La partita dell’impresa sociale la si giocherà ai fornelli? Pare proprio di sì. Dopo architetti e urbanisti ecco un’altra categoria, sempre ben dotata in fatto di status, che comincia ad occuparsi del tema. Vengo a sapere, ad esempio, che la chefstar (o presunta tale) Jamie Oliver (onnipresente in tv e in libreria) presenzierà a un importante meeting sull’impresa sociale in Slovenia e che, qualche tempo fa, ha spadellato in questa stessa veste a San Patrignano (ormai incontrastata best practice italiana in fatto di innovazione sociale). Ieri poi Arthur Potts – Dawson, un collega dello stesso Oliver, era sul palco di Voice11, “the biggest social enterprise event in Uk”, in quanto promotore di The People’s Supermarket, un’impresa sociale che gestisce negozi dove i clienti possono fare volontariato dietro il bancone consentendo così di tenere prezzi bassi per prodotti di qualità. Credo di aver già letto qualcosa di simile negli Usa, ma l’idea è interessante. Tornando a giocare in casa si conferma che il tema del cibo e della cucina attrae perché tiene insieme, come il minestrone, tanti ingredienti che rendono il tutto più buono: l’inclusione sociale, la dimensione locale, la qualità del gusto, ecc. Ricordo ad esempio un cuoco trentino che collaborava ai corsi di formazione per i carcerati organizzati dalle cooperative sociali, con tanto di tranci di salmone rendicontati sul Fondo sociale europeo. Per non parlare poi di tutte le cooperative di tipo B che operano nel campo della ristorazione e del catering. Un settore tutto da esplorare, anzi da assaggiare. In veste di convegnista e formatore ho una certa cultura a riguardo e mi sembra di notare una decisa tendenza alla crescita. Qualche anno fa i buffet erano davvero poverelli, con prodotti preconfezionati e da hard discount, mentre ultimamente ho asseggiato cose davvero notevoli. Potrei farci una guida.
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