Welfare
Difetto di nascita: un aiuto per reagire alla diagnosi
Milano: Aisac ha fatto una convenzione con lOspedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena per un ambulatorio di counselling psicologico per le famiglie dei malati ...
Che succede se scopri che tuo figlio ha una disabilità congenita? Che sei solo e non hai nessuno con cui condividere paure e preoccupazioni. A Milano, per rispondere a questo vuoto assistenziale, Aisac da quasi un anno da quasi un anno ha fatto una convenzione con l?Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena per un ambulatorio di counselling psicologico per le famiglie, che aiuti ad accettare la diversità. Più di un centinaio di coppie si sono già rivolte all?ambulatorio e allo sportello telefonico dell?associazione. L?obiettivo è duplice: aiutare a vincere lo shock e potenziare le risorse personali e di coppia; aumentare la consapevolezza delle risorse esterne e della rete dei servizi.
«Aisac da sempre accompagna psicologicamente le famiglie dei bambini a cui viene fatta la diagnosi di acondroplasia», spiega <b>Sara Intini</b>, psicologa di Aisac e responsabile dello sportello. «È una diagnosi che viene fatta in gravidanza, verso il settimo mese. I genetisti comunicano la diagnosi, ma da quel momento fino alla nascita del bambino i genitori restano soli a gestire i fantasmi emotivi che essa suscita. Le mamme credono di avere in pancia un mostro – dicono così – e al momento della nascita l?etichetta diagnostica impedisce loro di innamorarsi del bambino».
La domanda di sostegno psicologico non arriva solo dalle famiglie: anche i medici si sentono soli a gestire la sfera emotiva dei genitori e chiedono un supporto professionale specifico. Lo sportello è nato così. Qui Sara incontra coppie che hanno ricevuto per il loro bambino una diagnosi di disabilità congenita o di birth defect dopo la nascita. Allo sportello arrivano genitori di neonati, ma anche di bambini grandi, «perché non c?è un momento giusto per chiedere aiuto, e comunque i genitori si trovano ciclicamente di fronte a ?nuove diagnosi?, nuovi problemi da affrontare. L?altro giorno ho incontrato i genitori di un bambino di 6 anni, disorientati davanti ai medici che suggerivano ricorrere a psicofarmaci per sedare comportamenti aggressivi del bambino, rimasti fino allora latenti ».
Gli strumenti usati sono semplici, nell?ottica della medicina narrativa: «Usiamo molto le storie dei nostri soci, le foto dei nostri bambini. Uno dei problemi più diffusi è la difficoltà a immaginare il bambino nel prossimo futuro, che problemi avrà nella vita quotidiana, a scuola. Per questo le esperienze di altri contano tanto. Ma gran parte del lavoro i genitori la fanno su di sé, perché la diagnosi porta a galla dinamiche già esistenti, soprattutto la paura di non essere all?altezza: per questo spesso le coppie esprimono bisogni e difficoltà diverse, non necessariamente legate alla disabilità. Ma tutto serve perché i genitori si sentano più competenti e più sereni ».
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