Famiglia

Quant’è dura (e bella) la vita dell’ambientalista di frontiera

Trentacinque anni di ambientalismo raccontati da un protagonista - Pino Paolillo

di Redazione

Tutto cominciò con la lettura di un libro sugli animali estinti e in via di estinzione con capitolo finale dedicato alla situazione della fauna in Italia a firma di un certo Fulco Pratesi e l?indirizzo del WWF Italia, alloggiato all?epoca in via Pietro Antonio Micheli 50, a Roma. Inviai le mie 1.600 lire comprensive di quota associativa e ?donazione? per l?associazione, paragonata allora ad una moderna ?Arca di Noè?.

Insieme alla tessera con bollino, mi arrivò un foglietto scritto a mano in cui mi si chiedeva a quale progetto intendevo destinare la mia ?donazione?.
Era il 1972, il WWF Italia era nato da sei anni e io ero un quindicenne calabrese con una folle passione per gli animali, abituato da tempo a litigare per salvare lucertole dalla vivisezione e nidi di balestrucci dalle sassate. Cosa ricordare di questi 34 anni? Prima di tutto potrei dire il lago dell?Angitola, le danze degli svassi a primavera, il freddo delle mattine d?inverno sul mitico motorino Boxer e la pleurite presa per un acquazzone di giugno, tutti i giorni passati dall?alba al tramonto a sorprendere bracconieri e pescatori di frodo, le denunce e le testimonianze in tribunale. E quell?indimenticabile 5 settembre del 1982 quando provai l?umiliazione di un fermo in caserma dopo aver segnalato la presenza di sparatori reggini nell?Oasi e aver manifestato la mia meraviglia per un mancato intervento. Poi venne il decreto Galasso e le denunce, le prime, per tagli boschivi lungo le rive del fiume e le telefonate a casa dei miei da parte dei commercianti di legname che mi offrivano ?un bel capretto? per lasciar perdere tutto.

Doppiette e minacce

Poi cercai di capire meglio la deprimente realtà della caccia in Calabria e lo scontro si fece ancora più duro, le esperienze amarissime: nessuno si era mai permesso di mettere il naso nel torbido universo venatorio e negli interessi anche elettorali ad esso legati. Agli esami per ottenere la licenza di caccia (facevo parte della commissione) succedeva di tutto: i germani diventavano aquile per assonanze regali, le donnole venivano scambiate per lepri alpine per colpa dell?unica didascalia leggibile sulla pagina e la folaga cambiava addirittura classe zoologica, divenendo una ?foca? per via di un suggerimento di un commissario compiacente recepito male.
Quanto all?ornitologia, era dai più considerata prova del tutto inutile, tanto poi si sarebbe sparato a tutto e le specie, da morte, si riconosco pure meglio. Qualcuno però se la prese talmente che mi mandò per due sere dei gentiluomini lametini a stringermi contro il muro di piazza Prefettura a Catanzaro, invitandomi gentilmente a starmene a casa, pena il rogo della mia auto con guidatore a bordo. Per fortuna l?incendio non si verificò, ma i pugni dell?aspirante Nembrotte crotonese nella sede degli esami me li ricordo ancora: aver scambiato una pavoncella per un airone cenerino non era per lui errore così grave. Mi andò bene anche quella volta che mandai in tribunale un intero consiglio comunale e la ditta appaltatrice per dei lavori di captazione delle acque, chiaramente non autorizzati. Ancora la Galasso come riferimento e qualche notte insonne, perché in Calabria non è consigliabile bloccare 4 miliardi di lire di lavori, per cui una controllatina alla macchina uscito di casa e l?elenco telefonico senza il mio numero erano il minimo che si potesse fare.

Dove da piccolo facevo i bagni avrebbero voluto costruirci un porto turistico, progetto Iri – Italtekna da 18 miliardi, quando a tre chilometri il porto c?era già. Settecento cittadini firmarono una petizione, il ministero dei Beni culturali fermò tutto e ora sta per partire un progetto del Comune per il ripascimento naturale della vecchia ?marina?. Oggi le petizioni si firmano al computer e sono stati centinaia i messaggi di solidarietà ricevuti da ogni dove per protestare contro un altro progetto di porto, stavolta in quel di Capo Vaticano.

La lotta che la gente della Piana di Gioia Tauro sta conducendo contro il raddoppio dell?inceneritore mi riporta alla mente la prima manifestazione contro l?altro grande mostro che riuscimmo a sconfiggere, quella centrale a carbone che doveva sorgere là dove gli aranci fioriscono all?ombra di ulivi giganteschi: era il febbraio dell?82 e in piazza Italia a Reggio eravamo in otto. Nel frattempo il neonato WWF Calabria lanciava i suoi forti vagiti, animato dall?amico indimenticabile Franco Ieracitano, dalla passione di Francesco Bevilacqua, l?attivismo di Alfredo Salzano e tanti altri. La centrale poi non si fece, ma tra gli ulivi di quella piana non c?è ancora pace.

Res nullius

In gergo si chiama fauna omeoterma e ci sarebbe pure una legge che la tutela, ma uccelli e mammiferi selvatici in Calabria, terra dove il termine ?legge? è incomprensibile ai più, sono ancora ?res nullius?, cosa di nessuno, nel senso che chiunque, quando può, ne fa quello che vuole. Cioè li ammazza. Alla vista di un gruppo di aironi in volo sull?oasi, un ragazzino in visita scolastica mi chiese meravigliato. «Come mai sono ancora vivi?».

Non va meglio per i domestici o da ?cortile?. Non sono pochi i paesi in cui i netturbini, all?alba, insieme alla spazzatura, buttano nel camion le carcasse dei cani e dei gatti avvelenati nottetempo, mentre ai bambini delle elementari di Caraffa venne insegnato a prendersi cura di un maialino, che ingrassò per mesi grazie agli avanzi della mensa scolastica. Prima di finire in ?sasizzi? e soppressate preparati direttamente dai solerti scolaretti. Quando si dice il rispetto della tradizione.

Le mie vacanze

Mi consolo pensando a quanti, tanti, mi hanno chiamato per un volatile schiantato da una fucilata, una tartaruga marina con amo in gola, fino ai capodogli prigionieri di una spadara o per pipistrelli minacciati di sfratto da una tapparella o dalla canna fumaria.

Per anni ho segnato tutto, in una specie di archivio dove alle specie più comuni, tipo ?poianazze?, gheppi e barbagianni, si aggiungeva ogni tanto qualche aquila minore, un pulcinella di mare o un ?pinguino sardo? (in realtà una gazza marina) finiti quaggiù chissà come.Poi ho perso il conto, ma diciamo diverse migliaia. E altro che nuotate intorno alla motovedetta o voli di ringraziamento per la libertà riconquistata: il becco di una sula mi tagliò come un rasoio, l?artiglio di un barbagianni mi trapassò pollice e guanto da carpentiere mentre gli aironi puntavano direttamente in mezzo agli occhi. Quanto ai mammiferi, un medico troppo scrupoloso, dopo il morso di una volpe poi morta di cimurro, mi costrinse a una terapia antirabbica tanto inutile quanto dannosa per il mio sistema neurologico, ma nulla in confronto all?ingratitudine di quel capodoglio, un giovanotto di 12 metri, liberato insieme ai valorosi finanzieri di Vibo che, con un colpo di coda, per poco non ci spiaccicò col gommone contro la prua della motovedetta Garzone.
Adesso, dopo l?aviaria, hanno tutti più paura e se qualcuno chiama l?Asl per un animale ferito, gli danno il mio cellulare e così l?elenco si allunga e neppure i ricordi so più dove metterli. Dal 90 non faccio una vera vacanza: ad agosto resto a casa o vado al mare col cellulare acceso per la prossima tartaruga con amo, delfino spiaggiato o, come a Ferragosto di quest?anno, per un ?procione? investito da un?auto (era un tasso e pure con le zecche). Eppure, sono certo che se potessi tornare indietro, quelle 1.600 lire, al WWF di via Pietro Antonio Micheli 50, a Roma, le manderei di nuovo. Magari potessi.

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