

In Ruanda, il ministro della Sanità ha chiesto di rafforzare le misure per prevenire l’arrivo dell’epidemia, dove finora non è stato riportato alcun caso di contagio. Il governo sta comunque prendendo molto seriamente il pericolo e ha aumentato la sorveglianza al confine e nelle strutture sanitarie. Ha anche invitato i cittadini a evitare viaggi nelle zone in cui ebola è diffusa e ogni contatto con sangue o fluidi corporei di persone sconosciute che potrebbero essere venute potenzialmente in contatto con una persona malata; e di comunicare a un numero di emergenza ogni caso sospetto.

Le notizie sulla situazione in Congo sono state aggiornate lunedì 10 giugno da un rapporto dell’OMS: quasi 1.400 persone sono morte o sono state contagiate da agosto; insieme, i casi confermati e sospetti di ebola sono quasi 2.100. Il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha detto che venerdì 14 giugno incontrerà esperti da tutto il mondo per capire se dichiarare l’epidemia «un’emergenza sanitaria di rilievo internazionale». È una condizione straordinaria che l’OMS non dichiara facilmente: dall’entrata in vigore delle International Health Regulations, che regolano le risposte internazionali alle emergenze sanitarie, lo ha fatto solo quattro volte. In parte per evitare che la misura perdesse il suo carattere di eccezionalità e fosse considerata “normale”, mitigando l’impegno di chi è coinvolto, dall’altra perché comporta restrizioni ai viaggi e al commercio che per per i paesi coinvolti possono causare grossi danni economici.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), quella in Congo è la seconda epidemia di ebola più grande di sempre, dopo quella che colpì l’Africa occidentale tra il 2014 e il 2016, quando morirono più di 11mila persone.


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