Famiglia
Imprese italiane: Il 75% ha un codice etico
Lo dice una ricerca di 'Pkf', società internazionale di revisione contabile e 'Atman Project', società di consulenza direzionale
di Redazione
Il 75% delle imprese italiane dispone di un codice etico e il 60,4% di un bilancio sociale. Le imprese che dispongono di entrambi sono il 45,3% e quelle che non predispongono né il codice etico né bilancio sociale sono l’11,3%. Il bilancio sociale viene redatto nella stragrande maggioranza dei casi con la stessa scadenza del bilancio d’esercizio (85,2% dei casi). Nei rimanenti casi si tratta di imprese che hanno compilato il bilancio sociale per la prima volta. Per quanto riguarda il codice etico, invece, la periodicità di aggiornamento è inferiore nel 50% dei casi. Solo nel 5,7% la periodicità è maggiore. E nel 15,1% dei casi la periodicità è la stessa del bilancio d’esercizio. Sono i dati della ricerca effettuata da ‘Pkf’, società internazionale di revisione contabile e da ‘Atman Project’, società di consulenza direzionale, su un campione di 200 manager nei settori industriali e di servizi, tra cui principalmente prodotti di consumo, prodotti alimentari, automotive prodotti meccanici, servizi e aziende manufatturiere. Il codice etico e il bilancio sociale vengono redatti da risorse interne (il 78,1% per il codice etico e il 66,7% per il bilancio sociale). In una significativa minoranza (il 18,8% nel caso del bilancio sociale; il 25,6% nel caso del codice etico) essi vengono redatti da task force costituite sia da risorse interne che esterne. Percentuali analoghe valgono per la realizzazione delle iniziative sociali: il 65,9% viene realizzato attraverso risorse esterne e nel 29,5% dei casi da un mix di risorse interne ed esterne. Per la redazione del bilancio sociale prevalgono le competenze di comunicazione, seguite nell’ordine, dalle competenze strategiche, da quelle redazionali e dalle competenze di revisione. Per la redazione del codice etico prevalgono le competenze strategiche seguite da quelle di comunicazione. Il bilancio sociale e’ solo nel 29,4% dei casi compito per il management. Esso viene delegato al management specialistico (50% dei casi) oppure da una redazione partecipata (20,5% dei casi). Per il codice etico la situazione e’ diversa. La redazione da parte del top management diventa la modalità più praticata (34,1% dei casi). Segue (29,2% dei casi) la delega al management specialistico. Esistono anche casi (9,5%) in cui il codice etico e’ inteso in senso strettamente normativo perché la sua responsabilità viene assegnata all’ufficio legale. Le iniziative sociali diventano, invece, affare del top management nel 51,6% dei casi. Nel 25,8% la delega al management specialistico e nel 12,9% le decisioni vengono prese in modo partecipato. Il 70% degli intervistati dichiara di misurare i ritorni sulla ‘Corporate Social Responsibility’. I ritorni sono sostanzialmente culturali (all’impresa ritornano i simboli, metafore e valori dei quali prima non disponeva), sociali (in termini di consenso) e di immagine (un alone di positivita’ generica intorno all’impresa ed alla sua attivita’).
”Il problema dello sviluppo -spiega Eliseo Piana, amministratore delegato di Pkf- e’ un tema centrale della nostra societa’. Se il suo contributo e’ alto e forte, altrettanto lo e’ lo sviluppo. In una societa’ industriale, un’impresa non puo’ svolgere solo un ruolo economico, ma anche un ruolo sociale, politico, istituzionale e culturale e deve anche porsi come ambiente di sviluppo dell’esistenzialita’ delle persone”. ?Il titolo della nostra ricerca ‘La Csr tra retorica e sviluppo’ -ricorda Francesco Zanotti, presidente di Atman Project- cerca di sintetizzare la situazione attuale. Idealmente la ‘Csr’ può essere davvero una prospettiva di sviluppo. Praticamente rischia di non riuscirci e di diventare retorica. Il bilancio sociale non riesce a fare riconoscere all’esterno la responsabilita’ sociale dell’impresa. Anzi sembra che non riescano a evitare profonde incomprensioni. E a volte generano addirittura rifiuto o aperti conflitti?.
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