Cultura

Sua maestà la City di Londra

Ecco come l’élite finanziaria ha sbaragliato tutte le rivali, conquistando il potere assoluto e ponendo la politica al suo servizio. Di Hywel Williams

di Redazione

Le conseguenze politiche e culturali dell?egemonia della City londinese sulla vita britannica non sono meno importanti di quelle finanziarie e commerciali. Il motivo è semplice: qui ha sede un?élite di élites il cui potere ha raggiunto una dimensione davvero ?imperiale? nel mondo contemporaneo, espandendosi per paesi e continenti senza nessun riguardo per i vincoli posti dalla sovranità nazionale.

Finanza e politica, vecchia storia
È un fatto antico quanto la politica stessa che i mercati finanziari possano influenzare il potere politico e siano in grado di determinare le politiche dei governi e le strategie degli eserciti. Il bisogno di prestiti per finanziare la guerra britannica contro la Francia della Lega di Asburgo (1688-97) diede origine alla Banca nazionale d?Inghilterra e alla nascita di un servizio pubblico del debito. Nel successivo secolo ?imperiale?, le vittorie diplomatiche e militari riflettevano la prosperità della City, mentre i successi in guerra determinavano il controllo delle rotte commerciali, i cui profitti consentivano di ripagare i prestiti provenienti dalla City. I paesi di successo hanno bisogno di un buon rating creditizio – e questo è il motivo per cui l?ordinamento politico britannico si espanse oltremare, mentre la monarchia francese oberata di debiti decadeva e, poi, crollava.

L?espansione britannica fu accompagnata dall?indifferenza, tipica della City, nei confronti di qualsiasi forza diversa dal profitto. Il trattato di Utrecht del 1713 mostrò l?intelligenza ?vorace? della Gran Bretagna, che negoziò il diritto esclusivo di trafficare schiavi africani nelle colonie spagnole. L?abilità delle élites politiche inglesi di ottenere buoni accordi finanziari grazie ad accordi di potere previ è stata una costante. C?è uno stretto rapporto truffaldino che unisce le terre ecclesiastiche usurpate dai politici dell?inizio del sedicesimo secolo in seguito alla riforma protestante con le stock options e le cariche nei consigli d?amministrazione accumulate dai loro successori della fine del ventesimo secolo grazie alle privatizzazioni thatcheriane.

L?élite superstite
Ma l?egemonia delle odierne élites della City è molto diversa dal tipo di predominio dei loro predecessori, che dovevano competere e coesistere con altre forme di poteri d?élite. Le élites professionali britanniche, che un tempo si autoregolamentavano, si sono improvvisamente trovate di fronte uno Stato che «fa benchmark» ed è «focalizzato al target», e a una finta difesa del consumatore, che si riempie la bocca di vuoto gergo sulla «fornitura del servizio a misura di cliente».

Questo è vero tanto per medici e docenti universitari quanto per insegnanti, membri dell?esercito e poliziotti. Nel corso del processo, la Gran Bretagna ha perso la sua élite del servizio pubblico dotata di una mentalità indipendente. Oggi gli avvocati e i contabili della City derivano il loro status dalle imprese per cui lavorano, non dall?appartenenza a un corpo professionale.

Nel frattempo, le élites politiche sono sprofondate nell?introspezione mentre il gap tra i partiti si assottiglia come riflesso dell?idea unanime che il mercato funziona.

La vittoria intellettuale del capitalismo – una battaglia portata avanti e vinta da ideologi politici – ha privato le élites politiche del loro potere indipendente e le ha poste al servizio dei mercati finanziari. Le sole élites sopravvissute sono quelle finanziarie, che dominano a n c h e quelle commerciali visto che in Gran Bretagna l?economia man i f a t t u r i e r a produce sempre di meno.

Nessun altro paese attribuisce al suo centro finanziario un grado di fascino paragonabile a quello che la Gran Bretagna in generale, e il potere che ruota intorno a Londra in particolare, riconoscono alla City di Londra. I francesi non venerano la Borsa, ai tedeschi non vengono gli occhi lucidi pensando a Francoforte. Ciò è in parte un riflesso della dimensione del mercato.

Forse il prestigio di Wall Street in America è quello che si avvicina di più alla venerazione britannica nei confronti del miglio quadrato della City. Ma a New York il potere della finanza deve esistere nell?ambito di un milieu modellato da una politica sinistrorsa e da una tradizione intellettuale con profonde radici centro-europee.

La Londra che circonda la City non offre un confronto del genere: le università sono chiuse nei loro mondi, ed è la musica, la più astratta e dunque la meno politica di tutte le arti, a rappresentare la base della grandezza di Londra come centro culturale.

E la vastità di Londra, la semplice difficoltà di viaggiarci attraverso e all?interno, sta a significare che non è mai stata in grado di sostenere l?élite intellettuale della ?società dei caffè?, tipica delle grandi città europee dove sono nate le agitazioni radicali.

Un centro off-shore
In assenza sia di fonti alternative di potere sia di qualsiasi critica indipendente, la City è diventata bastione di un?élite i cui atteggiamenti sono simili a quelli di un centro off-shore. Un regime di tassazione benevolo e un?economia prospera fanno sì che per le élites finanziarie abbia senso vivere e lavorare qui per il momento. Ma lo stesso lavoro potrebbe essere svolto dovunque ci sia una connessione a banda larga. Il paese attraverso il quale le élites finanziarie viaggiano alla fine di una giornata di lavoro ha ai loro occhi molte delle qualità di un paese straniero. Dopo tutto, non utilizzano quasi nulla del servizio pubblico di quel paese.

Questa nuova élite è la vera erede del lascito imperiale. Ma le sue forme di potere, essendo così anonime, differiscono dalla supremazia espatriata un tempo goduta dai commissari di distretto del diciannovesimo secolo, al servizio del progetto nazionale britannico della loro epoca. Gli agenti della finanza della City, eleganti nel vestire e nel parlare, impersonano invece atteggiamenti da diciottesimo secolo: una cupidigia innocente e un?innata prontezza a chiamarsi fuori dalla causa nazionale e andare dove li porta il denaro.

Un libro che farà discutere l?Inghilterra. Ma non solo: Britain?s power elite
Ecco un libro destinato a far discutere:Britain?s power elite. The rebirth of a ruling class dello storico Hywiel Williams. Se ne è accorto il Financial Times, che ha dato grande spazio all?uscita di un volume che con le sue tesi tocca sul vivo proprio il mondo di FT. Hywel Williams propone un?analisi incredibilmente nitida, rivelandoci come il potere abbia lasciato i luoghi ad esso deputati, cioè quelli della politica per trasferirsi nella City della finanza. La facciata del potere è diventata un modo per distrarre l?attenzione dalle attività delle élites, che si svolgono altrove. Insomma, Westminster è passato da vero centro della vita pubblica a mero elemento decorativo. Gli uomini del capitale nell?era moderna hanno trionfato. La City ha ucciso i propri rivali e tutti sono stati troppo educati per denunciarlo. Questo libro ora fa chiarezza su chi, veramente, guida il paese.
Di Hywel Williams

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