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Varcare la soglia, il progetto che contrasta la povertà anche con la prossimità

L'iniziativa, nata nel 2014, e attiva a Milano, Palermo, Legnano, Genova, Perugia, Napoli e Catanzaro, oltre al sostegno materiale, contrasta la povertà agevolando la creazione di legami comunitari e lo sviluppo di attività di mutuo-aiuto tra le famiglie. Ad oggi Varcare la Soglia ha seguito 4136 persone in difficoltà, più di mille famiglie e 2200 minori

di Redazione

Varcare la Soglia è un Programma Nazionale nato nel 2014 che prova a contrastare la povertà in Italia. Sono 1,26 milioni i minori che vivono in povertà assoluta.«Lavoriamo a Milano, Palermo, e poi ancora a Legnano, Genova, Perugia, Napoli e Catanzaro», spiega Maria Francesca Dalìa coordinatrice programma povertà della Fondazione l’Albero della Vita. «Lavoriamo nelle periferie, nei quartieri difficili, più fragili. I bisogni che abbiamo intercettato sono nati da una lettura e mappatura del territorio. I più forti riguardano la ricerca di un’occupazione e il problema della povertà educativa per i minori».

Dal 2014 ad oggi il progetto ha seguito 4136 persone in difficoltà. Più di mille famiglie e 2200 minori. Varcare la soglia dà un sostegno materiale, che consente alle famiglie di ottenere mensilmente sia beni alimentari sia, in caso di necessità, anche pannolini, prodotti igienici e materiale scolastico, per provvedere ai propri bisogni; sostegno socio-educativo, che attraverso colloqui individuali e home visiting offre alle famiglie un percorso di orientamento e tutoraggio da parte di figure educative professionali. Questo percorso ha lo scopo di supportarle nel processo di riacquisizione delle proprie competenze e del successivo empowerment e di conseguenza affrontare in modo più efficace il proprio stato di difficoltà; orientamento alla formazione e inserimento lavoro, area incentrata sullo sviluppo o sulla riattivazione delle capacità di employability dei beneficiari del progetto (la capacità di trovare e mantenere un lavoro). I nuclei familiari sono coinvolti in un percorso complesso, articolato in una serie di attività, che punta al loro reinserimento lavorativo: dal colloquio conoscitivo individuale focalizzato sulle competenze personali, all’incontro di orientamento lavorativo; dalla scrittura dei curriculum a come affrontare i colloqui; dalla restituzione individuale e definizione del piano di azione per il reinserimento lavorativo fino a incontri di tutoring bisettimanale.

Durante l’emergenza sanitaria la Fondazione ha distribuito 14mila buoni alimentari e 750 tablet. «In questo modo», continua Maria Francesca Dalìa, «i bambini hanno potuto continuare a seguire le lezioni scolastiche. Insieme ai tablet abbiamo anche garantito una connessione ad internet. Le periferie dove lavoriamo sono isolate, quartieri che costituiscono una città dentro la città. Poco collegate con i mezzi pubblici: mancano farmacie di quartiere, servizi, alcune famiglie, durate i colloqui educativi, riportano di non sapere come accedere ad un pediatra gratuitamente o non hanno la carta d’identità e il codice fiscale».

Tra gli obiettivi più importanti del progetto infatti c’è quello di creare reti di prossimità, ovvero il rafforzamento delle interazioni sociali a supporto della comunità, per realizzare connessioni tra le stesse famiglie, permettendo loro di confrontarsi sulle problematiche comuni e gettare le basi per una rete di prossimità. «Abbiamo creato», spiega Dalìa, «un telefono amico, una linea sempre attiva che le mamme hanno utilizzato per contattare gli educatori. Abbiamo creato anche dei gruppi whatsapp, dove le famiglie si scambiano dei messaggi e si vengono incontro nella gestione della vita quotidiana. Per esempio: se più di una famiglia ha bisogno di andare in farmacia ci si organizzata e va una persone per tutte, lo stesso può valere per la spesa o per accompagnare i bambini a scuola. Abbiamo inoltre creato la linea del baratto dove le persone si scambiano indumenti e accessori, e implementato una banca del tempo: io usufruisco di un progetto, attività o iniziativa della fondazione e a mia volta metto a disposizione una parte del mio tempo per tutta la comunità».