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Afghanistan, occorre un’iniziativa europea

I fatti parlano chiaro: a cinque anni dalla presa di Kabul, l’Afghanistan rimane tra i cinque Paesi più poveri al mondo

di Redazione

Caro direttore, un soldato italiano e un bambino afghano che muoiono a pochi metri di distanza divelti da una bomba talebana a Kabul. è tutto in questa immagine il fallimento della strategia filoamericana in Afghanistan. Una strategia tutta militare, capace di una fulminante vittoria sul regime talebano nel 2001, ma che oggi, cinque anni dopo, si dimostra incapace di vincere la sfida della ricostruzione, della pace. Che senso ha, dunque, insistere con tale strategia, e che alternative vi sono? I fatti parlano chiaro: a cinque anni dalla presa di Kabul, l?Afghanistan rimane tra i cinque Paesi più poveri al mondo con un vita media pari a 46 anni d?età, mentre la produzione d?oppio ha fatto registrare un anno record aumentando del 59%. Sul piano politico, alla disillusione per le tante promesse non mantenute da Karzai, si sono aggiunte le contestate elezioni parlamentari dello scorso anno che hanno visto tra gli eletti signori della guerra, criminali e trafficanti di droga. Alle elezioni finanziate e organizzate dalla comunità internazionale, ha fatto seguito un anno in cui i livelli di corruzione e impotenza della già fragile macchina statale afghana hanno raggiunto il loro apice. Ed è in tale drammatico contesto che i talebani guadagnano consenso tra la popolazione, come testimonia l?escalation di violenza che rievoca giornalmente l?incubo iracheno. Dopo cinque anni, molti cittadini afghani cominciano infatti a chiedersi cosa abbiano da guadagnare dalla presenza militare straniera sul proprio territorio. Una presenza incapace di prevalere definitivamente sui talebani e non in grado di fare nulla di significativo per migliorare le loro condizioni di vita. I dati del recente rapporto del Sensil Council offrono una palese conferma: la spesa militare della comunità internazionale in Afghanistan supera del 90% quella per la ricostruzione; dal 2002 sono stati spesi 82,5 miliardi di dollari per operazioni militari, e solo 7,3 miliardi per lo sviluppo. Per far fronte all?emergenza la Nato ha chiesto più soldati, ritenendo in sostanza che sia nell?intensificazione dello sforzo bellico la soluzione della crisi. Richiesta soddisfatta a fatica dagli Stati membri europei. Il ritiro, d?altra parte, rischierebbe di apparire come una resa, di indebolire l?Onu che ha avallato la missione, e lasciare l?Afghanistan in balìa di una nuova guerra civile. Una guerra tra quelle stesse fazioni che oggi, con tutti i distinguo del caso, siedono comunque nella stessa aula parlamentare. Il punto è che tra il ritiro unilaterale e la strategia tutta militare fin qui seguita, c?è spazio per una via tutta europea. La politica deve dare una risposta degna al paradosso afghano che uccide il soldato italiano e il bambino. Questa risposta passa per l?Europa.
Tommaso Merlo

Carissimo Tommaso, sono d?accordo con lei. C?è un problema, però, anzi due. Le terze vie non vanno più di moda da almeno tre anni. Inoltre, l?Europa, malgrado la recente operazione in Libano, non sta davvero molto bene. Non ci disperiamo, continuiamo a fare tifo per le terze vie e per l?Europa.

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