Famiglia

Rom: obblighiamo i Comuni ad accoglierli

La proposta di Caritas ambrosiana alla presentazione della ricerca su rom e sinti in Lombardia

di Redazione

«Basta sgomberi, i rom vanno integrati, anche obbligando i comuni ad accoglierne delle quote, per evitare che si formino baraccopoli ingestibili». E? quanto ha proposto il direttore della Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo, presentando questa mattina al Pirellone la ricerca ?Vivere ai margini?.
«I rom in Lombardia sono 13mila su 900 mila stranieri ? ha detto il direttore della Caritas Ambrosiana ? Una presenza, dunque numericamente limitata, ma con alta criticità. Tuttavia, la questione rom non può essere affrontata né con la logica esclusiva dello sgombero né nella prospettiva miope della de-romizzazione del proprio territorio che a volte ha suggestionato qualche sindaco. Bensì a partire da un governo sovracittadino, addirittura sovraregionale, del fenomeno che arrivi anche ad obbligare gli enti locali a prevedere quote di accoglienza obbligatorie».
Anche la soluzione del cosiddetto campo nomadi va superata. «E? un modello che ha dimostrato di non funzionare ? ha detto Antonio Tosi del Politecnico di Milano tra i coordinatori della ricerca -. Vanno piuttosto offerte ai rom risposte abitative stabili, favorendo ad esempio anche l?autocostruzione o legalizzando le iniziative che le stesse comunità rom hanno autonomamente trovato acquisendo le aree su cui si sono insediate». «E? necessario, inoltre, rifinanziare la legge regionale a favore dei rom senza fondi da anni per proseguire un?indispensabile azione di mediazione culturale», ha detto Giorgio Bezzecchi dell?Opera Nomadi.
Secondo la mappatura, la più aggiornata oggi disponibile, rom e sinti presenti in Lombardia sono stimabili attorno alle 13mila unità. Di costoro, tra 9.600 e 11mila vivono in insediamenti collettivi o familiari di vario tipo, regolari e irregolari, permanenti e temporanei; almeno 1.400 risiedono in case convenzionali; vi sono inoltre 1.400 ?giostrai?. Più della metà dei rom e sinti in Lombardia sono stranieri di diverse nazionalità: bulgari, macedoni, romeni, kossovari. La ricerca è stata condotta tra i mesi di giugno e ottobre 2006, incrociando le osservazioni degli operatori sociali che agiscono sul campo e i dati raccolti attraverso un questionario inviato ai comuni lombardi

Dove sono distribuiti
La ricerca ha censito in tutto il territorio lombardo 241 insediamenti, ma se ne stimano tra i 290 e i 350. Di essi, il 43% sono regolarmente autorizzati dalle amministrazioni locali, aree di sosta permanenti o temporanee gestite solitamente da volontari. Il restante 57% è costituito da insediamenti ?irregolari?: baraccopoli abusive di diverse dimensioni e, soprattutto, piccoli insediamenti in terreni privati, per la maggior parte di proprietà della famiglia che vi abita. La concentrazione maggiore di insediamenti è localizzata nella provincia di Milano: soltanto nel capoluogo ce ne sono 45 (con una popolazione di 4.310 persone), ai quali bisogna aggiungerne un centinaio (2.300-3.100 persone) nel resto della provincia di Milano.

La tipologia abitativa
Un terzo degli insediamenti si trova in aree di proprietà pubblica, quasi metà sono in aree di proprietà di chi vi abita. Secondo i ricercatori, questo dato documenta lo sviluppo del ?campo familiare? che si è verificato in questi anni, in particolare in alcune province: Varese, Brescia e Milano. In ogni caso, il 60% dei rom e sinti vive in insediamenti collocati in aree pubbliche, essendo questi ultimi di maggiori dimensioni. La tipologia abitativa prevalentemente diffusa tra rom e sinti è rappresentata ancora, in Lombardia, da roulotte e camper, presenti nel 76% degli insediamenti.

I luoghi comuni
La ricerca ribalta alcuni luoghi comuni, diffusi a proposito delle popolazioni rom e sinti. Anche se gli stranieri sono in numero maggiore, la distanza tra italiani e stranieri è di pochi punti percentuali. Oltre la metà degli insediamenti ospita soltanto rom o sinti italiani. Non è vero neppure che rom e sinti siano nomadi: tendono a stabilizzarsi nello stesso insediamento per parecchio tempo e se ne vanno, generalmente, quando vengono cacciati.
Maurizio Ambrosini, consulente di Caritas Ambrosiana e docente all?Università Statale Milano, coordinatore insieme al prof. Tosi dello staff di ricerca, ha osservato che «i rom arrivati dai Balcani provengono da secoli di insediamento stabile, anche se in condizioni di discriminazione e marginalità, e sono stati resi mobili da guerre, pulizie etniche, sconvolgimenti economici e sociali». La reiterazione dell?etichetta di ?nomadi?, ha aggiunto lo studioso, «suona a sua volta come un espediente retorico per ribadire l?alterità di questa popolazione, la sua irriducibile diversità rispetto agli stili di vita e alle pratiche sociali della maggioranza stabilmente insediata».

L? indagine sugli insediamenti rom e sinti in Lombardia è stata condotta da Caritas Ambrosiana con la collaborazione del Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico nell?ambito dell?Osservatorio Regionale per l?integrazione e la multietnicità (ISMU e Regione Lombardia). Un estratto è disponibile sul sito www.caritas.it

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