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L’impresa del futuro (e del presente) è circolare, agricola e rosa

Sono sempre di più le donne imprenditrici a capo di aziende che puntano su sostenibilità e riuso delle materie prime

di Redazione

Le donne impiegate nel settore agricolo sono tantissime e i loro numeri destinati a crescere. Secondo Unioncamere, tra allevatrici, imprenditrici ortofrutticole e viticoltrici, le aziende femminili in agricoltura sono quasi il 30% del totale, pari a 214.857 imprese. Non solo, le donne a capo di un agriturismo sono più di 1 su 3, con 8.500 strutture turistiche e quasi il 40% di dipendenti donne dell’intero comparto.

Dopo il commercio, l’agricoltura italiana è il secondo settore per presenza di imprese rosa; molte di queste realtà imprenditoriali si caratterizzano per una forte componente di innovazione sociale e tecnologica e per una altrettanto spiccata propensione a perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale.

Secondo l’esperienza di Coldiretti, le agricoltrici italiane stanno dimostrando una grande capacità di coniugare la sfida con il mercato e il rispetto dell’ambiente, ma anche la tutela della qualità della vita con l’attenzione al sociale, senza trascurare di valorizzare i prodotti tipici locali e la biodiversità, diventando così protagoniste in diversi campi.

Economia circolare e imprenditoria femminile

L’agire imprenditoriale femminile a contatto con la natura, infatti, ha preso tantissime forme, alcune molto diverse tra loro. L’economia circolare è uno degli ambiti in cui sempre più professioniste donne si stanno cimentando, ottenendo risultati eccellenti.

Secondo Floriana Fanizza, responsabile del progetto Donne Impresa di Coldiretti, questo trend positivo, ancora difficile da quantificare, è in parte dovuto all’ingresso in agricoltura di imprenditrici di “prima generazione” che hanno seguito percorsi formativi in altri settori. Non solo: il 25% delle nuove entrate ha meno di 35 anni e gestisce la propria attività di studio e lavoro mettendo in campo ogni giorno competenze tecnologiche.

La filiera della moda agricola

Esistono poi comparti, come il tessile, in cui storicamente e tradizionalmente sono le donne a possedere il know-how; a loro oggi le Nazioni Unite – in primis – richiedono un cambiamento profondo che agevoli l’introduzione di nuovi sistemi di produzione in grado di innescare processi di riduzione dell’inquinamento, riciclo delle risorse e mitigazione dei cambiamenti climatici.

Donne in Campo, l’associazione femminile di Cia-Agricoltori Italiani, ha appena lanciato il marchio registrato Agritessuti che dimostra come la filiera del tessile Made in Italy 100% ecosostenibile, con tessuti naturali e tinture green realizzate con prodotti e scarti agricoli, sia un sogno realizzabile.

Secondo stime dell’associazione, la produzione di lino, canapa, gelso da seta, oggi coinvolge circa 2.000 aziende agricole in Italia, per un fatturato di quasi 30 milioni di euro. Se la filiera degli Agritessuti venisse incoraggiata, questa cifra potrebbe triplicare già nel prossimo triennio, ad esempio, sfruttando la tintura dagli scarti dell’agricoltura, come le foglie dei carciofi, le scorze del melograno, le bucce della cipolla, i residui di potatura di olivi e ciliegi, i ricci del castagno e coinvolgendo le imprese produttrici di piante officinali e alcune tintorie, come lavanda e camomilla, allargandone il campo

Dai filati alla product stewardship

La diversificazione delle materie prime, che mira a trovare il giusto equilibrio tra risorse tradizionali e rinnovabili, è una delle direttrici di sviluppo di Versalis, società chimica di Eni all’interno della quale il team che si occupa di economia circolare, sostenibilità e product stewardship – ovvero la gestione consapevole e in ottemperanza dei principi normativi vigenti dei prodotti in fase di produzione e commercializzazione – è guidato da una manager donna, Alessandra Colombo, Responsabile Economia circolare e sostenibilità di Versalis, biologa di formazione.

Sul fronte agricolo, nel sud Italia, Versalis è impegnata nella coltivazione sperimentale del guayule, una pianta autoctona del deserto centro americano, dalla quale si può estrarre una gomma con straordinarie caratteristiche ipoallergeniche e rappresenta un’alternativa sostenibile alla produzione della tradizionale gomma naturale da Hevea Brasiliensis.

Colombo concorda sul fatto che la sostenibilità veda molte donne come protagoniste e aggiunge: «È un tema complesso e in continua evoluzione che richiede un costante aggiornamento delle proprie conoscenze e specifiche soft skill quali, ad esempio, avere una spiccata sensibilità e responsabilità verso il futuro del pianeta, un’attenzione agli sprechi, all’uguaglianza di trattamento, ai diritti dei lavoratori e altro ancora. Quindi che dire a tutte le donne, e non solo, appassionate e competenti su questi temi? Non esitate a mettervi in gioco per trasformare questa sfida nella vostra opportunità!».


Nela foto di copertina Miriam Pugliese e Francesca Cosentino, Cooperativa Nido di Seta, San Floro (CZ)
Tutte le foto sono di: AGIA e Donne in campo – Cia


Da Corriere.it


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