Famiglia
Timor Est: 100mila in fuga, chieste dimissioni premier
Soldati australiani, neozelandesi, malesi e portoghesi cercano di mantenere l'ordine.
di Redazione
La situazione a Timor est continua a precipitare nel caos mentre aumentano le pressioni per la richiesta di dimissioni del primo ministro Mari Alkatiri. Intanto il capo del governo neozelandese Helen Clark, citando proprie fonti diplomatiche a Dili, ha parlato di 100mila persone costrette a fuggire dalle loro case, circa un decimo della popolazione del piccolo stato.
Sono ormai i 2mila i soldati australiani, neozelandesi, malesi e portoghesi arrivati sull’isola per riportare l’ordine, ma la loro presenza non e’ ancora riuscita a placare la rivolta che sta devastando la capitale, Dili.
Le violenze sono state innescate dalla decisione del primo ministro, che a marzo ha licenziato un terzo dell’esercito dopo che i soldati originari della parte occidentale del paese sono scesi in sciopero contro presunti favoritismi a favore dei colleghi dell’est.
”Le nostre regole d’ingaggio non permettono l’uso estremo della forza” contro i rivoltosi, ha dichiarato a Canberra il ministro australiano della Difesa Brendan Nelson. ”E’ chiaro che serve una forte leadership est-timorese e una strategia per l’ordine pubblico sviluppata e sostenuta dal governo”, ha aggiunto il ministro, in quello che e’ apparso un implicito sostegno alla richiesta delle dimissioni di Alkatiri. Posizione sostenuta dai suoi compagni di partito e rivali politici, il presidente Xanana Gusmao e il ministro degli Esteri Ramos Horta.
Sia Nelson che la Clark hanno lasciato intendere che le truppe internazionali potrebbero rimanere anche per un anno, fino alle elezioni del prossimo maggio.
C’ e’ intanto grande attesa per l’arrivo previsto oggi a Dili dell’inviato dell’Onu Ian Martin, che ha gia’ saputo conquistarsi il rispetto della popolazione sovrintendendo il referendum del 1999 che porto’ all’indipendenza. Quel voto sanci’ il distacco dall’Indonesia che nel 1975 aveva annesso questo territorio a maggioranza cattolica, al termine di 400 anni di dominio coloniale portoghese. Ma al referendum seguirono sanguinose violenze ad opera di milizie paramiitari filoindonesiane e fu necessario un intervento di truppe di pace dell’Onu prima di giungere all’indipendenza del 20 maggio 2002.
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