Welfare
L’a-b-c del nuovo mutualismo
Ritorna la domanda di mutualismo, con alcune domande sociali che non trovano più risposta nello Stato. I nuovi protagonisti e le dinamiche sul nuovo numero di Communitas, da lunedì in Feltrinelli
Sembra una parola vecchia, mutualismo, buona a raccontare la solidarietà tra gli operai dell’800. Invece la domanda di mutualismo ritorna, poiché alcune domande sociali non trovano più risposta nello Stato. Con nuovi protagonisti e dinamiche.
Mutualismo interno
è la prima direttrice dell’intervento mutualistico, anche storicamente. Oggi l’auto-organizzazione mutualistica di alcuni ?pezzi di paese? (come i 35mila dipendenti della rete Cgm, che hanno un reddito mensile medio di 850/900 euro) diventa la sfida del futuro: sono i primi che si auto-organizzano per dare risposte ai bisogni dei lavoratori non-standard (previdenza, sanità, reddito).
Welfare mix
L’ipermodernità costringe a ripensare il rapporto fra società e Stato e quindi anche lo Stato sociale. Nessuno Stato può oggi garantire l’universalismo del welfare, perché il bene comune per definizione non appartiene a nessuno, nemmeno allo Stato, così che lo possa distribuire. In questo senso il nuovo welfare dovrà essere un mix tra welfare state e welfare community, e avere un po’ di Stato, un po’ di mercato e un po’ (tanto) di comunità.
Diversi
Il mutualismo oggi deve essere fra diversi. Storicamente la mutualità si è concretizzata fra uguali (operai, contadini, artigiani?), ma oggi i bisogni non sono più settorializzabili e i soldi non garantiscono dal bisogno di assistenza. Per di più la flessibilità lavorativa sposta continuamente il nostro gruppo di appartenenza. Per questo il passo da fare è quello di mutualizzare i bisogni e di forzare a fare mutualismo fra loro anche i diversi soggetti che si occupano di mutualità.
Outcome
L’oggetto del nuovo welfare non è solo il reddito. Esistono altri capitali che stanno diventando sempre più fondamentali: quello culturale e quello sociale. Il welfare deve passare da una logica di output (efficienza) a una di outcome, che mira all’incremento del benessere della persona, anche in termini relazionali e del suo protagonismo (partecipazione, responsabilità, autonomie sociali).
Zone grigie
Sono la sfida del welfare di domani: coloro che non rientrano nelle categorie che hanno diritto a un sostegno dello Stato (bisogno conclamato) ma che tuttavia faticano a mantenere livelli di vita dignitosi e di piena inclusione. Sono le fasce dove la precarietà lavorativa si tramuta in precarietà esistenziale, quelle che ancora i soggetti storici del welfare (Stato e sindacato) dimenticano.
Reti sociali sostanziali
è evidente che qualsiasi programma pubblico di protezione non basta a rispondere alla domanda sociale, che esplicita soprattutto un ?bisogno di relazione?, partendo da pensionati e anziani. Le Banche del tempo e i Filo d’argento sono due modalità per costruire reti sociali che non siano solo sulla carta.
Confidi
Organismi che facilitano l’accesso al credito delle piccole imprese agricole e artigiane. Sono 1.032 in Italia, hanno una bassissima percentuale di insolvenze e nel 2005 hanno intermediato 1 miliardo di euro, sono un modello da rilanciare: la loro conoscenza del territorio consente una valutazione molto precisa degli investimenti che danno più garanzie di innovazione e di affidabilità.
Agriasilo
Una delle tante forme di mutualismo messe in atto dagli agricoltori. Insieme ad essa ci sono i farm hospital, gli agricoltori ranger o pompieri, nonché quelli che mettono al servizio della pubblica utilità macchinari e competenze (neve, incendi, tutela ambientale).
Sussidiarietà
Il mutualismo tocca una sfera diversa da quella del diritto: quella degli interstizi della vita, a cui si parla con la solidarietà. Per questo non può imporsi dall’alto, ma è frutto di una buona sussidiarietà.
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Voglia di mutualismo
da lunedì 17 luglio nelle librerie Feltrinelli
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