Famiglia

25 aprile: Acli, rinnovare l’impegno per il Bene comune

Con questo spirito le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani si apprestano a vivere i festeggiamenti del 25 aprile, anniversario della Liberazione e celebrazione della Resistenza.

di Redazione

«La Resistenza – ricorda il presidente nazionale Andrea Olivero – diede vita ad una stagione, non facile e non scontata, di larghe intese sulle regole comuni, sull’alfabeto italiano della democrazia. C’era tutto da decidere, dalla forma istituzionale dello Stato fino al modello di governo della politica, dell’economia, della società. Oggi, che tentiamo di cambiare quelle regole, anche per renderle più giuste e adatte ai tempi che viviamo, incontriamo difficoltà crescenti nell’individuare un percorso condiviso, un metodo da tutti rispettato.
Viviamo un deficit evidente di “bene comune”. Ne vediamo i sintomi quando assistiamo al venir meno del senso di responsabilità sociale da parte delle stesse istituzioni e quando prevalgono ora le spinte corporative, ora i “furbetti del quartierino”, ora il rifugio nel privato di chi non ha più il senso della collettività. Guardare alla Liberazione ci insegna tutt’altro. Nel 1945 non vi erano contrapposizioni meno nette di oggi tra le forze politiche in campo, che erano al contrario divise da una insuperabile barriera ideologica oggi in gran parte scomparsa. Gli uomini politici dell’epoca, però, avevano conosciuto la guerra e le sue rovine e non avevano l’intenzione di ripercorrerne le strade. Gli accordi che scaturirono, la Costituzione e il modus vivendi che venne generato in quegli anni non fu frutto solo di giusti compromessi, ma di una convinzione che teneva insieme tutti: bisognava assicurare all’Italia pace, buon governo, futuro. Ciascuna delle forze in campo era certa di essere la migliore per garantire tutto ciò e temeva seriamente che l’avversario politico potesse causare gravi danni al Paese. Ma l’avversario era l’avversario, non il nemico da combattere sui monti, non l’uomo da imprigionare nelle galere o mandare al confino. Non si tratta, naturalmente, di fare lodi del passato o esatti paralleli tra epoche tanto diverse, ma di comprendere che il bene comune, la pace, la giustizia, il benessere dignitoso per tutti, sono un obiettivo che non può essere di parte, ma il valore che unisce anche chi ha visioni antitetiche della politica. Se il 25 aprile divenisse questo serbatoio di coscienza, di consapevolezza unitaria del nostro Paese, potremmo fare un passo in avanti verso la costruzione di un’Italia normale»,

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