Non profit

Diamo una ‘camera’ al terzo settore

Un nuovo ruolo per i Centri di servizio? Un modello simile a quello delle Camere di commercio per il mondo produttivo, di Maurizio Ampollini

di Redazione

Sempre di più la necessità di costruire una rappresentanza efficace per il terzo settore emerge in modo pressante, fino a diventare improrogabile. Volontariato, associazionismo, cooperazione sociale e, nell?ultimo periodo, fondazioni, sono divenuti soggetti il cui ruolo sociale si è fatto imprescindibile, soprattutto in un contesto dove il welfare è in rapido cambiamento.

Sono queste organizzazioni che, pur diverse tra loro per dimensioni, settore di attività, forma giuridica, innervano in modo capillare paesi e città d?Italia. La loro numerosità e il forte radicamento nel territorio se non è accompagnata dalla capacità di fare rete, rischia di essere un limite. Senza questa capacità di aggregarsi, il terzo settore si presenta in ordine sparso alle istituzioni con quel che ne consegue.

Un esempio su tutti, in questo senso, è rappresentato dalla legge sull?assistenza, la 328. A 110 anni dalla legge Crispi sono state poste le premesse per una rivoluzione copernicana delle politiche sociali. La titolarità dei servizi è passata in capo ai Comuni, l?ente pubblico più vicino al cittadino, e ai diversi soggetti del terzo settore coinvolti sia nella fase gestionale sia in quelle precedenti: rilevazione dei bisogni, programmazione e progettazione.

Eppure, a diversi anni dall?attivazione dei piani di zona, il dato che ne è emerso è la scarsa capacità di incidere del terzo settore. La sua debolezza affonda spesso nella frammentazione che diventa incapacità di costruire momenti di rappresentanza tali da consentirgli di farsi latore di istanze condivise e strategiche. La controprova è data dal fatto che, nei pochi casi in cui questo avviene, le cose vanno diversamente.

Si sono costituiti, a tutti i livelli, i forum del terzo settore che potrebbero costituire una risposta valida. Tuttavia non sempre l?aggregazione su base volontaria funziona: sia perché riunire le anime del non profit è faticoso, sia perché diventa difficile chiedere ai dirigenti delle organizzazioni di assommare alla fatica di operare nell?ente di appartenenza quella di impegnarsi in un altro ente di secondo livello.

Cosa fare allora? È da ritenere che sia interesse della società nel suo complesso che si costituiscano enti di rappresentanza del terzo settore di tipo istituzionale. In altri termini, qualcosa che rappresenti l?equivalente di ciò che le Camere di commercio sono per il mondo produttivo. Strutture che svolgano, in primis, il ruolo di ente certificatore, assumendo la titolarità della gestione dei registri istituiti ai sensi delle leggi speciali. E, non meno importante, strutture dotate di personale competente che siano in grado di supportare la promozione e lo sviluppo del terzo settore.

E allora, se questa fosse la soluzione, va detto che già esistono enti che potrebbero assumere questa funzione ampliandone le competenze e affinandone le attività. Sono i Centri di servizio per il volontariato. Si tratta di enti gestiti dal volontariato per il volontariato ma non con modalità volontaristiche. Hanno fondi adeguati perché sono finanziati dalle fondazioni di origine bancaria sulla base di un meccanismo di legge. I Csv in questi anni hanno dimostrato di avere sviluppato adeguate competenze tecniche rivolte però alle sole organizzazioni di volontariato. La Lombardia fa eccezione poiché la legge regionale ha consentito di erogare i servizi pure alle associazioni di promozione sociale.

Proprio l?esempio lombardo dimostra che i Csv, adeguatamente potenziati, possono mettersi a disposizione di tutto il terzo settore. Ovviamente ciò presuppone l?ampliamento della base associativa anche alle altre componenti, da realizzarsi non più in modo opzionale ma obbligatoriamente per gli enti iscritti agli albi e ai registri di riferimento. Bisognerà poi verificare se le risorse oggi esistenti siano sufficienti o se vadano integrate, da chi e con quali modalità. In questo senso occorrerà soprattutto che il legislatore assuma gli atti necessari: questo potrebbe accadere in concomitanza della revisione del libro I del Codice civile e della realizzazione di un Testo unico che armonizzi le leggi speciali e quelle fiscali oggi vigenti per il terzo settore.

Chi è

Maurizio Ampollini 46 anni, sposato, tre figli, è direttore del Cesvov – Centro servizi volontariato di Varese. Viene da una militanza in Anpas: oggi riveste il ruolo di vicepresidente lombardo dell?organizzazione.

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