Volontariato
Giuseppe, cosa mi piace di lui
Giuliano Pisapia racconta: era la mia statuina preferita. Il suo sguardo fiero mi è rimasto impresso in testa. Non è luomo rassegnato. È luomo che accetta il suo destino.
di Redazione
Se dovessi scegliere tra il presepe e l?albero di Natale, non avrei dubbi: la mia scelta andrebbe al presepe. Sia in quanto rappresenta un momento fondamentale della storia, sia per i credenti che per i non credenti, sia in quanto è, nel contempo, un simbolo del passato e una rappresentazione che unisce il passato al presente: nel presepe è rappresentata la vita di ogni giorno, in un giorno particolare e speciale, per molti miracoloso. E sono rappresentati i lavoratori, i loro luoghi di lavoro, la famiglia di Giuseppe e tante altre famiglie insieme a pastori giovani e meno giovani, ad animali che li trasportano, li scaldano, li aiutano nel loro lavoro, spesso duro e faticoso.
Fin da piccolo, la ?statuina? che ho amato di più è stata quella di Giuseppe che ricordo, quando allestivo il presepe con i miei sei fratelli, i miei amici e i miei genitori, inginocchiato a metà, con il bastone puntato come se stesse per alzarsi, con una tunica viola, il mantello marrone e naturalmente una folta barba scura.
Il mio prediletto
Pochi giorni fa, l?ho rivisto a casa di mia madre, dove i miei nipoti hanno voluto fare il loro presepe: Giuseppe era già lì, pronto, dentro la capanna. Di lui non avevo dimenticato niente: era, ed è, la ?mia statuina? di gesso. Anche se non mi ricordo se – quando insieme ai miei fratelli aspettavo con ansia la sera che mio padre tornasse dallo studio per preparare tutti insieme con pezzi di specchio i laghi, le montagne con la cartapesta, i prati con il muschio che l?estate avevamo raccolto apposta nelle nostre passeggiate in montagna – il falegname di Nazareth fosse il mio prediletto per le stesse ragioni di oggi.
Oggi, lontano dalla magia di quei natali, in Giuseppe vedo l?uomo semplice e giusto. Un artigiano della Galilea che viveva come tanti altri, in quei tempi e in quei luoghi; la sua era una vita dura, fatta di giornate faticose e poi del riposo in una casa povera. Una vita dignitosa, che prometteva di essere sempre uguale: la bottega, la casa, la famiglia.
Ma a Giuseppe capita qualcosa che sconvolge tutto, che cambia le sue certezze: eppure lui, davanti al mistero della maternità della Madonna, fa una scelta rivoluzionaria. Non subisce passivamente le leggi del tempo, non ripudia Maria come le consuetudini avrebbero voluto e rompe un modello di comportamento che non ritiene giusto. E non c?è niente di più difficile, niente di più coraggioso, che decidere con la propria testa, anche a costo di andare contro le tradizioni e contro le leggi delle convinzione personale, quando sono sbagliate.
Un uomo molto attuale
Giuseppe: un uomo molto attuale; umile ma non sottomesso che, come tanti altri che talvolta incontriamo in situazioni difficili se non disperanti, non vuole violare le leggi, ma è capace di liberarsi dai pregiudizi, tanto da essere capace, per amore o per difendere i diritti o i valori, di liberarsene e respingerle. Non è un uomo rassegnato che subisce passivamente tutto quello che la vita gli rovescia addosso; è piuttosto il saggio che accetta quello che accade, capace però di diventare protagonista del suo destino e di resistere all?ingiustizia. Per questo san Giuseppe è, oggi, la figura del presepe che preferisco; così come, tanti anni fa, lo sguardo dolce e fiero del falegname di Nazareth mi rapiva: quella statuina, dentro la capanna, volevo metterla io a tutti i costi. E, ogni volta che ritorno in quei luoghi dove Giuseppe viveva con Maria e Gesù; dove lavorava con dignità e umiltà per mantenere la sua famiglia; ogni volta che – specialmente in periodo natalizio – ritorno nei luoghi del presepe, penso a tutti coloro che – indipendentemente dalla nazionalità, dalla lingua, dalla religione, dalla razza, dalle condizioni sociali – ancora credono e si battono per un mondo migliore e più giusto, dove prevalga la pace, e dove nessuno dovrebbe trovarsi ad aprire, per la prima volta, gli occhi sul mondo terreno, in una capanna. Perché non ha trovato aiuto ed accoglienza .
Vedi anche:
Il presepe: non sono solo statuine
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