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Afghanistan: D’Alema rimprovera Mastrogiamo e chiede codice internazionale

Massimo D'Alema difende la linea del governo sulla vicenda del rapimento di Daniele Mastrogiacomo nel suo intervento in Aula. La cronaca di DIRE

di Redazione

Massimo D’Alema difende la linea del governo sulla vicenda del rapimento di Daniele Mastrogiacomo definendo le polemiche scatenate dall’opposizione “pretestuose e immotivate”, chiede- anche se “ogni vicenda e’ un caso a se'”- che si arrivi a definire delle linee guida internazionali, un codice di comportamento al quale, fermo restando che un Paese “non puo’ cedere del tutto la sua sovranita’, si attengano i Paesi impegnati in missioni internazionali, e- neanche tanto velatamente- redarguisce Daniele Mastrogiacomo e il suo giornale. Il vicepremier esprime “il cordoglio, lo sgomento mio personale e del governo per le vittime di questa complessa e drammatica vicenda. La salvezza di Daniele Mastrogiacomo- aggiunge- non compensa certo il dolore per la perdita di due giovani vite afghane, anche se noi riteniamo che aver salvato la vita a un nostro concittadino in un contesto cosi’ tragico e feroce e’ stato comunque un risultato positivo”. “Ci siamo mossi- dice il ministro degli Esteri- sulla base del criterio di dare priorita’ alle ragioni umanitarie. E questo criterio non l’ha deciso il governo Prodi: e’ un criterio consolidato che e’ stato costantemente seguito negli anni dai diversi governi italiani e che e’ stato regolarmente sostenuto dall’insieme delle forze politiche. Ci e’ stato detto di agire con ogni mezzo. Ma dare priorita’ agli aspetti umanitari, fa osservare D’Alema, “comporta come conseguenza necessaria la ricerca della trattativa per raggiungere questo obiettivo. Una prassi che e’ stata costante e viene seguita da molti altri governi occidentali, sebbene con modalita’ che variano di caso in caso e con esiti che possono essere piu’ o meno positivi”. Secondo D’Alema, comunque, in vicende di questo genere ci dovrebbero essere degli standard, delle “guidelines internazionali”. Perche’ “e’ indubbio il legame sempre piu’ stretto tra missioni all’estero e il problerma degli ostaggi: lo abbiamo visto in Iraq, in Afghanistan, ma le stesse criticita’ potrebbero riprodursi altrove dove operano missioni internazionali”. D’Alema ne parlera’ in sede Nato, ritiene che anche l’Onu se ne debba occupare e intanto sottopone l’argomento alla Camera. Ma siccome e’ meglio prevenire che curare, D’Alema non rinuncia a sottolineare l’avventatezza di chi mette a rischio non solo la propria vita, ma espone un Paese a pagare dei costi, monetari o di altra natura, non indifferenti. “Sottolineo- dice il ministro degli Esteri- che da lungo tempo l’unita’ di crisi della Farnesina, l’ambasciata italiana a Kabul e il Sismi avevano segnalato l’elevato rischio di sequestri di persona in Afghanistan, e che tale rischio era stato reso pubblico assieme all’invito ai nostri connazionali a evitare le zone piu’ esposte del Paese. Nella regione, peraltro, era stata avviata appena un’importante operazione militare della coalizione denominata Achille, con conseguente aumento del rischio per chiunque si trovasse nella regione”. Su questo argomento torna alla fine, quando trae le conclusioni della lunga cronaca che egli stesso rende al Parlamento ripercorrendo la vicenda nei dettagli. E dice: “Non c’e’ dubbio che sia indispensabie una maggiore responsabilizzazione dei nostri connazionali che operano a vario titolo nelle aree di crisi. La Farnesina non cessa di mettere in guardia sui rischi esistenti, aumentati in questo caso da un’esposizione mediatica senza precedenti. E’ evidente ormai come il rapimento di un nostro cittadino in quelle aree possa comportare costi e danni per l’intero Paese. E’ bene quindi che le scelte di ciascuno- singolo, azienda o testata giornalistica- tengano conto sempre degli interessi generali di tutti”. “E’ indubbio- dice poi D’Alema- il legame sempre piu’ stretto tra missioni di pace all’estero con il problema degli ostaggi lo abbiamo visto in Iraq, in Afghanistan, ma le stesse criticita’ potrebbero riprodursi altrove dove operano missioni internazionali. Non e’ in alcun modo pensabile pensare ogni qualvolta si produce un caso di rapimento, di privare del tutto gli Stati nazionali delle loro prerogative sovrane in questa materia, tuttavia credo sia venuto il momento di esplorare la possibilita’ di guidelines condivise a livello internazionale, di codici di comportamento comuni. Penso alla possibilita’ di discutere questo tema sia in sede Nazioni Unite sia in sede Nato”.

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